Davide Casaleggio e il blackout Rousseau
Esalta sul Washington Post la “democrazia diretta”, ma il M5s è tutto verticismo e niente streaming
Roma. Nei giorni scorsi Davide Casaleggio ha scritto un articolo autocelebrativo sul Washington Post per spiegare agli americani il segreto del trionfo del M5s: “I cittadini chiedono una vera democrazia, esprimono direttamente la loro voce e non sono più ostacolati dall’establishment”. La diversità del movimento, dice, è che gli obiettivi “sono definiti dai cittadini, non dai vecchi partiti moribondi” e questo grazie alla sua creazione: “La piattaforma che ha permesso il successo del MoVimento 5 Stelle si chiama Rousseau, dal nome del filosofo che sosteneva che la politica doveva riflettere la volontà generale del popolo.
“La nostra piattaforma consente ai cittadini di partecipare alla vita politica”. Casaleggio dice agli americani che i parlamentari del M5s sono stati scelti dai militanti con votazioni online “e non al chiuso di una stanza come hanno fatto i partiti”, perché la partecipazione è “la stella polare” del M5s: sono gli iscritti “a determinare le decisioni più importanti che il MoVimento deve prendere e la direzione che prenderà in futuro”. Tutto questo, spiega sempre Davide Casaleggio agli americani, non è un semplice modello organizzativo di un partito più efficiente degli altri, ma rappresenta l’inizio di una nuova epoca, in cui ci sarà una nuova società con nuove istituzioni. E’ l’èra della democrazia diretta: “La democrazia diretta, resa possibile dalla Rete, ha dato una nuova centralità del cittadino nella società. Le organizzazioni politiche e sociali attuali saranno destrutturate, alcune sono destinate a scomparire. La democrazia rappresentativa, quella per delega, sta perdendo via via significato. E ciò è possibile grazie alla Rete”.
In sintesi, in questo manifesto politico dell’ideologia grillina, la democrazia rappresentativa è vecchia, i partiti moribondi e il Parlamento una scatola vuota, mentre la democrazia diretta rappresenta il futuro perché tutto verrà deciso su Rousseau, senza deleghe.
Ma la descrizione delle sorti magnifiche e progressive della democrazia diretta, oltre a essere tanto superficiale quasi da sembrare infantile, stride fortemente con la reale natura del M5s, con la sua trasformazione in senso sempre più verticistico e proprietario. Chi ha scelto Davide Casaleggio come presidente eterno dell’Associazione Rousseau? Chi ha stabilito che i deputati saranno obbligati a versare un obolo mensile a Casaleggio? Che forma di controllo e partecipazione hanno i militanti e gli eletti del M5s sull’attività dell’Associazione Rousseau? E’ normale che nell’associazione che gestisce la democrazia diretta la successione avvenga per via dinastica?
Casaleggio può raccontare agli americani quello che vuole, ma su Rousseau i “cittadini” non decidono nulla, vengono semplicemente mobilitati, chiamati a ratificare decisioni già prese altrove, che la classe dirigente ristretta al vertice del partito può cambiare senza necessità di nuove votazioni al mutare delle circostanze. Basta dare un occhio a come è cambiata, per il momento, la politica estera e quella sull’Europa rispetto al programma consacrato dal voto su Rousseau. E non è neppure vero che gli iscritti del M5s abbiano scelto con il voto online i parlamentari: tutti i candidati all’uninominale sono stati scelti da Luigi Di Maio e le liste del proporzionale sono state ripulite dall’incorporeo “staff” sia prima sia dopo le votazioni, senza molte spiegazioni.
Poi in questi giorni di trattative per occupare le presidenze di Camera e Senato, la “stella polare” della “partecipazione” e quella “trasparenza” sono state coperte da molte nubi: le trattative del M5s sono avvenute con i “vecchi partiti moribondi” e senza alcuna diretta streaming, il nome del M5s per la Camera non è stato scelto dai gruppi parlamentari e gli stessi capigruppo, che una volta venivano votati dall’assemblea, sono stati indicati da Di Maio.
Nella scorsa legislatura Beppe Grillo aveva preteso lo streaming prima con Pier Luigi Bersani e poi con Matteo Renzi per dimostrare che il M5s non tratta con nessuno, che i riti parlamentari sono roba superata e i partiti “morti”. Paradossalmente, in questa legislatura Silvio Berlusconi ha tentato un’operazione in un certo senso simile, sicuramente propagandistica, ma anche di disvelamento. Chiedendo l’incontro con Di Maio, Berlusconi voleva mostrare che il M5s tratta con l’ancien régime per le poltrone e far vedere che i vecchi partiti sono acciaccati ma vivi. Non è un bello spettacolo, ma è meglio della democrazia di Rousseau.