I rischi dell'unico governo naturale: quello di Salvini e Di Maio
Come mettere sullo stesso piano promesse e realtà? Il paradosso delle soluzioni proposte dai partiti di protesta è che sul lungo periodo rischiano di aggravare i problemi dell'Italia. Il direttore Cerasa a Rtl 102.5
"Il problema è che oggi non c'è alternativa a quello che rappresentano Di Maio e Salvini". Claudio Cerasa, direttore del Foglio, è intervenuto in Non Stop News, condotto da Giusy Legrenzi, Fulvio Giuliani e Pierluigi Diaco su Rtl 102.5. Cerasa fa il punto sull'attualità politica di questi giorni e spiega anche in radio perché la cura Di Maio-Salvini può aggravare i veri problemi dell'Italia: i litigi tra le due forze sono una sceneggiata, domanda Diaco, per governare quei militanti che diffidano di questa alleanza o questo teatro corrisponde a verità? "Penso che la lite M5S-Lega è una normale fase di trattative, e che ancora oggi vale il principio che l'unico governo naturale è quello tra Di Maio e Salvini, perché le differenze fra loro sono infinitamente inferiori rispetto alle simmetrie. Il punto è chi andrà a Palazzo Chigi", ribadisce il direttore del Foglio. E aggiunge: "Salvini l'ha già detto: è disposto a fare un passo indietro per cercare una mediazione, mentre per Di Maio è complicato far nascere un governo che non sia guidato da coloro che ha presentato, addirittura prima del voto. Penso che alla fine una mediazione la troveranno, che sia politica o tecnica".
C'è un altro aspetto da considerare però, dice Fulvio Giuliani: fino a poche settimane fa l'ipotesi larghe intese era una specie di bestemmia, oggi si iniziano a fare i conti con la realtà e nessuno si indigna. Siamo all'inizio di un processo che potrebbe portarci a quello che i due vincitori non volevano neanche considerare? "Siamo di fronte alla realtà: i partiti che hanno vinto le elezioni hanno negato il principio di realtà. Un accordo è un compromesso, il sale della democrazia partecipativa, mentre i due partiti vincitori l'hanno sempre definito inciucio. Fino a quanto possono spingersi in avanti negando tutto quello che hanno sostenuto in campagna elettorale? Oggi l'Italia si trova in buone condizioni e ciò permette ai partiti di fare qualsiasi cosa, anche le promesse più complicate. Il tema è l'impatto che queste avrebbero sui conti pubblici e sulla credibilità internazionale del nostro paese".
Oggi siamo di fronte a due opzioni, osserva Cerasa: considerare Lega e M5s come nuovo bipolarismo oppure considerare il contesto politico italiano come formato dalla seguente contraddizione: Di Maio e Salvini non sono le alternative, ma non c'è alternativa a ciò che rappresentano. "Per me – dice Cerasa – Lega e M5s fanno parte dello stesso mondo, quello della chiusura, del sovranismo, dell'antieuropeismo. L'altra parte è completamente sguarnita, senza un leader che sappia rappresentarla".
Il M5s e Forza Italia hanno già superato il "Rubicone", con i Cinque stelle che hanno votato un rappresentante berlusconiano come presidente del Senato. E Salvini, che si sta dimostrando un politico molto abile, cercherà di non disaggregare la coalizione che oggi guida e di tenere dentro un eventuale governo coi Cinque stelle anche FI. Il problema è quanto gli elettori e i parlamentari forzisti reggeranno all'idea di governare con coloro che li hanno demonizzati durante un'intera campagna.
Tra poco bisogna fare il Def, da 19 miliardi. Come mettere sullo stesso piano promesse e realtà? "Non solo, ci sono anche altre cifre da considerare", risponde Cerasa. "Il reddito di cittadinanza (o di dignità), vale tra i 26 e i 29 miliardi. Poi c'è la flat tax e poi la legge sulle pensioni, e azzerare la legge Fornero significa trovare 20 miliardi all'anno. Mentre in Italia si discute di legge Fornero, l'Europa ci dirà che le ultime leggi italiane per modificarla hanno peggiorato l'impatto sui conti pubblici. Per avere un sistema pensionistico sostenibile bisognerà andare in una direzione diversa da quella indicata dai partiti di protesta. sarà il grande tema dei prossimi mesi". Insomma, come scrive Cerasa oggi sul Foglio, il paradosso con cui presto dovranno fare i conti i possibili azionisti di un governo populista è che gli strumenti proposti per governare la rabbia possono avere presa (e illudere) sul breve periodo ma sul lungo periodo rischiano di aggravare i problemi del paese.