A Renzi non piacciono i candidati alla segreteria (nemmeno i suoi)
L’ex presidente del Consiglio alla prova dell’Assemblea nazionale. Ma l’unica strategia praticabile per ora è: prudenza
Non mancano molti giorni al 21 aprile e Matteo Renzi, che non è riuscito a rinviare l’Assemblea nazionale come avrebbe voluto, per prendere tempo e pianificare una strategia, si trova ora davanti a un bivio. Molti dei suoi vorrebbero che in quella sede non fosse eletto il segretario, ma che venisse indetto il Congresso. Tra questi, come è noto, Graziano Delrio e Matteo Richetti, che sta scaldando i motori in vista delle primarie.
Ma che cosa pensa pensa veramente l’ex segretario del Pd? Fosse per lui, il suo istinto asseconderebbe quanti vogliono il congresso e le primarie. Del resto fu proprio Renzi, nel discorso del 5 marzo in cui annunciò le dimissioni, a chiedere delle assise vere per non avere un segretario eletto dai caminetti di partito. Da allora, però, l’ex presidente del Consiglio sembra aver mutato parere. Il suo timore è che al Congresso i renziani si presentino divisi. Alcuni con Richetti, altri con Debora Serracchiani che ha lasciato intendere di voler scendere in campo anche lei. E questo, naturalmente, pregiudicherebbe la vittoria di quell’area.
Ma c’è anche un altro motivo che spinge l’ex segretario alla prudenza. E cioè il fatto che nessuno dei candidati di rito renziano, più o meno ortodosso, lo convince. E affidare il Pd a uno di loro, a quel punto legittimato dalle primarie e quindi svincolato da Renzi, secondo lui, ma anche secondo altri suoi sostenitori, potrebbe essere un azzardo. Per questa ragione negli ultimi giorni l’ex presidente del Consiglio sta ragionando anche su altri schemi. L’idea sarebbe quella di accettare l’ipotesi di eleggere il nuovo segretario in Assemblea nazionale. Sarebbe un segretario a tempo, che andrebbe avanti per uno due anni al massimo, certamente non fino al 2021.
Ma i problemi per Renzi non finiscono qui. Il segretario infatti deve anche decidere se presentare un “suo” candidato o lasciare lì Martina e condizionarlo, forte dei numeri dell’Assemblea nazionale e dei gruppi parlamentari che giocano in suo favore. La prima strada è quella che preferirebbe di gran lunga: in questo modo, in fondo, sarebbe ancora lui a condizionare le mosse del Partito democratico e a dettarne la linea. Però Renzi si rende conto che questo potrebbe voler dire spaccare il Pd, dividerlo in un momento così delicato in cui è già lacerato. Non solo. Nessuno gli garantirebbe la vittoria. E’ vero che i numeri sono con lui, perché su mille rappresentanti dell’Assemblea nazionale 620 sono renziani, però il voto è segreto, e ci potrebbero essere dei tradimenti dell’ultimo minuto.
Dunque Renzi è alle prese con questo rebus e ancora non ha dato la “linea” ai suoi, ma il tempo stringe e l’ex segretario sarà costretto ad affrontare la questione e a risolverla nei prossimi giorni. Una nuova riunione dei renziani è prevista per martedì dopo l’Assemblea dei gruppi o per mercoledì. Dopodiché toccherà all’ex premier tirare le somme.