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In Senato nasce la fronda trasversale per la Quinta Repubblica

Marianna Rizzini

Cerno (Pd), Craxi, Cangini (FI). I fan della riforma “alla francese” come piano B in caso di fallimento del governo dei vincitori

Roma. Il governo dei vincitori (M5s-Lega o centrodestra-M5s, il cosiddetto “piano A”), è sospeso nell’aria a due giorni dal nuovo giro di consultazioni. Nell’incertezza, ci si domanda che cosa fare se il “piano A” dovesse naufragare. E ieri questo giornale ha ragionato sull’ipotesi per brevità chiamata “Quinta Repubblica: “Se la logica dovesse essere superata dai capricci, il Pd dovrebbe tornare in campo con una mossa importante: scommettere con urgenza sul modello francese”. Tantopiù che al Senato un disegno di legge per passare al sistema francese esiste già, firmato dal neosenatore pd e giornalista Tommaso Cerno (lo presenterà con Stefania Craxi, senatrice per il centrodestra).

 

Dice Cerno: “Se vogliamo fare una lettura profonda del voto, e uscire dal dibattito-Babele nel Pd, spinto dall’emergenza istantanea di trovare ogni giorno un nome che sembri nuovo e giusto, dobbiamo rovesciare la prospettiva: non siamo arrivati a questo punto perché la riforma costituzionale bocciata dal referendum del 4 dicembre 2016 era troppo astratta e non in linea con i bisogni del paese. La riforma era giusta, ma era troppo poco. Non serviva cioè a rendere possibile quello che gli italiani vogliono: scegliere chi li governa”. In questo quadro, dice Cerno, “si assiste a un dibattito surreale” attorno alle consultazioni: “Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, per soddisfare totalmente il senso del voto, dovrebbe nominare due premier: Matteo Salvini e Luigi Di Maio. Ma scegliere fra loro due necessita di un ‘plus’ di mandato che solo l’elezione diretta contiene davvero in sé. Mattarella si muove perfettamente nel campo del proporzionale, ma l’attesa degli italiani è legata a un voto che, nel suo spirito profondo, è maggioritario: chi vota è convinto da oltre 20 anni di poter eleggere il premier”. E anche chi ha detto “no” il 4 dicembre 2016, dice Cerno, “è come se avesse espresso uno spirito inconsciamente bipolarista e doppioturnista: era un ‘no’ a Matteo Renzi. Che ha fatto l’errore di personalizzare, ma in un quadro in cui l’elettore personalizzava”.

 

La Francia come modello, dunque, visto anche il contesto “di estrema mobilità del voto”, e quindi “elezione diretta del capo dello Stato, doppio turno: fare in modo che chi decide abbia mandato popolare. Altrimenti avrai sempre un governo che una parte del paese considererà ‘non votato da nessuno’. L’elettore chiede una cosa chiara, ma poi si sente governato da un’entità aliena. Se si vuole davvero che la politica abbia la forza di fare almeno in parte ciò che dice, chi decide deve poter decidere, investito di quel potere dal popolo sovrano. Il presidenzialismo non porta alla fine dei partiti, anzi: li rigenererebbe”. La Lega e i Cinque stelle, dice Cerno, “in modi diversi, danno l’impressione di volersi occupare degli strati sofferenti della popolazione, con visione passatista e nostalgica”. Ma il Pd “non può esimersi dal continuare a muoversi in avanti e con una collocazione forte in Europa. Scegliamo se vogliamo essere Atene o Parigi”. Ora però il dibattito interno al Pd sembra bloccato sul “ricostruire la sinistra”. “Ci rendiamo conto che non c’è un luogo a cui tornare?”, dice Cerno: “Il Pd era tenuto insieme dal nemico esterno: l’antiberlusconismo faceva da collante. E però, in 11 anni, sono state perse o non vinte tre elezioni. E ogni volta si è pensato di risolvere facendo dimettere il leader: Veltroni, Bersani, Renzi. Errore. Chi ha perso, come Renzi oggi, dovrebbe mettere mano al pasticcio e cercare di risolvere. O, a forza di cambiare nomi e perdere voti, vogliamo ridurci a un grumo di persone che si conoscono personalmente, magari in nome della tanto sbandierata vocazione maggioritaria, formula che non sembra portare tanta fortuna?”.

 

Per Stefania Craxi il cambio di forma di governo “è il piano A: non si può organizzare il sistema attorno alla legge elettorale. E’ il contrario. Mio padre ha combattuto su questo una battaglia, la Francia è arrivata al semipresidenzialismo in un momento traumatico, e dopo che si erano susseguiti 22 governi. Certo, qui non c’è un De Gaulle all’orizzonte”.

 

Anche il neoeletto senatore di Forza Italia Andrea Cangini, ex direttore di QN e Resto del Carlino, è favorevole a una soluzione francese per “spezzare il meccanismo perverso ‘delegittimazione dell’avversario-debolezza del sistema’, ‘antagonismo esasperato-trasformismo’. Abbiamo però alle spalle molti tentativi falliti, tra cui uno serissimo: la commissione Bozzi, 35 anni fa. Non facciamone passare altri 35”.

  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.