Andrea Greco. Foto LaPresse

Il Movimento 5 stelle in Molise scopre le virtù del maggioritario

Valerio Valentini

Parla Andrea Greco, candidato governatore grillino: “A differenza di Di Maio non avrò la bega di dover trattare con il centrodestra”

Roma. Esiste davvero. Esiste ed è diventato, all’improvviso, stranamente centrale. Almeno così lo è per Luigi Di Maio, che punta forte sul Molise per sperare di arrivare a Palazzo Chigi. E non sorprende che allora chi di questa straniante attenzione si trova improvvisamente investito, decida di ridimensionare il senso della sua sfida. “Penso al Molise: sono concentrato su questo e null’altro”. Andrea Greco lo dice con una convinzione quasi sospetta, di chi risponda seguendo direttive ben precise. Eppure il candidato governatore pentastellato, 32 anni di cui cinque trascorsi come staffista di Antonio Federico, ex consigliere regionale ora eletto alla Camera, non si spaventa di zittire i suoi zelanti portavoce, irreprensibili nel tentare di stoppare qualsiasi domanda che esuli dalla stretta contingenza molisana.

   

Greco, scelto grazie ai 212 voti raccolti online al termine di una consultazione sul Sacro Blog condita – manco a dirlo – da una esclusione d’ufficio e conseguenti polemiche sui social su trasparenza e democrazia interna, non si spaventa. E replica: “Sì, non nascondo che è una sfida difficile ma entusiasmante”. Si riferisce, in particolare, alla possibilità di diventare il primo governatore a cinque stelle della storia. “Alla mia età sono in corsa contro la più vecchia nomenclatura politica del Molise. E già una grande vittoria”, sorride, come a voler mettere le mani avanti, lui che a entrare in consiglio regionale c’aveva già provato nel 2013, risultando il primo degli esclusi. E in effetti, che la vittoria per lui sia scontata, il 22 marzo, non è affatto detto. Anzi. Il centrodestra sarà della partita. “Abbiamo già trionfato poche settimana fa alle politiche”, precisa Greco, riferendosi a quel 45 per cento sfiorato dal M5s il 4 marzo scorso in Molise. Ma sa bene anche lui che per la Regionali sarà tutt’altro discorso. Attacca: “Siamo noi, da soli, contro decine di sigle e simboli che sono in realtà delle armi di coercizione della volontà popolare”. Se la prende con la politica fatta “alla vecchia maniera”, coi “soliti noti che hanno distrutto il Molise”. E sarà pure. Ma i sondaggi, per ora, parlano di un testa a testa dall’esito incerto.

 

“Il centrodestra è un’armata del dissenso. Sono una coalizione unica, ma non sono d’accordo su nulla”. E a sentirlo così, pare quasi di riascoltare uno dei tanti discorsi recitati da Di Maio nella scorsa campagna elettorale. Non fosse, però, che all’indomani del voto, il capo politico del M5s con quello stesso centrodestra – con una parte, almeno – ha cominciato a flirtare. “Io questa bega non ce l’ho”, s’affretta a dire Greco. “La legge elettorale in Molise è diversa da quella nazionale: chi prende un voto in più governa”. E colpisce sentire questo elogio del maggioritario da un esponente di un Movimento che finora ha sempre elogiato le somme virtù del proporzionale. Ma Greco se la cava facilmente, dicendo che “le dinamiche locali sono diverse”, e che in quelle più grandi di lui non vuole entrare. Una cosa in comune col suo leader però ce l’ha: l’aplomb istituzionale, un ingessatura nei modi e nelle pose perfino eccessiva, giacca e cravatta sempre impeccabili. E non a caso, solo negli ultimi giorni, Greco ha incontrato l’Ance e ha stretto l’arcivescovo di Campobasso, ha parlato davanti agli imprenditori e agli artigiani molisani. Pienamente immerso nel nuovo corso grillino. Lui la vede così: “Sono convinto che chi si candida a governare una regione abbia l’obbligo, e anche il piacere, di colloquiare con chiunque”. Anche com quei “centri di potere” per anni criticati? “Fintantoché che avranno a cuore gli interessi collettivi e non quelli particolari, troveranno tutto il nostro ascolto”, taglia corto Greco, prima di salutare. L’ennesimo comizio lo attende, e lui deve ancora rivedere il suo discorso. 

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