“Serve una legislatura costituente”. Parla Gallo, grillino ortodosso
Il deputato M5s, fedele a Fico, spiega: “Ormai c’è il proporzionale: servono convergenze e non liti. Basta con l’antirenzismo”
Roma. Quando dice che “bisogna avviare una legislatura costituente”, Luigi Gallo quasi non se n’accorge, nella foga del suo eloquio partenopeo, di ricorrere esattamente alla stessa perifrasi utilizzata da Dario Franceschini. Ma in fondo deve saperlo bene, il deputato del Movimento 5 stelle, quanto quelle parole risultino clamorose, dette da lui. Lui che è uno dei grillini “ortodossi”, “duri e puri”, che implora di “non ricorrere a queste etichette”, per descriverlo, ma che pure non nega di essere stato, e di continuare ad essere, uno dei parlamentari più vicini a Roberto Fico. E vicini non solo per provenienza geografica – sono entrambi napoletani – ma soprattutto per ideologia: anche Gallo, come Fico, viene da anni di militanza per l’acqua pubblica e per il benecomunismo, e come Fico ha fatto dell’ambientalismo una delle sue battaglie predilette. Il tutto, prima di arrivare a Montecitorio, nel 2013, e da lì in avanti impegnarsi per la riduzione delle tasse universitarie e la gratuità dei libri di testo nelle scuole.
È per questo, insomma, che colpisce sentire un “grillino di sinistra” parlare di “stagione di pacificazione”, neanche fosse un Di Maio qualsiasi. Eppure quando discorre di “costituente”, Gallo non ricorre alla retorica. È proprio al secondo dopoguerra, che fa riferimento. “La nostra Carta, quel gioiello, è nata dal dialogo costruttivo tra forze che erano profondamente diverse, ma che pure hanno deciso di lavorare insieme per il bene dei cittadini”. Proprio quello che, si parva licet, dovrebbero fare oggi Pd e M5s. Dice Gallo: “Luigi su questo ha parlato chiaro: visto che il Pd ha deciso di avviare il percorso, ecco che si è cominciato finalmente a mettere sul tavolo le proposte concrete del nostro programma. E questo è importantissimo: perché finalmente si parla di temi e non di nomi”.
Ma se è da questo che bisogna partire per trovare un’intesa col Pd, dal programma, allora perché enfatizzare, come ha fatto Di Maio, proprio alcuni dei punti più divisivi, rispetto ai dem: dalla riforma del Jobs Act all’abolizione della legge Fornero, dalla Buona Scuola al reddito di cittadinanza? E perché riproporre così, dal nulla, la crociata contro il conflitto d’interessi? “È nell’economia della trattativa”, replica Gallo, risoluto. “Dal momento che il Pd ha detto che è necessario partire dai suoi 100 punti, è importante che anche noi ribadiamo le nostre priorità più identitarie. Dopodiché, nel dialogo che si costruirà, si troverà un accordo. Purché, però, si tratti di un accordo alto”. E infatti quando gli si chiede se insomma lui, da grillino vecchio stile, sia disposto “a scendere a patti” col Pd, perfino col Pd renziano, Gallo precisa che “no, non si può scendere. Ma solo perché, piuttosto, bisogna salire a patti”.
E spiega perché. “La stagione del maggioritario – argomenta – è finito nel momento in cui, il 4 marzo, nessuno ha ottenuto la maggioranza dei seggi e dunque l’autonomia. E allora, dato che siamo di fronte a uno schema proporzionale, bisogna archiviare, insieme alle tentazioni della purezza e dell’isolazionismo, anche la contrapposizione che ha caratterizzato dapprima la stagione del bipolarismo, e poi quella della lotta frontale, esasperata”. Ma come spiegarlo agli attivisti, specie a quelli fedeli alla linea originaria, che dopo aver sbeffeggiato Matteo Renzi, dopo averlo additato come il male assoluto, al pari di Silvio Berlusconi, per anni, ora si deve riabilitarlo come alleato di governo? “Bisognerà promuovere un confronto con gli attivisti per spiegare loro questo cambio di paradigma. Se saremo chiari e sinceri, verremo capiti”. Silenziare l’eco degli insulti, liberarsi del ricordo delle offese: questo bisogna fare. “Basta personalismi, basta risentimenti e personalismi. Col proporzionale la dialettica politica deve fondarsi, anziché sullo scontro muscolare, sulle convergenze alte”. E va bene, ma la base? “La base comprenderà che la nobiltà dell’accordo vale assolutamente più della pregiudiziale antirenziana. Meglio realizzare buona parte del nostro programma insieme ad altri, che non sognare di attuarlo tutto in un futuro ipotetico”. È questa, dice Gallo, “la terza repubblica”.