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Lega, che fare?

David Allegranti

Manuel Vescovi, segretario toscano: “Prima di tornare al voto bisogna cambiare la legge elettorale”

Roma. “Non si tratta per il governo con il Pd, si ragiona con i 5 stelle o altrimenti c’è il voto”. Matteo Salvini usa lo spauracchio del ritorno anticipato alle urne, dice di essere pronto a tutto (anche a cambiare idea nel giro di qualche ora, passando dalle minacce agli auspici di un governo duraturo). Poi però litiga con Luigi Di Maio, l’unico con cui vorrebbe fare il governo. Al voto!, al voto!, lo incalza il “capo politico” del M5s, che ormai non sa più come muoversi dopo avere attraversato tutte le fasi della trattativa stato-Cinque stelle: antisistema, filosistema, responsabili, venerati maestri. Nella Lega però non tutti sono favorevoli al ritorno al voto, anzi. Tra questi c’è Manuel Vescovi, senatore da poche settimane, arrivato direttamente dal Consiglio regionale della Toscana, capo del partito nell’ex Granducato. “Io eseguo quel che decide Matteo, che ha il quadro generale, e lo adeguo a livello regionale”. Tornare al voto? Quando hanno fatto la legge elettorale si sapeva che sarebbe stato difficile avere una maggioranza”. 

    

“A me – dice il senatore Vescovi – piacciono le leggi elettorali che ne danno subito una. Quelle per il sindaco, le regioni: la mattina dopo il voto sai subito chi ha vinto. A dire il vero, io vorrei proprio l’elezione diretta del presidente del Consiglio e il federalismo”. Però purtroppo c’è il Rosatellum e non è esattamente un dettaglio, dice al Foglio. Per questo tornare al voto non sarebbe una grande idea. “Se andiamo al voto anticipato, magari a ottobre – i tempi per giugno mi pare non ci siano – magari guadagni venti seggi da una parte ma ne perdi venti dall’altra. Insomma, non serve a niente se prima non cambi la legge elettorale. Vado a logica, eh”. Se invece, dice Vescovi, “ci fosse per esempio l’elezione diretta del presidente del Consiglio… Certo, bisognerebbe cambiare la Costituzione e se ne andrebbero due anni”. Una cosa è certa: o si cambia la legge elettorale, dice il senatore leghista, oppure non ha molto senso tornare al voto. Una posizione in realtà che potrebbe piacere a chi nel Pd propone un patto per cambiare le regole del gioco (la legge elettorale appunto). Resta da capire quanto sia diffusa l’idea nel resto della Lega. Sulle alleanze invece il senatore-segretario della Toscana è molto cauto: “Sono stato eletto grazie alla Lega. Faccio quel che mi dice Matteo”. E il segretario leghista che cosa dice? Si prende a schiaffi con Di Maio, come detto, e dice che con il Pd non si fa niente. “Da soli – dice Salvini – non ce la facciamo ma mi rifiuto di pensare a un governo che dipenda da 30-40 Scilipoti e dai loro umori diurni e notturni. Tocca agli altri dare una risposta”. Quindi, il governo con chi? “Con chi non ha perso le elezioni. Continuo testardamente a escludere forme di governo con Renzi, Boschi e Gentiloni”.

   

Insomma, siamo sempre lì: un passo in avanti, due indietro, due passi avanti, uno indietro. E via così, da quasi due mesi.

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  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.