Emanuele Fiano. Foto LaPresse

Fiano ci spiega cosa vuol dire che ora restano solo i governi del presidente

David Allegranti

“In un sistema proporzionale con tre minoranze o ci sono percorsi politici percorribili oppure si cercano altre formule per la salvaguardia generale del bene del paese”, dice il deputato Pd 

Roma. “Le formule politiche mi sembrano esaurite. Altre formule sono possibili se c’è la collaborazione di tutti”. Emanuele Fiano, deputato del Pd, prende atto del risultato della direzione al Largo del Nazareno di ieri, dove si è detto no a un governo politico con il M5s ma anche no a un governo politico con il centrodestra.

  

“Per il resto ci rimettiamo a ciò che il presidente della repubblica con la sua saggezza desumerà da una ulteriore consultazione dei partiti”. D’altronde, “in un sistema proporzionale con tre minoranze, alcune molto più forti del resto, o ci sono percorsi politici percorribili oppure si cercano altre formule per la salvaguardia generale del bene del paese”. Si avvicina dunque il voto anticipato? “E’ ovvio che esaurite le formule politiche l’idea di un voto anticipato sicuramente si avvicina. Dopo aver constatato l’insuccesso dei due cosiddetti vincitori e la loro incapacità di accordarsi tra di loro, non rimangono molte carte da giocare. Quindi il voto si avvicina, come è già successo nei sistemi proporzionali in Europa laddove l’accordo non è arrivato. Per noi, che siamo una Repubblica tripolare, sarebbe la prima volta”.

    

Fiano, ma questo stallo non rischia di congelare e rimandare troppo la discussione nel Pd sulla sconfitta del 4 marzo? “In realtà nella Direzione i problemi sono stati affrontati, come è stato affrontato il fatto che si debba ragionare sulle nostre sconfitte. Certo è che la sovrapposizione della nostra crisi a quella istituzionale non aiuta, perché manca il tempo. Il Pd deve senz’altro darsi uno spazio costituente o rifondativo”. Comunque il percorso è stato avviato: “La direzione convocherà un’assemblea, non so in che data ci sarà, e poi sarà convocato un congresso che deve affrontare i temi del dibattito vero tra i nostri militanti. Ripeto, la sovrapposizione fra la nostra crisi e la crisi di governo non è stata positiva. C’è da dire che la crisi del centro sinistra non è solo italiana e riguarda il prevalere dei populismi e del vento di destra in tutto l’occidente”. Ma secondo lei Renzi è una sorta di segretario ombra e sbaglia a parlare come se fosse ancora lui il capo del Pd, come dice qualche suo compagno di partito? “Sono polemiche sbagliate, e dannose, è evidente che Renzi è una personalità di grande rilievo del nostro partito. E dobbiamo assolutamente impedire che la nostra discussione si concentri su Renzi sì-Renzi no. E’ un’analisi povera. La discussione va fatta sul carattere del partito, sulla nostra visione, cosi come impostato da Renzi in questi anni, e su come vogliamo che sia nel futuro, quello di una sinistra nuova e sul perché si sia persa la connessione con una parte del paese e sul perché non siamo riusciti, nonostante quanto di buono abbiamo fatto al governo, a essere il punto di riferimento per quell’elettorato che voleva esprimere rabbia o disagio. E questo è un problema, perché è un angolo della storia in cui siamo finiti. Io non ho mai visto i populisti risolvere i problemi, però riscuotono l’attenzione di coloro che sono insoddisfatti. E questo succede non solo in tutta Europa ma anche negli Stati Uniti”. 

  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.