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La democrazia oligarchica e ratificante di Davide Casaleggio

Luciano Capone

Per il M5s la partecipazione dal basso non è altro che la convalida di una decisione presa dall’alto (e senza streaming). Così la “democrazia diretta” mostra la sua natura di “democrazia plebiscitaria”

Roma. “Ratifica”. Spesso basta una parola, sfuggita in un attimo di distrazione, quella che per anni hai evitato accuratamente di pronunciare, sostituendola con formule come “partecipazione attiva” e “intelligenza collettiva”, per svelare qual è la vera sostanza della “democrazia diretta”. “Per il contratto di governo tra Lega e M5S abbiamo scelto il modello tedesco – ha detto il padrone di Rousseau Davide Casaleggio in una conferenza stampa al Senato – e in Germania il contratto è stato ratificato dagli iscritti della Spd. Noi lo faremo in modo leggermente diverso, con il voto online e non cartaceo”. Insomma la partecipazione dal basso non è altro che la convalida di una decisione presa dall’alto (e senza streaming), e così la “democrazia diretta” mostra la sua natura di “democrazia plebiscitaria” o ratificante. Un altro aspetto significativo delle poche rivelatrici parole di Casaleggio è il modello a cui si ispira, la Spd, un partito nato nel 1863, che probabilmente è il più antico (“vecchio”, si direbbe nel M5s) del mondo. In cosa consiste quindi la novità rivoluzionaria della “democrazia diretta” di Casaleggio? Nella sostituzione del voto cartaceo con quello online? O nella sostituzione della democrazia interna dna del partito socialdemocratico tedesco, fatta di dialettica e congressi, con un algoritmo gestito da una associazione privata esterna al partito e in mano a una sola persona?

 

Il parallelo con la Spd è interessante anche perché ci riporta alla mente gli studi di Robert Michels, il politologo autore nel 1911 della “Sociologia del partito politico nella democrazia moderna” e teorico della “legge ferrea dell’oligarchia”: Michels si rese conto, da militante e studioso, che proprio il partito che predicava democrazia e uguaglianza era gestito da un ristretto gruppo direttivo: “L’organizzazione scinda definitivamente ogni partito in una minoranza che governa e in una maggioranza che ne è governata”. Se la legge di Michels afferma che in ogni partito l’organizzazione conduce necessariamente all’oligarchia, nel M5s questo processo di centralizzazione è sicuramente più evidente e antidemocratico rispetto alla cara e vecchia Spd.

 

C’è un altro elemento della conferenza stampa di Casaleggio che segnala come si sia capovolto il M5s rispetto ai propositi originari. I vertici del partito erano riuniti per presentare al pubblico le novità sullo “Scudo della rete”, che “ha come obiettivo la difesa di iscritti ed eletti del M5s dalle cause legali intentate contro di loro, spesso a scopo intimidatorio”: se i “portavoce”ad esempio ricevono una querela per diffamazione, potranno ricevere assistenza legale coperta da un fondo dell’Associazione Rousseau. Lo “Scudo della rete” è stato lanciato anni fa da Beppe Grillo, ma aveva uno scopo opposto. Agli albori del movimento il comico genovese voleva aiutare blogger e cittadini a difendersi dalle querele per diffamazione intentate dai politici. Ora invece servirà a difendere i politici del M5s dalle querele intentate dai cittadini. In pratica si passa dallo “Scudo della rete” allo “Scudo della casta”. Un esempio di questa evoluzione oligarchica dello “scudo” si è vista nelle cause perse da Beppe Grillo contro contro alcuni militanti espulsi: il tribunale di Roma ha condannato il M5s a oltre 30 mila euro e il risarcimento non è stato pagato da Grillo ma dall’Associazione Rousseau. In pratica lo scudo ha protetto un uomo ricco e potente che ha ingiustamente cacciato dal M5s comuni cittadini, violando lo statuto e i princìpi democratici.

 

Questa funzione che tutela gli eletti del M5s dalle cause intimidatorie può portare a esiti paradossali: se un “portavoce” a causa delle sue scelte politiche verrà costretto dal M5s a versare la penale da 100 mila euro prevista dal “codice etico”, potrà chiedere aiuto allo “Scudo della rete”? E Casaleggio che farà, pagherà gli avvocati del M5s per esigere la penale e gli avvocati a chi deve difendersi da quel contratto capestro?

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali