Il Twitter Economist della Lega
Come Claudio Borghi, possibile ministro del governo giallo-verde, dispiega schegge di pensiero sui social
Tra il nome possibilmente ministeriale e l’eloquio preferibilmente informale, ci si mette a volte un piccolo problema di tono: quando parla Claudio Borghi, neodeputato leghista anche noto per le non sfumate battaglie “no euro” nonché uomo considerato papabile per dicasteri economici del governo giallo-verde in lavorazione, c’è chi sobbalza all’idea di vedere il Borghi truculento da talk-show – quello che si è formato mediaticamente nella “Gabbia” del neosenatore Gianluigi Paragone – nel mezzo di qualche riunione a Palazzo Chigi, da cui, scherza un osservatore, “sarebbe capace di mandare tweet compulsivi al fulmicotone”.
L’uomo che oggi siede pensoso al tavolo Lega-M5s, ieri scriveva tweet apocalittici contro i “traditori della patria” (governo Monti)
E’ ancora viva, infatti, la memoria universale dei cultori della materia (solitamente professori liberal-liberisti defollouati da Borghi al primo accenno di “disfattismo”, come dice lui, sugli effetti dell’eventuale applicazione delle sue teorie) a proposito dell’annuncio solenne dato dall’allora consigliere economico di Salvini durante uno qualsiasi dei suoi giorni bellicosi di campagna elettorale permanente e preventiva: “Quando vinceremo procureremo che la memoria di chi tradì l’Italia sia degnamente mantenuta”. E a quel punto il casuale lettore si era chiesto se Borghi parlasse per caso di Mario Monti, sua tradizionale bestia nera, o di uno a caso dei ministri economici del centrosinistra presenti e passati (non necessariamente il “nemico” di collegio senese Pier Carlo Padoan, che l’ha sconfitto il 4 marzo).
I “traditori”, infatti, nell’eloquio del Borghi che l’altroieri partecipava serissimo al primo tavolo tecnico grillino-leghista (immortalato sui giornali con la mano sulla fronte), non è detto che siano gli avversari sulla scena macro-politica: il piccolo mondo twitteriano in cui Borghi volentieri si immerge, infatti, è popolato da figure che entrano ed escono dalla lista dei seguaci (noti e ignoti). Basta un clic per farli fuori, anche se a volte si ha l’impressione che sia tanto per ridere. Tuttavia c’è chi teme il combinato disposto tra comunicazione monolitica a cinque stelle, comunicazione “leninista” della Lega ultima versione, specie per quanto riguarda la gestione delle ospitate televisive, e comunicazione pop e pulp di Borghi: che cosa succederebbe infatti, si domanda l’uomo comune dei Palazzi, se Borghi si mettesse ad applicare il suo metodo di “eliminazione sistematica del dissenso su Twitter”, come dice un ex follower, ai tavoli programmatici prossimi venturi?
Eppure l’uomo, il Borghi quarantottenne ex operatore di Borsa prodigio (per autodefinizione: Borghi ama infatti ricordare gli esordi di “studente lavoratore” con il pallino del mercato finanziario) può avere scarti ideologici imprevedibili, e non soltanto perché, come scriveva Cristina Giudici su questo giornale, è passato dalla passione per il sociologo Luca Ricolfi, autore del saggio “Il sacco del Nord” ma non certo uomo di destra, all’innamoramento per “Il tramonto dell’euro” di Alberto Bagnai, teorico no-euro per antonomasia. E c’è chi ricorda un Borghi quasi grillino nel 2013, poi tornato leghista nel 2014. Sia come sia, può succedere che Borghi scriva frasi di questo tipo per zittire i critici occasionali internettiani: “Io di destra sto portando avanti idee che più di sinistra non si può, piena occupazione, spesa e deficit, nazionalizzazioni”.
Anche il curriculum è palindromo: se lo leggi da un lato, Borghi, stropicciato ma non trasandato nell’aspetto da ex ragazzo milanese con occhiali e barba brizzolata né lunga né corta, pare un perfetto esponente dell’alta borghesia del Nord, con antenati sul lago di Como, trascorsi tra Borse e Banche (Deutsche Bank e Merrill Lynch), hobby del collezionismo d’arte (su cui
“Prodigio” della Borsa per autodefinizione, collezionista d’arte, con il pallino del “ritirarsi a vita privata”
ha anche scritto, nel 2013, “Investire nell’arte. Il nuovo oro, come salvare i propri risparmi dalla crisi”, Sperling & Kupfer), casa in un bel quartiere di Milano, due figli e una moglie organizzatrice di eventi, esperta di buone maniere per tradizione familiare (la nonna insegnava in quel di Padova alle “signorine in età da marito”), anche wedding planner di chiara fama televisiva: trattasi di Giorgia Fantin, autrice di “Matrimonio da sogno” (Valentina edizioni), in cui si apprende come “gestire con garbo e moderno bon ton” nozze “da sogno”, e di “Donne con un diavolo per capello”, piccolo manuale di sopravvivenza per lavoratrici e mamme che non vogliano soccombere di fronte all’assenza improvvisa della baby sitter, alla smagliatura della calza e alla “devastazione della messa in piega”.
Dall’altro lato, però, il curriculum del già consigliere economico di Matteo Salvini restituisce l’immagine di colui che vuole dimostrare a tutti i costi di essersi fatto da solo – Borghi, racconta Borghi quando parla di sé, ha iniziato come fattorino e non disdegnava i corsi serali. Ma una volta fatta carriera in Borsa, ha scritto, non ha esitato a mollare la Borsa, consapevole di “poter vivere di rendita” a 38 anni, fatte salve le collaborazioni giornalistiche (Il Giornale, dove gli ex colleghi non lo ricordano per la furia anti-euro) e la docenza a contratto alla Cattolica di Milano. E il vivere di rendita, per Borghi, non è, par di capire, un “vivere in vacanza” tipo quello descritto nella canzone tormentone sanremese de “Lo Stato sociale” (“… Una vita in vacanza / Una vecchia che balla / Niente nuovo che avanza / Ma tutta la banda che suona e che canta / Per un mondo diverso / Libertà e tempo perso / E nessuno che rompe i coglioni…”). No, il vivere di rendita “à la Borghi” è costellato di attività e ora anche coronato dall’attività parlamentare, che secondo la base più incarognita dei neo-alleati a cinque stelle può essere anche assimilabile alla rendita – ma è chiaro che in tempi di quasi-governo verde-giallo queste sono questioni di lana caprina, buone per le critiche stralunate degli attoniti elettori ex di sinistra del M5s che speravano nell’accordo con il Pd e invece si sono svegliati in area Salvini (dall’attore Ivano Marescotti in giù).
E insomma il “ritirarsi a vita privata”, concetto chiave dell’autodescrizione a tratti elegiaca che Borghi fa di sé sul web, è stata a volte agitata come paragone implicito contro i possibili detrattori (della serie: non ho alcun interesse economico, io, e voi?). Ma ci sono casi in cui l’eliminazione dalla lista follower rischia di estendersi anche a chiunque porti nella time-line il nome dell’oppositore (pro-euro) indesiderato, tipo quello del professore Riccardo Puglisi, una volta anche accusato di essere un cercatore di pubblicità per un partito da “zero per cento” (allusione alla collaborazione di Puglisi con Corrado Passera). Ma ci fu un tempo in cui stessa sorte avversa colpì Carlo Stagnaro (fellow dell’Istituto Bruno Leoni e a un certo punto consigliere presso il ministero dello Sviluppo Economico).
Resta il dubbio, visti i toni, che lo stesso Borghi rida sotto sotto della sua foga di tagliatore di teste e polemista con vena apocalittica su Twitter, ché a prenderlo troppo sul serio ci sarebbe quasi quasi da aver paura. Ecco uno scambio di battute con un follower, a proposito di un “nemico”: “… se mai capiterà che governeremo avete il mio impegno personale di far dichiarare questo essere persona non gradita con foglio di via immediato”, scrive Borghi. “Con le sue responsabilità, eviterei di paventare (per scherzo, immagino) future violazioni dei diritti umani”, risponde il follower, al quale un Borghi ribadisce: “Non si preoccupi. Provvederò a far inserire l’esilio per i traditori della patria nel programma elettorale. Democrazia salva”.
E anche se alcune esternazioni paiono vagamente fuori contesto per un possibile futuro nome ministeriale da presentare nel pacchetto-ministri al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, tuttavia c’è chi le considera soltanto elementi pop, virgole di eccentricità nel profilo per il resto “regolare e studioso ”, dice un amico, del Borghi candidato-
La scrivania del padre, l’abbandono della Borsa, la moglie wedding planner ed esperta di bon ton come la nonna
consigliere-caterpillar che, accanto a Salvini, nel 2014, girava in camper il Nord in tempi in cui la Lega, in campagna elettorale per le Europee, non aveva certo i numeri di oggi (Borghi non fu eletto). Per non dire del Borghi candidato-caterpillar che quest’inverno, prima del voto di marzo in cui è stato sconfitto dall’arcinemico Padoan nel collegio di Siena (risultando poi comunque eletto), si è presentato agli elettori al grido di: “Voglio lasciare ai senesi la possibilità di riscattare questa vergogna. L’onta sarà lavata con il voto”, secondo i precetti motivazionali da social network così espressi dal candidato: “Si andrà a votare presto e sarà la battaglia della vita. Saremo circondati da vermi che approfitteranno per ingigantire qualsiasi dissenso. Pensate a quello che scrivete. Se avete cose che non vi vanno, paure o timori tirateli fuori in privato. Disfattismo pubblico purtroppo non sarà tollerato… Si vince, si abbatte sto regime e, recuperata la nostra moneta si festeggia. Nessun altro esito vale”.
Esistono in ogni caso due Borghi, e chissà quale dei due è quello che partecipa alle riunioni pre-governative con i Cinque stelle. C’è il Borghi litigioso, modello ospite de “La Gabbia”, il suddetto programma in cui il l’attuale deputato spesso eccelleva in numeri di alta rissosità verbale (come quando, in dibattito con Mariano Rabino di Scelta civica, e in tempi di decreto salvabanche, se n’era uscito con un “se l’Italia fosse stata quella degli anni Novanta, con la sua moneta, sarebbe stata competitiva con tutto il mondo”. Risposta di Rabino: “Fantasilandia! Lei vive in un mondo parallelo, una second life!”. Controrisposta di Borghi: “Vivo nel mondo schifoso che avete creato voi!”). Ma c’è anche il Borghi che, sull’euro, indulge in considerazioni di ottimismo mite (o miope, a seconda dei punti di vista), roba che neanche la Maria Antonietta del “che mangino brioche”. Scriveva infatti un follower su Twitter: “… banche chiuse… il pane con che lo compri?”. “Scusi eh”, risponde Borghi, forte di un libro di successo in tema (“Basta euro”), “non è che se le banche chiudono un mese il panettiere lascia seccare gli sfilatini. Si segna a credito”. Ci sono poi le piccole manie lessicali, raccontano i suoi esegeti: per esempio il ribattezzare le monete (sterlinette, yennetti), come a voler coccolare la valuta in cui di volta in volta Borghi ripone le speranze (deluse, nel caso della sterlina post referendum sulla Brexit). Con vena (forse) involontariamente comica, poi, Borghi si è scagliato anche contro i seguaci del presidente francese Emmanuel Macron: “Inno europeo e piramide massonica alle spalle. In questo momento molti cialtroni di sinistra hanno capito la cazzata che hanno fatto. Tardi”.
La volta in cui, paladino del “no-euro”, puntò sulla teoria dello “sfilatino” (pane a credito). Poi ha puntato un Macron “massone”
Di sicuro ora può tornare utile, al Borghi in lizza per un ministero, l’antica grandeur di quando, bambino, davanti alla scrivania del padre, aveva capito che cosa fare da grande: gli avevano detto, per spiegargli il funzionamento della Borsa, che con due azioni poteva comprare una matita sul tavolo, ma con cento azioni tutto il tavolo. Di quella grandeur rimane infatti traccia, tanto per cambiare, in qualche tweet. Come quello in cui un seguace gli chiede: ” Ma in caso di vittoria, tu che ruolo ricopriresti?” . Risposta: “Se vuoi che ti dica cosa penso di saper fare meglio: no ministro si Bankitalia” (governatore, si immagina), “ma torno volentieri anche a vita privata” (e su questo non c’erano dubbi).