La sinistra che farà una ridicola opposizione al nuovo sfascismo
Politici e intellettuali cresciuti a pane, cipolla e moralismo e quelli cresciuti a pane, pomodoro e sindacalismo scopriranno che nessuno può rappresentarli meglio in Italia del compagno Di Maio e del compagno Salvini
Lo descriveranno come il governo delle destre cattive, come il governo dei nuovi fascisti, come il governo della paura, come il governo della catastrofe, come il governo della xenofobia, come il governo nemico dei diritti, come il governo nemico dei lavoratori, come il governo nemico della sinistra. Diranno tutto questo, e in alcuni casi lo diranno con ottimi e magnifici argomenti. Ma quando l’amore tra Matteo Salvini e Luigi Di Maio produrrà, speriamo molto presto, un governo pronto a guidare il paese nei prossimi cinque anni c’è una particolare categoria di intellettuali e di politici che di fronte alla imminente egemonia culturale dei Diego Fusaro, degli Alberto Bagnai e dei Gianluigi Paragone risulterà davvero poco credibile nell’opporsi al nuovo sfascismo. Più che poco credibile, se vogliamo, semplicemente ridicola. La particolare categoria di intellettuali, e di politici, a cui facciamo riferimento è quella formata dai vecchi azionisti di maggioranza della storica sinistra italiana che di fronte alle idee, alle parole, ai progetti, alle intenzioni, alle riforme, alle traiettorie del governo Salvini-Di Maio farà molta fatica, diciamo, a nascondere la propria passione civile per due leadership che in un modo in un altro sono riuscite a rappresentare meglio di chiunque altro le due parole chiave del sindacalizzato mondo progressista: la passione per il moralismo e la diffidenza per la globalizzazione.
Il fenomeno in realtà non è soltanto italiano e tutti quanti sappiamo e ricordiamo come nel recente passato sia capitato che molti elettori di Bernie Sanders si siano sentiti in sintonia più con le idee di Donald Trump che con le idee Hillary Clinton e che allo stesso modo molti elettori di Jean-Luc Mélenchon si siano sentiti in sintonia più con le idee di Marine Le Pen che con le idee di Emmanuel Macron. E’ la teoria circolare degli estremismi complementari, che si incrociano con più facilità con le idee che gravitano nella stessa orbita, in questo caso quella degli anti sistema. E lo stesso fenomeno in fondo lo osserveremo oggi nel nostro paese quando la sinistra cresciuta a pane, cipolla e moralismo e quella cresciuta a pane, pomodoro e sindacalismo scoprirà che nessuno può rappresentarla meglio in Italia del compagno Di Maio e del compagno Salvini.
E’ la teoria circolare degli estremismi complementari, che si incrociano con più facilità con le idee che gravitano nella stessa orbita, quella degli anti sistema. Non c’è dubbio che gli azionisti della sinistra storica italiana, compresi quelli che proveranno a suggerire al Pd di “recuperare i valori perduti”, saranno dei fieri nemici del governo dello sfascio. Ma sono loro che hanno spianato la strada al pensiero unico populista
Sul primo punto la storia la conoscete ed è evidente che chi negli ultimi anni ha utilizzato il giustizialismo per moralizzare le coscienze degli italiani – prima con Craxi, poi con Berlusconi, dunque con Renzi – non potrà che sentirsi bene rappresentato da un presidente del Consiglio espressione di partiti che hanno fatto dei magistrati anti sistema, i magistrati alla Davigo, i magistrati alla Di Matteo, i loro eroi nazionali, le icone di una nuova politica disposta a ritenere colpevole fino a prova contraria qualunque potente considerato arbitrariamente un nemico del popolo.
Allo stesso modo, però, non potranno non dirsi convintamente salviniani anche coloro che in teoria dovrebbero trovarsi su un lato della barricata diversa rispetto alla coppia Di Maio-Salvini.
Il governo grillino, se ci pensiamo bene, nasce anche grazie a un certo numero di voti raccolti dal partito dei Casalino e dei Casaleggio per archiviare per sempre il sindacato italiano (Grillo lo vuole abolire, già sentito no?). Ma il dato curioso che emergerà con chiarezza nei prossimi mesi è che in realtà il governo dei Casalino, dei Casaleggio, dei Salvini e dei Bagnai è un governo che è espressione diretta non dei peggiori incubi ma dei migliori sogni dei meno presentabili tra i sindacalisti italiani.
Per essere più chiari: come potrà la Cgil opporsi a un governo che sogna di abolire la legge Fornero, di rivedere il jobs act, di riscrivere i trattati europei e di rimettere in discussione l’euro? Con quale coraggio potrà la lega della Camusso e dei Landini alzare anche un solo sopracciglio rispetto alla possibilità che la coppia Di Maio-Salvini sfasci i conti italiani? E allo stesso modo con quale coraggio i meravigliosi intellettuali della sinistra al caviale potranno dire bye bye Luigi e bye bye Matteo quando saranno Di Maio e Salvini a far proprie le battaglie storiche della sinistra sul protezionismo, sulla lotta contro la globalizzazione, sulla difesa del piccolo e bello, sull’assalto contro il capitalismo predatorio? Con quale coraggio l’internazionale socialista che ha educato i suoi elettori alla diffidenza nei confronti del mercato aperto, della globalizzazione, del Tpp, del Ttip e dei trattati di libero scambio si potrà permettere di aprire bocca di fronte alle promesse sovraniste della coppia Di Maio-Salvini? E, ancora, con quale credibilità i vecchi elettori del Pd – e se vogliamo anche i vecchi lettori di Repubblica – potranno non dirsi convintamente dimaiani quando il compagno capo politico del Movimento 5 stelle proporrà al suo ministro della Giustizia di dare più potere discrezionale ai magistrati, di allungare i tempi dei processi, di fare di tutto affinché il diritto allo sputtanamento del prossimo tramite intercettazione possa essere ben camuffato da diritto di cronaca? Sarà dura da ammettere e sarà difficile da riconoscere. Ma quando il governo Di Maio-Salvini prenderà forma, sarà finalmente chiaro che gli intellettuali di sinistra che attaccheranno con editoriali di fuoco i banalizzatori del populismo hanno avuto una certa responsabilità nell’aver fertilizzato il terreno dal quale i populisti raccolgono oggi i loro frutti prelibati.
In un delizioso libro pubblicato un anno fa in Italia da Mimesi, “Verso l’estremo”, due sociologi francesi di talento, Luc Boltanski e Arnaud Esquerre, hanno spiegato bene perché una sinistra che non accetta fino in fondo le logiche di mercato è destinata a spianare la strada ai movimenti populisti: perché ogni forma di chiusura, alla fine, non fa che moltiplicare le occasioni per chiudere il paese, per farlo collassare su se stesso. “La sinistra critica – scrivono gli autori – ha cercato di ricompattarsi raffigurando il neoliberismo come il proprio nemico principale. In questo modo, si è immersa nella configurazione ideologica dell’estrema destra e da quel momento in poi la critica al neoliberismo è diventata una critica alle società moderne e all’interno di quella configurazione ideologica il tutto si è caricato di significati nazionalisti. L’ondata altermondialista di inizio anni 2000 e quella registrata dieci anni dopo degli indignati dei movimenti, ispirati da Occupy Wall Street, si sono esaurite senza riuscire a impedire alle società europee di finire in balia di una destra sempre più tirata verso l’estremo.
In sostanza, l’estrema sinistra attuale rimane passiva di fronte a una situazione politica in cui è in posizione di inferiorità, e rinunciando a dedicare attenzione al presente si rivolge a un passato a cui non smette di dar lustro e a un avvenire lontano che non si capisce bene come potrà realizzare”. Non c’è dubbio che gli azionisti della sinistra storica italiana, compresi quelli che proveranno a suggerire al Pd di “recuperare i valori perduti”, saranno dei fieri nemici del governo dello sfascio. Ma ai compagni che hanno spianato la strada al pensiero unico populista chiediamo solo una piccola cortesia: prima di fare opposizione, quantomeno, come si dice a Roma, fatece tarzan.