Di Maio ci spera ancora, e confida in Mattarella
Il capo grillino proporrà il nome di Conte, ma sa che il Quirinale preferirebbe un premier “politico”. Salvini contrario, i Cinque stelle: “Magari il Capo dello stato lo convincerà”
Un parlamentare grillino di prima linea, allusivo, propone un paragone ardito: “Potrebbe essere come al conclave, no?”. E cioè? “E cioè chi entra papa può uscire cardinale”. E chi entra premier? “Chi entra premier può uscire Conte”, scherza. Così il Quirinale – dove oggi pomeriggio Sergio Mattarella riceverà prima la delegazione del M5s, alle 17.30, e poi quella della Lega, mezz'ora più tardi - diventa improvvisamente alla Cappella Sistina, almeno nella fervida immaginazione del deputato pentastellato. Il quale, in ogni caso, esprime a modo una speranza che è assai condivisa, nel Movimento, in queste ore. Ovvero che alla fine a spuntarla, nella sfida per Palazzo Chigi, sia Luigi Di Maio.
Il capo politico del M5s continua a ribadire che non smania per la carica di premier, e che l'eventuale guida del superdicastero del Lavoro e dello Sviluppo economico, attraverso la quale farebbe di tutto per intestarsi la battaglia sul reddito di cittadinanza, per lui sarebbe comunque un ottimo punto di caduta. Ma non è un mistero che, in verità, l'ambizione di andare a Palazzo Chigi non l'abbia del tutto accantonata. Per questo oggi a Mattarella proporrà ufficialmente il nome di Giuseppe Conte, il giurista e docente all'univeristà di Firenze e alla Luiss, ma con la malcelata speranza che il Capo dello stato si opponga. Del resto, che al Colle si preferisca l'ipotesi di un presidente del consiglio “politico”, e non “tecnico”, è abbastanza risaputo. E Conte, pur essendo stato arruolato nella fantasmagorica squadra di governo grillina come fantaministro della Pubblica amministrazione, di politico ha ben poco. Insomma, sarà pure un “amico del popolo”, secondo quanto ha annunciato Di Maio, ma non è certo stato “scelto dai cittadini”. E soprattutto, cosa che nelle stanze del Quirinale potrebbe risultare ancor più importante, non ha in alcun modo collaborato alla stesura del “contratto di governo”, né finora è stato interpellato - almeno non ufficialmente - per la composizione della squadra di governo. Insomma, si porrebbe un problema di legittimità costituzionale, come ha ricordato nei giorni scorsi anche Giovanni Guzzetta. L'articolo 95 della Carta parla chiaro: “Il Presidente del Consiglio dei Ministri - si legge - dirige la politica generale del Governo e ne è responsabile. Mantiene l'unità di indirizzo politico ed amministrativo, promuovendo e coordinando l'attività dei Ministri”. Tutt'altra cosa che non un mero “attuatore”, come vorrebbe Di Maio.
Le quotazioni del leader grillino restano pertanto alte, nonostante i rumors. E non a caso, agli occhi di molti grillini, la fretta con cui domenica Matteo Salvini ha affermato che né lui né Di Maio sarebbero diventati premier è stata in fondo dettata dall'ansia di bruciare il nome del rivale. E' il leader del Carroccio, d'altronde, il principale ostacolo del capo politico grillino sulla strada che lo condurrebbe verso Palazzo Chigi. Salvini sa che un governo a guida Di Maio sarebbe un assist clamoroso per Forza Italia, che sarebbe spinta così verso un'opposizione dura. E di certo anche per il popolo leghista, chiamato in questo fine settimana a votare sul contratto gialloverde (a proposito: ai gazebo sono andati in 215.000 e i Sì hanno raggiunto il 91 per cento, secondo i conti fatti dal Carroccio), un esecutivo che veda il leader grillino come premier sarebbe assai poco digeribile. Per questo Salvini è risoluto, e preferirebbe un nome terzo. E i grillini, anche quelli più vicini a Di Maio, lo sanno. Ma sanno anche che una sola persona può convincere il segretario del Carroccio. “E magari - dicono, con un sorriso non proprio ingenuo - Mattarella ce la fa”.