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Lega-M5s hanno vinto sulla paura. Per batterli il Pd ha bisogno di un sogno

Mattia Mor*

Lavoro, innovazione e giovani. Il contratto giallo-verde ignora le sfide che ci attendono. La classe dirigente del partito democratico deve guardare avanti e trovare nuove idee

Caro Direttore,

credo che la complessità del momento e ancor di più le informazioni che iniziano a trapelare su quella che sarà l’attività prossima di governo, impongono alla classe dirigente del Partito Democratico di riflettere in maniera profonda su quanto ci abbia distaccato dai nostri elettori, ma poi ci stimoli sin da subito a guardare avanti e cominciare a trovare nuove idee e ad immaginare una visione ed una nuova narrazione per le sfide che ci attendono.

 

Abbiamo bisogno di un sogno, di una nuova visione della società e di come soddisfarne i bisogni, anche quelli non ancora emersi, che diventano sempre più urgenti.

Dobbiamo essere consci di questo presente non privo di dubbi, problemi ed incertezze, ma avere idee precise per combattere la retorica del lamento e del declino che pervade grande parte della società, con realismo e concretezza ma con ottimismo ed empatia.

 

I nostri avversari hanno vinto con un modello elettorale basato sulla rabbia e sulla paura, sentimenti che non dobbiamo stigmatizzare pensando di essere dalla parte giusta della società, ma cui dobbiamo invece essere più bravi ad offrire una soluzione.

Rabbia contro la mancanza di certezze in un mondo del lavoro in cambiamento continuo.

Rabbia che trova riscontro in dati oggettivi quali l’aumento delle diseguaglianze e delle famiglie in condizioni di povertà.

Rabbia perché vi è una generazione di nuovi genitori che ha paura di non riuscire a garantire ai propri figli una vita migliore.

 

Penso che il punto da cui ripartire sia dall’idea di sinistra che l'azione collettiva sia lo strumento migliore per garantire la sicurezza individuale, la libertà e la prosperità, mantenendo il desiderio di generare ricchezza e di distribuirla in modo più equo, lavorando per far sì che quello che i nostri concittadini otterranno non dipenda da dove uno sia partito, e che riparta quindi l’ascensore sociale.

 

A partire da questo il Pd dovrà mettere in atto un’opposizione dura e radicale, sfidando coloro che governano con nuove proposte e nuove idee che vadano oltre le loro contraddizioni, in particolare sulla tematica più importante: il lavoro.

Dopo le riforme di questi anni e i risultati che hanno prodotto, le sotto-tematiche del lavoro cui non vi è presenza alcuna nel contratto del cambiamento che riscriverà la storia sono l’innovazione e i giovani.

 

L’impatto che l’innovazione sta avendo sulla nostra società e sul mondo del lavoro, e che ancora di più avrà nei prossimi anni, va oltre ogni nostra immaginazione, e dobbiamo essere in grado di prendere le decisioni e trovare le risposte legislative che possano indirizzarla per il benessere dei nostri concittadini.

 

I più autorevoli teorici dell’accelerazionismo, ovvero del cambiamento che la società dovrà affrontare a causa della tecnologia affermano che la realtà post-capitalista crescerà sui più grandi successi del capitalismo, senza la distruzione del sistema, ma con il suo ri-orientamento, in cui sarà fondamentale la superiorità della politica sull'economia, ed affidano questo compito alla sinistra riformista, che deve far sua questa battaglia, con una visione costruttiva per il futuro.

 

Se già adesso siamo preoccupati di quanto accaduto in questi anni in termini di trasformazione del mondo del lavoro a causa dell’automazione, dobbiamo far capire con serietà, pragmatismo ed empatia ai nostri concittadini che saremo noi gli interlocutori capaci di far sì che la rivoluzione tecnologica abbia il minor impatto possibile sulla vita di quante meno persone possibili.

 

Non è forse compito del più importante partito di sinistra in Europa capire quali risposte dare a milioni di lavoratori che non stanno riuscendo a salire sul carro dell’innovazione e della crescita economica, e di questa ne vivono le paure?

Sull’innovazione l’Italia ha perso negli ultimi 18 anni un treno su cui si è creato, nei Paesi in cui è stato gestito con lungimiranza, privata e pubblica, sviluppo economico e benessere sociale.

 

I numeri parlano chiaro, se l’Italia è il Paese con il più grande risparmio privato, ma gli investimenti privati in imprese innovative sono tre volte più piccoli della Spagna, 5 volte rispetto alla Germania e 40 volte rispetto al Regno Unito, un problema c’è, e tocca purtroppo le occasioni di occupazione dei lavoratori.

 

Aumentare gli incentivi agli investimenti privati in imprese innovative è il primo punto da affrontare, insieme alla ri-attrazione degli Italiani che sono dovuti scappare per potersi realizzare in altri contesti dove gli investimenti in digitale sono maggiormente diffusi.

 

Da ultimo è fondamentale legare meglio la formazione al lavoro: è paradossale che assumere programmatori stia diventando un problema per le imprese italiane e che Confindustria lamenti centinaia di migliaia di posti di lavoro vacanti per la mancanza di competenze necessarie.

 

Considerando che un tempo il cambiamento da un lavoro ad un altro era intergenerazionale, mentre ora è intragenerazionale, se la società non ha tempo di adattarsi dobbiamo essere noi a proporre le soluzioni per far sì che il passaggio da un lavoro ad un altro diventi occasione di formazione e non di disperazione.

Perché noi non affrontiamo il ripensamento della formazione, seguendo le migliori pratiche che altri Paesi hanno già messo in atto?

Io ho avuto la fortuna di vivere un anno e mezzo a Singapore, lavorando nel digitale e capendo molto di un sistema Paese diverso dal nostro ma che deve affrontare gli stessi problemi di invecchiamento, necessità di formare i propri cittadini affinché stiano sempre aggiornati, e la stessa necessità di creare quella che chiamano una “torta economica” sempre più grande, da cui sempre più persone possano mangiare, senza basarsi su risorse naturali.

 

Il Governo di Singapore finanzia il meccanismo del “Second Skilling”, ovvero lo “sviluppo di nuove capacità necessarie a trovare una nuova occupazione, senza lasciare ancora il proprio vecchio lavoro” dando 350 SGP da spendere in programmi di training governativi, per fare in modo che i propri cittadini siano sempre più flessibili ma possano continuare a lavorare; il che significa sostanzialmente facilitare la formazione continua, per aiutare i lavoratori ad adattarsi a uno scenario in continuo movimento e cambiamento, seguendo le proprie abilità e passioni.

 

Una nuova centralità della formazione, può essere ricercata lavorando in Europa affinché gli investimenti in formazione escano dal fiscal compact, come suggerito bene nell’ultimo libro di Francesco Cancellato.

Va immaginato un percorso formativo che deve iniziare prima (con la diffusione dei nidi), deve essere più articolato (col potenziamento della formazione tecnica e professionale) e deve durare di più (la formazione deve diventare permanente), anche attraverso, appunto, strumenti come il Second Skilling.

 

Il guardare ai migliori esempi per poterli far nostri e non perdere ulteriori treni di sviluppo ci viene chiesto con urgenza dalla classe con meno certezze e speranze, quella dei giovani, consci dell’attenzione che nessun partito in concreto gli dà, sconfitti in una battaglia tra generazioni che li vede, loro malgrado, perdenti in partenza.

 

Se vogliamo ricostruire il nostro essere sinistra del XXI secolo, dobbiamo essere coscienti che le diseguaglianze che i giovani affrontano non sono solo nel reddito, ma nelle opportunità tra generazioni, e che questa è una delle più grandi sfide che la nostra società sta affrontando.

Come pensano i nostri nuovi governanti, visto che non l’hanno inserito nel proprio programma, di affrontare il problema delle diseguaglianze intergenerazionali, a partire dalla disoccupazione giovanile?

Tagliando la Fornero e facendo esplodere ancor di più il debito pubblico?

 

Detto ciò, dal momento che di fronte alla necessità di essere pragmatici al Governo, i nodi verranno al pettine anche per Lega e 5Stelle, vorrei che il PD tornasse a ragionare sulla propria identità e ragion d’essere, smettendo di dare all’esterno un’immagine continuamente litigiosa, confusa e perdente.

 

Si deve partire da una nostra proposta ancora più alta, ambiziosa, creativa e dirompente, con la consapevolezza che il legame tra crescita, inclusione sociale e sicurezza si è ormai incrinato e che la fragilità del quadro macroeconomico e digitalizzazione sollecitano nuove riflessioni.

Il lavoro di ricostruzione da fare è tanto, difficile ma affascinante e dobbiamo partire dal coinvolgere i cittadini intorno al desiderio di sentirsi parte di una comunità, di un progetto, di un racconto.

 

Nonostante sembra vi sia disillusione, le persone hanno voglia di partecipazione, ma hanno bisogno di essere attivate dietro ad un progetto e una visione.

Per i tempi che ci attendono è utile ricordare quanto detto dal promotore di quello straordinario piano che ha ricostruito l’Europa nel Dopoguerra, George Marshall: “Questo è il momento di navigare guardando le stelle, non le luci di ogni nave che passa”.

Io vorrei tanto che da oggi, da questo confronto serrato e duro, ma onesto e democratico, ritornassimo a navigare guardando le stelle.

 

*deputato del Partito Democratico

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