Per ora mancano le basi, ma l'opposizione decida che fare

Giuliano Ferrara

Le reazioni senza grandi idee di Berlusconi e Renzi, la scelta tra containment e roll back e gli asinelli al governo

L’opposizione, quindi. Per ora non ce ne sono le basi. Già detto. Berlusconi vota contro ma controlla e non controlla un partito friabile di fronte al nuovo potere, e vive una fulgida vecchiaia di contraddizioni in parte indecifrabili. Va bene la paura di un nuovo voto, ma insomma poteva star dentro e condizionare o cercare di impedire la nascita di un governo che lo umilia e gli cancella il centrodestra senza nemmeno bisogno di un nuovo voto, invece ha scelto prima di dare il viatico subito dopo di pentirsene, mah. Renzi fa il polemista, talvolta piuttosto verboso, ma servirebbero una svolta radicale di consapevolezza e un mettersi in assetto di idee e procedure di rinascita del Pd che non sono nelle cose, tra molta mediocrità ambiziosa. In campo c’è solo questo soggettone, e che soggetto, che esprime l’esecutivo incombente, c’è solo la loro retorica e uno sbeffeggiamento, stordito e amarognolo, di chi resiste per istinto e ragione da posizioni ultraminoritarie, compreso chi scrive. Poi c’è l’europeismo riformista come canto, come inno, che però nella nuova situazione cambia di segno: poteva essere progetto e politica, ma è apparso inconsapevole di sé e inadatto a combattere demagogie e rancori, e dopo aver perso il referendum e le elezioni malamente, ora rischia di risultare un vago e magari controproducente appello allo straniero magari in nome dell’austerità, se ne sono visti in Italia e non hanno sempre portato fortuna agli appellanti. Così non si va da nessuna parte, ovvio.

 

Posto che il branco di asinelli scalcianti e furbetti ora al governo è tuttavia l’avanguardia italiana di un fenomeno europeo e mondiale, che sembrava bloccato in Olanda e in Francia e parzialmente anche in Germania, ma ora riparte dall’anello debole della catena occidentale, nella totale assenza di un orientamento logico e aperto del potere americano, che molto fece in passato per difendere il cosiddetto mondo libero e l’idea stessa di una società aperta, la scelta sarebbe tra il containment e il roll back, tra una lunga marcia complicata e molteplice negli strumenti per fare argine e un tentativo di spallata per abbattere l’ibrido al potere contando sulle sue debolezze e sul volontarismo. Se questi decidono che gli conviene soltanto dare dei segnali ai loro confusi popoli elettorali, che sono anche diversi e diversamente orientati su molte cose, ma senza perseguire la rottura del nesso con l’Europa e con la moneta unica e le istituzioni dell’Unione e della finanza internazionale (a partire dalla Bce); se cercano un equilibrio vantaggioso e lì si fermano, senza una immediata adesione ai canoni del gruppo di Visegrad e senza mettersi decisamente nell’area d’influenza della Russia di Putin, il containment è possibile. Può essere che accada. A un grande rutto può seguire una digestione lenta. I garanti sono fragilissimi, l’establishment residuo si batte per ora solo a chiacchiere e moniti, ma l’Italia è un paese complicato, e questi potrebbero percepire sintomi strani e nuovi dell’opinione. 

  

Non è impossibile che la sbornia collettiva passi, almeno in parte, e si converta in un hangover che disturba come un postumo dell’ubriachezza non può non fare, specie se anche solo gli annunci di rottura, certe gesticolazioni neoautoritarie, che sono il portato delle demagogie al governo, dovessero essere pagate nella moneta sonante della credibilità e dell’isolamento penoso del paese.

 

Però la formazione arrembante di maggioranza e governo nell’assenza di procedure credibili e rassicuranti per tutti colpisce. Colpisce la trasformazione retorica di una banale combinazione parlamentare di diversi e avversari (Lega e grillozzi) che diventa governo voluto dal popolo e Terza Repubblica marciante con l’ausilio della codardia nazionale e dei travaglismi più cinici e voltagabbana, fenomeni gemelli e interdipendenti, con l’aiuto di un residuo di genuino fascismo italiano che si vede a occhio nudo e sprigiona intolleranza, tutto questo non induce a escludere che la spirale si avviti e che l’unica risposta possibile sia il roll back. Con quali premesse di deterrenza e quali appigli? Per adesso è buio. Non si vede un esercito e nemmeno un nucleo sociale e d’opinione veramente disposto a mobilitarsi, e nel mondo Macron è ancora forte ma sempre più isolato, trumpismi e orbanismi dilagano, e Putin è un uomo abile all’apice di un successo che sembra eterno. Ricostruire un profilo significativo di un’alternativa politica secca, stando così le cose, è difficile come contenere le mattane e applicare le arti così tipicamente nazionali dell’arginamento e del condizionamento. Finché manterranno nelle loro mani, e da soli, l’iniziativa c’è poco da fare se non sognare l’opposizione da sogno e una battaglia ricostruttiva di un’identità italiana vera al posto del nazionalismo padano, del populismo lepenista e del rancore moraleggiante, giustizialista e demagogico. Quello che è certo, anche senza appelli striduli a un controllo dall’esterno, è che le condizioni economiche e di mercato finanziario potrebbero ripercuotersi come una valanga contro il peggior esperimento mai tentato qui dopo il fascismo autarchico e trombone.

  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.