La domanda che Di Maio non si fa
Perché molti hanno paura di questo governo? Basta guardare il programma: risorse non individuate, promesse sul debito rischiose e autoritarismo strisciante
Al direttore - Ha ragione questa volta Luigi Di Maio quando dice che molti hanno paura di un governo del cambiamento ma non si chiede neanche per un momento il perché di tanto sentimento negativo in Italia e all’estero. Un governo che redige un programma non indicando le linee di fondo della propria azione politica futura ma scendendo nel merito del cosa fare e di come farlo senza però indicare le risorse necessarie, perché non dovrebbe far paura? Chi lascia fuggir dal proprio seno la voce di cassare unitariamente 250 miliardi di € di debito con la Bce con un contraccolpo immediato sull’affidabilità di un paese con un grande debito come l’Italia, perché non dovrebbe aver paura che nelle prossime emissioni dei nostri titoli del debito pubblico i mercati ci chiederanno interessi maggiori accentuando così le nostre difficoltà? Chi prevede di mettere il vincolo di mandato ai parlamentari riducendo così la loro libertà, perché non dovrebbe aver paura di un autoritarismo strisciante ricordando, come la storia ci insegna, che chi toglie la libertà ai parlamentari prima o poi la toglie anche al paese?
Forze politiche che immaginano di avere un comitato di conciliazione dentro il governo, tra governo e maggioranza e tra governo e opposizione dimenticando che “il comitato” c’è già ed è il Parlamento della Repubblica con le sue commissioni parlamentari e il consiglio di gabinetto all’interno del governo, perché non dovrebbe far temere che la nostra democrazia liberale stia imboccando il viale del tramonto? Un governo presieduto da un cittadino comune che ancorché colto non ha mai gestito nulla di nulla se non la propria vita e non ha alle sue spalle un solo giorno di legislatura, perché non dovrebbe far paura, tanta paura, come ciascuno di noi avrebbe se fosse in un treno guidato a forte velocità non da un macchinista esperto ma da uno studente di legge un po’ fuori di testa? E fa altrettanta paura un professore universitario di Diritto privato che accetta un incarico che farebbe tremare i polsi a chiunque abbia una buona esperienza politica con uno spirito goliardico che poco si addice a un capo di governo!
Potremmo continuare per tutte le 39 pagine del contratto di governo ben sapendo che tra il dire e il fare c’è sempre di mezzo il mare, e questa volta il mare sarà procelloso viste le promesse fatte a cuor leggero. Noi tifiamo per l’Italia e quindi per vocazione siamo governativi ma è davvero difficile non aver paura visto e considerato che accanto alla inesperienza del presidente del Consiglio c’è una generale inadeguatezza della intera squadra di governo che al momento sembra non avere neanche un membro che abbia una forte esperienza di legislatore eccezion fatta per i due capigruppo della Lega, Giorgetti e Centinaio. Il giovane di Maio si fa scivolare addosso ogni preoccupazione pensando di esorcizzare le paure del paese con un insieme di parole passe-partout (il cambiamento, l’amico del popolo, il contratto tedesco, prima gli italiani e via di questo passo) e non si accorge che la mancata avvertenza dei rischi e dei pericoli è essa stessa un’altra fonte di paura. Il governo parte ma bisogna alzare il tasso di vigilanza del paese non lasciando passare con facilità un linguaggio criptico e menzognero e sollecitando gli intellettuali a non diventare come la famosa intendenza napoleonica che seguiva acriticamente il vincitore.
Bisogna dunque vigilare senza pregiudizi ma anche senza pelose connivenze come spesso abbiamo visto in questi ultimi 25 anni il cui frutto velenoso è proprio la nostra paura di oggi e il nostro legittimo sconcerto per il futuro.