Carlo Cottarelli (foto LaPresse)

Per difendere Savona, Di Maio si inventa il Cottarelli no euro

Luciano Capone

“Anche Cottarelli ha scritto che conviene uscire dalla moneta unica”. Le fake news del leader M5s vanno in onda a reti unificate

Roma. In questi giorni di crisi politica e di collasso istituzionale, che si spera non diventi panico finanziario, Luigi Di Maio ha dimostrato di essere un bugiardo, un mistificatore o un analfabeta funzionale. O tutte e tre le cose. Il capo politico del Movimento 5 stelle, evidentemente scosso dall’ennesimo “colpo di stato” dei “poteri forti”, ha fatto il giro di tutti i talk-show televisivi per annunciare che chiederà la “messa in stato d’accusa” del presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

  

Di Maio prima ha detto nel salotto di Barbara D’Urso di aver fatto al Quirinale per il ministero dell’Economia nomi alternativi a quello di Paolo Savona, su cui c’era il veto del Colle, come quelli di “Bagnai e Siri” della Lega. A stretto giro è arrivata la smentita del Quirinale: “Non risponde a verità la circostanza riferita dall’on. Luigi Di Maio a ‘Pomeriggio 5’ che al presidente della Repubblica siano stati fatti i nomi di Bagnai e Siri come ministri dell’Economia”.

    

Successivamente, a “Matrix” e a “Porta a porta”, ha detto che se Mattarella ha bocciato il nome di Savona per le sue posizioni sulla moneta unica, allora “non va bene neanche Cottarelli” perché “ha scritto in un suo libro che all’Italia conveniva uscire dall’euro”, ha detto da Bruno Vespa. “Lei l’ha letto il libro di Cottarelli, l’attuale presidente del Consiglio incaricato, sull’euro? – dice Di Maio a Nicola Porro – Parla del fatto che non ci è convenuto entrare nell’euro e che se in questo momento si uscisse dall’euro potremmo ripagare il debito pubblico con altre disponibilità finanziarie e fuori da alcuni vincoli. Se il tema dell’euro era il problema, allora vale anche per Cottarelli”. Ecco, questa affermazione è completamente falsa, non si sa se per intenzione o per ignoranza.

   

Proprio martedì sul Foglio abbiamo pubblicato il paragrafo dell’ultimo libro di Carlo Cottarelli (“I sette peccati capitali dell’economia italiana”), in cui il premier incaricato (chissà ancora per quanto) parla dell’euro. In effetti l’inizio del brano sembra affermare ciò che sostiene Di Maio: “In teoria i problemi italiani, un debito pubblico elevato e una bassa crescita e competitività, potrebbero essere risolti uscendo dall’euro”, scrive Cottarelli. Ma subito dopo aggiunge: “Però bisogna essere chiari sul modo in cui e sul perché l’uscita aiuterebbe a risolvere questi problemi, cosa che spesso i suoi sostenitori non fanno”. E l’ex commissario alla Spending review inizia a elencare quali sarebbero le conseguenze: taglio dei salari reali, aumento dei debiti privati, problemi patrimoniali per le banche, ondata inflazionistica, taglio del valore dei titoli di stato per i detentori, grandi complicazioni con il sistema dei pagamenti con gli altri paesi dell’Eurozona. Fra l’altro, dovremmo saldare il debito che l’Italia ha con la Bce che ammonta a oltre 400 miliardi. Probabilmente ci toccherebbe chiedere “aiuto” al Fondo monetario internazionale (“e non sarebbe affatto divertente”, dice l’ex dirigente del Fmi).

   

In sintesi: “Non ne vale la pena”, conclude Cottarelli. Che infatti nel paragrafo successivo spiega come uscire dalla crisi “senza uscire dall’euro”, prendendo esempio da paesi come la Spagna e il Portogallo che hanno fatto le riforme, sono stati attenti ai conti pubblici e stanno recuperando competitività e crescita economica. In sostanza nei suoi libri, come in ogni altro incontro pubblico, Cottarelli afferma da anni l’esatto contrario di ciò che Di Maio gli mette in bocca. Non ha mai affermato, come Paolo Savona o qualche altro personaggio meno qualificato del mondo “sovranista”, che all’Italia “conviene” uscire dall’euro o anche solo usare la minaccia della rottura come arma negoziale. “La via d’uscita non può essere la fuga dall’euro – scrive Cottarelli nel capitolo sulla “Difficoltà a convivere con l’euro” – sarebbe un po’ come andare a giocare in serie B perché non si riesce a vincere in A. Per superare le difficoltà attuali occorre recuperare il tempo perso, soprattutto in termini di competitività e di produttività, il che è possibile anche restando nell’euro”.

  

Non si comprende se Di Maio – la persona che si candida di nuovo a guidare il paese, a fare guerra contro le agenzie di rating e a “trattare con l’Europa” – sia inadatto di leggere e comprendere un testo scritto in italiano corrente, oppure se sia in malafede. E’ difficile stabilire quale tra le due condizioni sia quella peggiore.

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali