Il carcere sarà sempre più chiuso
Il nuovo governo e la riforma penitenziaria che finirà abortita il 3 agosto
E pensare che era stato addirittura il neo presidente della Camera Roberto Fico, a metà aprile, a suggerire alla conferenza dei Capigruppo l’eventualità di inserire il decreto legislativo di riforma dell’ordinamento penitenziario tra le materie della commissione speciale, per stringere i tempi prima dell’insediamento della nuova commissione Giustizia e in attesa della formazione del governo. Ma forse non gli avevano ancora spiegato di quale nuovo stato di polizia (penitenziaria) era stato eletto Terza carica. Un mese dopo, era toccato all’ex ministro di Giustizia Andrea Orlando ammettere che non ci sarebbe stato nessun decreto per approvare la riforma in via definitiva nell’ultimo Consiglio dei ministri del governo uscente, lo scorso 18 maggio.
Ora in Via Arenula è arrivato l’avvocato del popolo Alfonso Bonafede, ancora non ha preso decisioni in proposito, ma come la pensi su quella riforma “nefasta” lo ha già chiarito. E poiché la delega all’esecutivo scade il prossimo 3 agosto, non è difficile immaginare che sarà lasciata scadere, e parce sepulto. Tra gli aspetti della riforma, non propriamente rivoluzionaria, c’era l’ampliamento del ricorso alle misure alternative alla detenzione con la possibilità di accedervi anche per i detenuti con un residuo di pena fino a quattro anni, ma senza automatismi. Ma ora tra i sostenitori di quella abortita riforma gira addirittura un ragionamento sconsolato: meglio che il decreto decada, e tutto resti per ora com’è, piuttosto che il nuovo governo ci metta mano e lo peggiori. Meglio la vecchia chiave arrugginita delle galere, che sostituirla con una nuova a tripla mandata. Stato di diritto.