Di Maio uno e trino
“Il M5s non può appiattirsi sul governo. Luigi impari da Salvini”. Parla Gallo, il grillino che non ama i leader
Roma. Essendo stato lui, in modo più o meno consapevole, a intestarsi la battaglia contro gli eccessi del leaderismo nel M5s, si capisce che Luigi Gallo ci tenga a intervenire, nel dibattito sul doppio incarico di Luigi Di Maio, innescato sulle colonne del Foglio da Roberta Lombardi. “Sono d’accordo con lei”, dice subito il deputato campano, vicino a Roberto Fico. E prosegue: “Mantenere entrambe le cariche, che poi sarebbero tre, visto che Luigi è ministro sia del Lavoro sia dello Sviluppo, oltreché capo politico del M5s, è troppo faticoso”. Ma non è solo questione di fatica. Il problema sta anche, a giudizio di Gallo, nei “rischi” che “si corrono quando c’è una eccessiva concentrazione delle responsabilità”. Un modo, insomma, per ribadire quel che anche altri colleghi del M5s, specie al Senato, ripetono da mesi, e cioè che “vanno divisi gli incarichi di governo da quelli di controllo sui gruppi parlamentari per assicurare la divisione dei poteri”. Gallo, d’altronde, la sua proposta l’ha già esposta all’assemblea dei parlamentari grillini, ricevendo in risposta gli sguardi non esattamente concilianti dei vertici del Movimento. “Io – dice, quasi a rivendicare la paternità dell’iniziativa – ho più volte proposto l’istituzione di organi collegiali”. Al plurale, sì, perché a giudizio del deputato napoletano, con un passato di militanza nei collettivi partenopei impegnati per l’acqua pubblica e i beni comuni, di “direttivi” ne servirebbero due. “Uno a livello parlamentare, così da poter vagliare insieme i dossier e capire come agire sui vari temi, e l’altro a livello nazionale, che funga da raccordo per i nostri portavoce ai vari livelli, evitando il pericolo sempre più concreto dell’incomunicabilità tra i territori e le istituzioni”.
Due organi che devono essere, però, “entrambi elettivi”. Dice infatti Gallo: “Deve assolutamente esserci una votazione, magari online. Candidature aperte, procedure trasparenti. E coloro che verranno eletti, dovranno poi riunirsi periodicamente”. Come fare? “E’ necessaria un’assemblea degli iscritti. Spetta a Di Maio convocarla, e spero lo faccia il prima possibile, benché ovviamente capisco che le priorità ora siano altre, soprattutto se pensiamo alle sfide che attendono il nuovo esecutivo”. E tuttavia, anche rispetto al governo che si è appena insediato, quello gialloverde guidato da Giuseppe Conte, Gallo intravede un rischio. “Quello, cioè, di appiattirci troppo sull’esecutivo. Noi, è vero, abbiamo firmato un contratto, e a quello dobbiamo restare fedeli”, dice il deputato pentastellato, e lo dice quasi in un sospiro di amarezza trattenuto a stento, lui che del resto avrebbe preferito di gran lunga un accordo col Pd. “E però – subito aggiunge – dobbiamo sempre ricordarci che abbiamo una storia tutta nostra, dei valori che non necessariamente hanno trovato spazio nel contratto, che è frutto di un compromesso con un partito come la Lega che è molto diverso da noi”. E allora ecco per Gallo, l’urgenza della “separazione dei poteri”, sta anche qui, nella “necessità di differenziarci rispetto all’azione dell’esecutivo”. E del resto, “Matteo Salvini questa strategia mi sembra la stia già adottando”, osserva Gallo. “Lui ragiona – dice – da ministro dell’Interno, sì, ma anche e soprattutto da segretario della Lega. E infatti non perde occasione per fare una dichiarazione a effetto al minuto”. E’ successo sui migranti, ovviamente, ed è successo anche con la flat tax, quando Salvini ha parlato della convenienza generale nel ridurre le tasse ai più ricchi. “Gli ultimi non hanno bisogno dell’elemosina dei ricchi”, replica Gallo, ribadendo che “il governo del cambiamento dovrà ridurre la forbice tra i più ricchi e i più poveri”. E dunque non è solo questione di “fatica” e non è neanche solo questione di “concentrazione dei poteri”: fare sì che alla guida del M5s non ci sia una persona troppo implicata nel governo, per Gallo è anche una questione di sopravvivenza. “Non possiamo scolorire la nostra identità – conclude Gallo – per la necessità di dover convivere col Carroccio”.