Iva Garibaldi e Matteo Salvini. Foto LaPresse

Chi è Iva Garibaldi, la “donna in rosso dal cuore verde” che ha gestito il Salvini da tv

Marianna Rizzini

Cresciuta alla scuola di via Bellerio, ha gestito il “dietro le quinte” comunicativo leghista fin dai tempi in cui il leader arrembante era ancora in nuce 

Roma. “Genio diabolico della comunicazione”, l’ha chiamata mercoledì ironicamente sul Fatto Marco Travaglio, associandola, dal lato Cinque Stelle, a Rocco Casalino: e che Iva Garibaldi, capo-comunicazione di Matteo Salvini, fosse da tempo considerata la donna che muove le pedine sullo scacchiere mediatico leghista (specie televisivo) non c’è dubbio, anche se, nell’ultimo anno, sul fronte web, l’azione di inesorabile spiazzamento volta a conquistare elettori prima impensabili (specie al Centro-Sud) è stata ispirata dall’altro spin doctor Luca Morisi. Fatto sta che “Iva la rossa” – com’è stata invece soprannominata dai cronisti il giorno del giuramento del neo-governo, quando si è presentata al Colle discettando con Casalino, vestita di un lungo abito color corallo – non sarà più soltanto la plenipotenziaria a cui tutti i redattori dei talk-show telefonano per chiedere l’ospite leghista (e dunque omologa del Casalino che, prima di diventare portavoce del neopremier Giuseppe Conte, era considerato l’uomo che tutto decide, nel M5s, prima che intervista si levi nell’etere).

  

Iva Garibaldi, infatti, si trova ora nel cono di luce in cui tutti i deus ex machina mediatici nell’ombra arrivano, all’improvviso, quando si passa dall’opposizione al governo, motivo per cui anche chi era abituato a scriverle in modo confidenziale su Facebook, sapendo che Iva a breve avrebbe risposto (idem per il telefono), ora si domanda se la loquacità internettiana della portavoce di Salvini – già giornalista della Padania, già donna del Sud in forze alla squadra comunicativa della Lega – possa essere in qualche modo resa meno loquace dalla necessità di controllare a largo spettro che cosa succede tra ministero dell’Interno, vicepresidenza del Consiglio, elezioni locali, isole degli sbarchi e piazze in ebollizione (“ma Salvini è ubiquo?”, trasecolavano i telespettatori durante le settimane di infinita gestazione del governo).

  

Intenta a gestire il “dietro le quinte” comunicativo leghista fin dai tempi in cui il Salvini arrembante era ancora in nuce, cresciuta alla scuola di via Bellerio (ma con studi a Roma), Iva Garibaldi si è trovata a scrivere sulla Padania in anni in cui (vedi il 2011) Umberto Bossi, da lei intervistato, alla domanda “…e gli immigrati che stanno facendo esplodere Lampedusa e che si preparano a invadere la Padania?” rispondeva come niente ‘fora di ball’”, mentre l’allora ministro dell’interno Roberto Maroni si occupava di emergenza sull’isola. Ma i tempi cambiano: Iva è diventata il punto di riferimento per l’esportazione della Lega oltre l’immagine del barbaro separatista; Salvini ha ultimato la trasformazione da “local” a “glocal” (per modo di dire). In mezzo c’è la vita da un lato esposta, dall’altro protetta, della “donna in rosso” dal cuore verde, madre di due figli. Poi c’è la personalità in controluce che emerge dai commenti e dai post esistenziali sui social. Tipo: “Poi ci sono momenti in cui comprendi che non controlli niente. E va bene lo stesso, anzi forse è meglio”. O: “La solitudine è sempre una conquista”. Oppure, con citazione della poetessa premio Pulitzer Mary Oliver: “Un giorno hai capito quel che dovevi fare e hai cominciato”. Nel Pantheon di Iva siedono il Martin Luther King del “non ho paura del silenzio della cattiveria dei malvagi ma del silenzio degli onesti” e Oriana Fallaci: “Ci sono momenti, nella vita, in cui tacere diventa una colpa e parlare diventa un obbligo. Un dovere civile, una sfida morale, un imperativo categorico al quale non ci si può sottrarre. Oriana, ci manchi”. Di momenti complicati per la Lega Iva Garibaldi ne ha attraversati tanti, ma chissà se avrebbe mai immaginato di potersi trovare, a un giorno dall’insediamento di Salvini al governo, nel bel mezzo di un incidente diplomatico (vedi Tunisia).

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.