Elogio dell'anarchica opposizione
Bella l’alternanza che si fugge tuttavia. Divertirsi con la dottrina Vincino
Ascoltare Vincino a Radio Radicale è peggio che leggere Lolita a Teheran, questo bastardo, ha appena finito un memoir autobiografico, mi ha chiesto una prefazione che ho già ritirato citandolo per danni, e con quella voce vecchia e fresca, innocente, autorevole si mette a dire quant’è bella l’alternanza che si fugge tuttavia, viva la faccia che sono finiti in puzza i mollacchioni, i Gentiloni, per non parlare dei Renzi, e così, dopo il voto ai grillozzi di Berardinelli, che Dio lo abbia nell’assoluto della sua gloria, ecco un altro grande protagonista letterario dell’intera stagione del Foglio che tradisce, passa al nemico in un batter d’occhio, questo spregevole ruffiano. Mi viene voglia di corcarlo, con le mie mani che sono come prosciutti.
Invece dialogo, perché sono un mollacchione depresso, e il chiodo di Vinci sulla bara mi mette di buonumore, sebbene nella bara ci sia anch’io, destinato con tanti altri a una fossa comune. Ma sì, siamo anarchici fino in fondo, rimettiamoci in mutande, abbiamo steso una ventennale apologetica della follia, perché non provare con l’ignoranza, il primitivismo, la demagogia dei pop scesi dalle valli e dei dem. dir. del Grande Fratello Rousseau? Europeisti con Salvini, è il partito che ho appena fondato su Twitter, pensando che Farinetti fosse il primo iscritto e ignaro di avere come secondo, eterno secondo, il caro Vincino, pronto a una depilazione integrale alla Casalino, ai respingimenti in mare, alla filosofia del “carcere vero”, a pagare il venti per cento i buoni del Tesoro, a rinunciare presto all’euretto in favore della liretta per fare anche lui il barbone autarchico.
Il partito dei liberisti, classi medie e agiate, è sconfitto, risorge la Grande Proletaria, la bestiaccia incantatrice dei miserabili si muove, dicono che faranno viceministro un certo Borghi, un pazzo vero, e Vincino l’internazionalista, il viaggiatore incantato, quello che ha detto ai padri, “voi avete fatto la guerra, noi il ’68, meglio noi”, rinnega tutto per il piacer di porre in lista in alternanza una nuova donna, una nuova preda paradossale, il governo del cambiamento che se fosse una cosa seria porterebbe una cosa serissima, un’arietta di conflitto, di cambio di fronte, uno sboom che ci ricorderemo per trent’anni o più. L’irresponsabilità è la chiave di volta di questo giornale da sempre, e non up to the point, beside any point. La scorrettezza pure. Dunque mi devo accostumare, il mio profeta annuncia sciagure per l’opposizione dei mollacchioni e sorti magnifiche per questo fiore che è il governo Conte, con tanto di pochette alleata alla felpa. Già mi sento in colpa perché abbiamo sputtanato la bandiera della libertà, che i volenterosi ricostruttori della sinistra vogliono riprendere nelle mani ora che il popolo chiede solo assistenza e protezione, adesso devo mangiarmi anche le unghie perché il segnacolo dell’irresponsabilità libertaria finisce nelle capaci mani di questo puzzone di Vincino che vuole stare allegro e il ciel l’aiuta. Opporsi da gentiluomini, come Renzi che chiede una rigorosa applicazione del contratto, come Bordin che usa il suo celebre understatement, oppure sbracare con gli antifa, promuovere adunanze, stendersi sui binari, aspettare la sora Cgil che questi le portano via pure i pensionati, ricostruire il partito del lavoro contro il partito del reddito, incassare la flat tax duale e plurale, e fare lezioncine che nemmeno la Troika in arrivo, e per giunta essere presi per il culo da quel segno mostruoso di bellezza e noncuranza che risponde al nome di Vincino? Ma io lo ammazzo o mi ammazzo.