La Lega cresce
Zero tituli per il M5s: il governo fa bene soprattutto a Salvini, che ora guida la coalizione anche in Toscana
Roma. Il “governo del cambiamento” ha intanto prodotto un primo risultato: i rapporti di forza fra Lega e M5s rischiano di ribaltarsi a vantaggio di Matteo Salvini, vincitore alle amministrative di domenica scorsa. Zero tituli o quasi per il M5s, che sul Sacro Blog esulta per la vittoria a Crispiano in Puglia, a Ripacandida in Basilicata, a Pantelleria in Sicilia, a Castel di Lama nelle Marche. Tutti comuni sotto i 15 mila abitanti. In quelli superiori infatti il M5s non vince al primo turno da nessuna parte e va al ballottaggio solo in otto. Insomma, osserva il Cise, ancora una volta si vede “la grandissima difficoltà del M5s di tradurre le preferenze nazionali in voti alle amministrative: in questa tornata amministrativa come nella precedente, su 100 voti ottenuti dal M5s alle politiche, solo circa un terzo vengono confermati al suo candidato sindaco”.
E’ il centrodestra a guida salviniana a sfondare, con 14 sindaci eletti al primo turno e 57 candidati che vanno al ballottaggio. In Toscana, dove si giocavano e si giocano tutt’ora tre sfide importanti (Massa, Siena e Pisa), la Lega arriva al 25 per cento a Pisa. “Alle scorse elezioni amministrative avevamo lo 0,35 per cento mentre alle elezioni politiche avevamo il 17 per cento. Il Pd è dietro col 23 per cento, il Movimento 5 stelle ha il 10 per cento, Forza Italia il 3,5 per cento, Fratelli d’Italia il 4,5 per cento”, dice la sindaca di Cascina, Susanna Ceccardi, tra gli artefici della cavalcata della Lega nel Pisano. “Abbiamo vinto nei quartieri popolari ex rossi, sul litorale. La Lega è il punto di riferimento assoluto di tutta la coalizione di centrodestra”. Interessante leggere l’analisi sui flussi di voto pubblicata dall’Istituto Cattaneo su Pisa, dove il M5s si è presentato all’appuntamento spaccato. “A Pisa, l’elettorato cinque stelle in larga maggioranza preferisce astenersi”, scrive il Cattaneo. Per il resto “si divide tra chi (il 3,7 per cento del corpo elettorale) rimane fedele al simbolo votato tre mesi fa alle politiche e chi (il 4,3 per cento del corpo elettorale) premia il centrodestra. I passaggi verso il centrosinistra sono quantitativamente trascurabili. Chi si aspettava che l’alleanza con la Lega portasse gli ex elettori di Pd passati al M5s a tornare nel centrosinistra a Pisa è stato sonoramente smentito”.
Anche a Siena – dove il M5s non si è presentato alle elezioni – la Lega è il primo partito della coalizione con il 9 per cento, mentre Forza Italia è inchiodata al 3,35 per cento. “Avrei solo voluto vedere un prosieguo nel percorso iniziato, un continuo del Movimento 5 stelle anche nella prossima amministrazione. Purtroppo non sarà così”, dice con amarezza Michele Pinassi, consigliere comunale del M5s nella città del Palio, che per settimane ha chiesto inutilmente ai vertici del M5s la certificazione delle liste. Stesso risultato a Massa, dove la Lega guida la coalizione di centrodestra con il 10 per cento e il M5s è arrivato terzo ed è fuori dal ballottaggio.
E’ insomma il momento del centrodestra. Anche in Toscana. Per anni l’opposizione di Forza Italia è stata sterilizzata ma era preponderante rispetto agli alleati. Berlusconi non ha mai potuto incidere nelle campagne elettorali perché la sua presenza ricompattava gli antiberlusconiani. Ora però il Cav. è debole, ha perso le elezioni politiche, doveva essere l’argine al populismo e s’è fatto fregare da Matteo Salvini. Il centrodestra a guida “sovranista” (Lega e Fratelli d’Italia) ha davanti a sé una prateria, anche in Toscana. Il Pd invece non si capisce che cosa abbia davanti a sé. Nelle ultime settimane c’è stato un ulteriore ripiegamento del “Giglio magico”, che dopo la sconfitta del 4 marzo s’è rifugiato nella ridotta fiorentina. Persino l’armonia interna ai renziani s’è rotta. Il sindaco di Firenze Dario Nardella viene visto come troppo autonomo e la tentazione di “commissariarlo” in vista delle amministrative del prossimo anno circola negli ambienti parlamentari. Dopo la divisione in renziani e antirenziani, insomma, il Pd è definitivamente arrivato a quella in renzianissimi e diversamente renziani. Quanto tutto questo serva a riconquistare il governo e/o a non perdere il poco che resta (come la regione fra un paio d’anni) è tutto ancora da capire.