Paola Nugnes in Senato (foto LaPresse)

“Diretta? Questa è la democrazia del ‘penso a tutto io'”. Parla Nugnes

Valerio Valentini

La senatrice ribelle del M5 spiega i rischi del ricorso sempre più frequente, da parte dei leader grillini, a ineffabili figuri chiamati a gestire le rogne burocratiche e gli intoppi politici

Roma. Dice Paola Nugnes: “La notizia che nessuno della giunta capitolina, men che meno la sindaca Virginia Raggi, sia direttamente coinvolto nell’inchiesta ci ha di molto rassicurato”. Assai meno deve rassicurare, invece, vedere che quel “mondo di mezzo” mille volte denunciato, che si credeva così distante dall’empireo dell’Onestà, possa in effetti infiltrarsi anche tra le cinque stelle dell’onesta. “Una rinuncia”: è questa, a giudizio della senatrice ribelle del M5s, tra le più vicine al presidente della Camera Roberto Fico, “una delle possibili cause” di quanto accade intorno allo stadio di Tor di Valle; la rinuncia, cioè, “alla condivisione delle scelte con la rete”.

   

Insomma il ricorso sempre più frequente, da parte dei leader del M5s, a questi ineffabili figuri chiamati a gestire le rogne burocratiche, a risolvere gli intoppi politici, a tessere e coltivare relazioni che possono finire col diventare compromettenti, la Nugnes se lo spiega così: “E’ il rischio che si corre quando si passa dalla democrazia diretta alla democrazia del ‘penso a tutto io’”. Anche perché poi, a lasciargli mano libera, finisce che il Lanzalone di turno ci prenda gusto, e cominci poi ad accreditarsi da solo, nei salotti romani, rivendicando per sé la presidenza della Cassa depositi e prestiti. E’ questo, infatti, che aveva preso a fare l’avvocato cremonese con una certa praticaccia del mondo, venuto a sbloccare la trattativa sullo stadio di Tor di Valle; e anche per questo, nella cerchia ristretta dei fedelissimi di Luigi Di Maio, c’è stato chi, come Stefano Buffagni, s’è opposto con forza alle ambizioni dell’ormai ex presidente di Acea.

    

Di questo vociferano in Transatlantico, nel primo pomeriggio del giorno che segue a quello che ha visto il deflagrare dell’inchiesta, alcuni deputati del M5s. Poco più in là, sprofondata su un divanetto del Transatlantico, la Nugnes scuote la testa. E in quel sospiro di rassegnazione, in quel suo stringersi nelle spalle, c’è un po’ l’essenza delle sue insistite, imperterrite lamentele di questi primi mesi di Terza Repubblica. “La democrazia diretta – ragiona la Nugnes, facendosi subito estremamente seria – presuppone la partecipazione ai processi decisionali. Bisogna stabilire un modello per le scelte, una prassi che permetta di sfruttare quella che noi abbiamo sempre definito l’‘intelligenza collettiva della rete’, che è anche e soprattutto il più efficace metodo di ‘controllo’ a monte, impossibile in un sistema centralizzato e verticistico”. E cioè quello – ma questo la Nugnes non lo dice – adottato ormai da Luigi Di Maio e dal suo gruppuscolo di consiglieri. “Io certi processi decisionali non li condivido, anche perché, semplicemente, non sono condivisi”, insiste la Nugnes. Ed ecco allora che quanto è accaduto a Roma, almeno stando alle carte della procura, “dimostra a mio avviso – riflette la senatrice – la necessità non più derogabile di dare vita al più presto a quel comitato di gestione collegiale, che includa sia parlamentari sia portavoce territoriali, su cui anche Luigi Gallo ha insistito molto nelle ultime assemblee dei gruppi. Altrimenti ci si dovrà rassegnare ogni volta a sperare che chi decide lo faccia in maniera saggia e responsabile. Il percorso del resto indica anche la meta: i problemi endemici della politica italiana non li si supera se si reiterano le stesse pratiche del passato. E’ stato un buon segnale nominare un ministro alla Democrazia diretta: bisogna al più presto attuarla, però, realizzarla per davvero”.

   

Poi si ferma, la Nugnes, quasi a riprendere il fiato. E scandisce: “Intendiamoci: finché non ci saranno sentenze, su Roma, io non esprimo alcun giudizio su nessuno dei protagonisti di questa vicenda. Resto garantista”. Resto? “Ho sempre detto che sbagliavamo a scatenare la canea contro i nostri avversari al primo comparire degli avvisi di garanzia. E ora, coerentemente, attendo di capire se ci saranno, e quali saranno, i risvolti penali”. Strano anche questo, in verità: che sia propria la Nugnes, napoletana verace, l’unica disposta a commentare questa inchiesta capitolina, mentre i suoi colleghi romani, un po’ per tattica – “E’ come quando si va a pesca, quando sei lungo la sponda del fiume stai silente”, dice uno di loro, e non si capisce se il cadavere da veder passare sia quello della Raggi o quello di chi sta più in alto di lei – un po’ perché vallo a sapere chi non è davvero coinvolto, in quest’affare, tacciono. “Io – precisa la Nugnes – faccio il tifo per Virginia. Così come faccio il tifo per tutte le amministrazioni Cinque stelle, per Chiara Appendino a Torino, e per Filippo Nogarin a Livorno: spero davvero di vedere buoni risultati nei nostri comuni. Anche perché è proprio nelle città che noi possiamo puntare a realizzare il miglior cambiamento, visto che al governo, in questa coabitazione così compromettente con la Lega, bisognerà vedere se sarà davvero possibile ottenere dei risultati eccellenti”.