La linea Mattarella/Tria/Giorgetti e il futuro del governo Conte
Sulla partita dei sottosegretari ha prevalso il buon senso. Ma il punto è: questa linea sarà quella che farà durare il governo o sarà quella che lo farà cadere presto?
Al direttore - Sulle centinaia di nomine pubbliche che dovranno essere decise direttamente o indirettamente dal governo, nulla fin qui è stato detto; né risulta alcunché scritto nel contratto per il cambiamento o nella relazione al Parlamento per la fiducia, presentata dal premier Giuseppe Conte. E invece sarebbe necessario che si stabilissero analitici requisiti oggettivi e trasparenti, di competenza, capacità, moralità e incompatibilità, alla luce dei quali valutare le possibili candidature, e si definisse l’iter dell’approvazione, prevedendo comunque, per le maggiori imprese, una previa audizione parlamentare dei designati. Ma un’osservazione è doverosa: ci si dimentica, non affrontando questo tema, dei fiumi di inchiostro sulla “casta” e delle tonnellate di parole, pronunciate nella campagna elettorale dagli attuali governanti, sui rapporti deteriori tra politica ed economia, tra politica e banche, nonché, più in generale, sulla lottizzazione? Emblematico è il caso della sostituzione di Vincenzo La Via, il cui mandato di direttore generale del Tesoro è cessato da circa un mese. Si fa a tal proposito con insistenza il nome di Antonio Guglielmi, ora responsabile di Equity Research di Mediobanca. Non si entra, qui, nel merito della competenza e dell’esperienza di questo alto esponente bancario. Ma, se risultasse confermato l’intento di una delle due formazioni al governo o di entrambe, di sostenere tale nomina – magari inaudita altera parte, cioè il ministro dell’Economia, cosa a cui non vogliamo però credere – non saremmo di fronte a un caso di “porta girevole” all'inverso, dal mondo dei vigilati a quello dei vigilanti? E’ sopravvenuta, allora, una rivalutazione delle porte girevoli, tanto deprecate con gli elettori e durante i lavori della commissione parlamentare di inchiesta sulle banche? O sono da deprecare solo le porte girevoli attraverso le quali passano gli altri? Con i più cordiali saluti.
Angelo De Mattia
Sulla partita delle nomine interne ai ministeri ci torneremo (e sarebbe bello alla direzione generale del Tesoro non avere un nuovo La Via ma avere un nuovo Draghi). Sulle altre partite, invece, quella dei sottosegretari, ci offre già oggi due ragioni per riflettere. La prima ragione è quella che ci dice che grazie al cielo, nei posti più importanti, quelli più simbolici, ha prevalso la linea del buon senso incarnata da Sergio Mattarella, Giovanni Tria e Giancarlo Giorgetti (e dunque, i no euro più accaniti sono stati tenuti fuori dal Mef, e questa è una buona notizia). La seconda ragione è quella che ci dice che purtroppo attraverso i profili di alcuni sottosegretario è possibile mettere a fuoco le istanze di cui sono portavoce i populisti qualunquisti. C’è il non amore per Israele, testimoniato da Manlio Di Stefano, che mesi fa, tra una parola di odio e un’altra nei confronti di Israele, pubblicò una foto di Gerusalemme con la didascalia “Buongiorno Palestina”. C’è l’odio ideologico nei confronti dell’Europa, testimoniato dal nuovo sottosegretario alle Politiche europee che in passato non si è limitato a sostenere le ragioni per cui l’Italia abbia il dovere di uscire dall’euro – cosa che ha fatto anche il nuovo sottosegretario all’Economia Massimo Bitonci – ma ha paragonato l’Europa alla Germania nazista. Potremmo parlare anche dei segnali rivolti alla Russia, dei segnali rivolti contro la Nato, dei segnali rivolti contro la globalizzazione. Ma alla fine dei conti il tema è sempre lo stesso: questo governo per non mettere a rischio la credibilità dell’Italia deve confinare le pazze idee contenute nel contratto di governo, e nei programmi elettorali, in posti in cui quelle idee possono essere esposte, ma non possono far danni. Il punto è: ma la linea Tria/Mattarella/Giorgetti sarà quella che farà durare il governo o sarà quella che lo farà cadere presto?