A Pomezia Fucci tenta i suoi ex compagni del M5s
Il sindaco uscente punta ad essere l'ago della bilancia in vista del ballottaggio del 24 giugno. Così ha proposto agli ex colleghi a Cinque Stelle di “firmare un contratto” di apparentamento. E anche il centrodestra lo corteggia
Roma. Lo stadio della Roma, gli arresti, Virginia Raggi che va in tv con l'aria della vittima designata a dire “mi attaccano solo perché sono una donna” e la realpolitik che preme alle porte del castello a Cinque Stelle non più chiuso ermeticamente al mondo. Ma c'è anche chi la realtà, dal M5s, ha provato a governarla o indirizzarla non appena si è reso conto che governare secondo le regole utopico-distopiche del pianeta Gaia era impossibile: non da oggi, infatti, i sindaci eletti originariamente con il M5s hanno dato prova di “creatività” politica che cozza contro i diktat della Casaleggio Associati.
Il più noto non è neanche più nel Movimento (Federico Pizzarotti, rieletto da indipendente a Parma un anno fa, dopo varie vicissitudini da ribelle nel m5s). Ma anche l'ex sindaco di Pomezia Fabio Fucci, l'uomo che prima delle elezioni locali ha sfidato la Casaleggio Associati e Luigi Di Maio sulla regola del doppio mandato, oggi, dopo la ricandidatura in solitaria (non poteva appunto correre con il Movimento, avendo già fatto due “esperienze” politiche), se n'è uscito con una proposta “indecente” per il purismo grillesco: Fucci – che in vista del ballottaggio tra M5s e centrodestra, può fare la differenza come ago della bilancia – ha proposto infatti agli ex colleghi a Cinque Stelle di “firmare un contratto”, un apparentamento “non nelle segrete stanze” e viste “le affinità dei programmi elettorali”.
Non solo: con atteggiamento più “partitico” che mai, fa anche capire di essere stato contattato dal centrodestra. Come a voler dire: in politica si fanno accordi, punto, ed è la cosa più normale del mondo fuori dalla gabbia internettiana del grillismo d'antan. Non si sa come finirà, ma l'accordo tenta chi, tra i Cinque stelle impegnati nelle elezioni locali, preferirebbe vincere con un compromesso piuttosto che perdere per eccessiva rigidità, rigidità che oltrettutto sta dimostrando, oggi a Roma, tutte i suoi effetti collaterali (della serie: non faccio accordi ma poi imbarco sconosciuti anche “pericolosi”). Resta intanto sulla scena il problema che sempre più si ripresenterà sui tavoli pre-elettorali grillini: la regola dei due mandati che Fucci così aveva esposto quando era ancora sindaco: “Di Maio dice che il M5S è per la meritocrazia ma con la regola dei due mandati chi merita se ne deve andare. Abbiamo chiesto a Casaleggio di togliere questa regola miope e lui ha risposto: ve lo scordate proprio. Uno vale uno è affascinante ma non tutti sono uguali. All’interno del mondo grillino la mia decisione di candidarmi con una lista civica è stata presa non bene. Un regolamento così ferreo è limitante e non guarda al futuro, se vuoi governare devi anche valutare alleanze”. E infatti a inizio maggio, quando sembrava allontanarsi la prospettiva di un accordo governativo con la Lega e avvicinarsi quella delle urne molto anticipate, nei Cinque Stelle era rifiorito il sotterraneo, ricorrente dibattito interno sul superamento del limite dei due mandati, una delle regole fondative del Movimento, senza la quale si sarebbe immediatamente (ma proficuamente) “altro”.