Coraggio, serve il Whatever it takes per mandarli a casa
C’è una situazione anomala e mortale per la democrazia liberale in Italia. Più lavoro, più salari, rilanciamo pure l’Unità
Nel nuovo mondo vale una regola sopra tutte le altre. Non farsi mai intimidire. Altrimenti è finita. Tu puoi spiegare che Tria ha buttato il contratto. Che Salvini è un banale ricattatore travestito da uomo forte e alleato a quelli che gli immigrati li vogliono tutti in Italia e in Grecia, perché sono un branco di etnofobi, xenofobi e razzisti antisemiti. Che Casaleggio lavora per una democrazia diretta da lui e dai suoi manager e trafficanti di ideologia, consenso e affari, a buon bisogno. Che Macron ha una bella famiglia e una splendida moglie, e i gerontofobi non sono fascisti, sono dei cagoni. Che sulla Luna qualcuno è sbarcato. Che le scie chimiche sono nella testa di un sottosegretario grillozzo. Che Di Maio, Raggi, Giorgetti, Parnasi e Lanzalone fanno quello che tutti i politici del mondo hanno sempre fatto, ma lo travestono da trasparenza, onestà e popolo, e in questo è lo scandalo. Che il decreto dignità è poco dignitoso. Che i negher sono assai meglio di quei bianchi dei miei stivali, e purtroppo sono pochi. Ma se tutto questo lo dici con la tremarella, meglio che te ne stia zitto.
Su la testa, ecco tutto. Primo, istituire il premio Draghi: whatever it takes pur di sloggiare questi analfabeti ridondanti e cattivi dalla stanza dei bottoni, sono capaci di metterci tutti alla fame in men che non si dica. Secondo, convocare al più presto una grande manifestazione a Milano e a Napoli per aumenti salariali e di stipendio generalizzati: più sette per cento di media, contrattazione nazionale, di settore, aziendale, e una caterva di scioperi per un Piano nazionale del lavoro e del salario, altro che superamento della Fornero e del Jobs Act, altro che la tremebonda Camusso, “questi parlano anche ai nostri”. Terzo, convocare al più presto una manifestazione di proporzioni disumane a Roma, scegliere quello del centro sociale di Garbatella come candidato sindaco, visto che i partitanti sono lì che aspettano la formazione di una coalizione di partitini tra i quali scegliere un signor nessuno, pretendere le dimissioni della signora Raggi, denunciare la puzza di malaffare e l’opportunismo bieco di Caltagirone, il Caltagirone sbagliato, a Fra’ ma a che servi? che licenzia i giornalisti seri e ammansisce quelli fru fru per competere con i Parnasi. Quarto, crowdfunding, manifesti 8 per 10, rilancio dell’Unità con contenuti bestiali (il Foglio è già praticamente all’avanguardia, ma servono rincalzi gramsciani al fogliuzzo einaudiano e postcrociano), un’ondata di pernacchi e sberleffi su chat che se la ricordino, questi patrioti così fervorosi, per una vita.
Ecco, voglio dire che ha ragione Ricolfi, distinguere e dire cose esatte, ha ragione Panebianco, eliminare la zavorra, ha ragione Umberto Minopoli, chissenefrega se Renzi è antipatico, ha ragione Salvati, fare politica con cautela, ma qui non bisogna stare a discutere Calenda o non Calenda, bisogna prendere atto di una situazione anomala, e mortale per la democrazia liberale in Italia.
Bisogna estendere all’Europa intera, salvo i governi di Visegrad, la lotta contro gli sciamannati e gli energumeni di casa nostra, vanno duramente sputtanati per come meritano, altro che scuse. Berlusconi era un dignitoso liberale democristiano, e hanno fatto i girotondi. Questi sono degli squadristi del popolo, bisogna fare le barricate. E se poi vincono in Baviera, se accerchiano Parigi, resta sempre la consolazione che le abbiamo prese ma gliene abbiamo dette di vere, sacrosante. Si lavora per la storia, avanti compagni verso un nuovo medioevo! Attaccate, attaccate, qualcosa resterà, e non lasciatevi calunniare, intimidire in nome del popolo. Il popolo è mille volte uno pazzo, ha votato scemo e se ne sta già rendendo conto, ma bisogna che gli arrivi un messaggio alto, basso, chiaro e forte, violento nell’immagine, scurrile e civile nei comportamenti, feroce nella dissuasione: con tutto il rispetto, i somari a casa, subito.