Cosa è rimasto di “Rimborsopoli” (spoiler: non molto)
Nel 2012 i consigli regionali furono investiti dallo scandalo delle “spese pazze”. Dopo 6 anni poche condanne, non definitive e solo per casi estremi, mentre si moltiplicano le assoluzioni. L'ultima è quella dell'ex governatore abruzzese Chiodi
“Rimborsopoli”, ve la ricordate? Era il 2012 quando scoppiò lo scandalo delle “spese pazze” nei consigli regionali. Ispezioni a raffica della Guardia di finanza, apertura di inchieste in quasi tutte le regioni italiane, centinaia di politici accusati di aver utilizzato i rimborsi pubblici in maniera illecita per spese di carattere personale, una campagna stampa tambureggiante contro le ruberie della “casta”, tutte condite da una subdola retorica di fondo contro la democrazia rappresentativa. “Boom di inchieste, un consigliere su dieci risulta indagato”, riassumeva il settimanale L’Espresso. Ebbene, a distanza di sei anni, delle maxi inchieste penali e contabili è rimasto ben poco. Poche le condanne (non ancora definitive), per casi estremi, mentre nel semi-silenzio postumo dei media si fanno largo ogni mese proscioglimenti, archiviazioni e assoluzioni.
L’ultimo paradossale epilogo in ordine di tempo è arrivato dall’Abruzzo. Martedì 12 giugno, infatti, il tribunale di Roma (chiamato a esprimersi per ragioni di competenza) ha assolto i vertici dell’ex giunta regionale abruzzese: l’ex presidente Gianni Chiodi, l’ex vicepresidente Alfredo Castiglione e l’ex assessore all’Istruzione Paolo Gatti. I tre ex esponenti della giunta, giudicati con rito abbreviato, erano accusati di peculato e truffa aggravata per l’utilizzo improprio delle carte di credito regionali. “Si chiude un’esperienza devastante, soprattutto a livello umano, per me e per chi mi è stato vicino”, ha commentato l’ex governatore Chiodi dopo la sentenza. “Mi piacerebbe – ha aggiunto – che fosse dato almeno un decimo del risalto che è stato dato ad avvisi di garanzia ‘farlocchi’ e che chi mi ha condannato sulla base di quegli avvisi di garanzia oggi mi chiedesse scusa, ma so bene che entrambe le cose, molto difficilmente, avverranno”. E in effetti nessuno pare intenzionato, come solito, a prendere coscienza dei danni reputazionali, professionali e personali causati dalla caccia alle streghe perpetrata in quei lontani mesi del 2012.
Ma quello abruzzese è solo l’ultimo flop giudiziario dello “scandalo Rimborsopoli”, partito sull’onda della vicenda che aveva travolto l’ex capogruppo del Pdl alla Regione Lazio, Franco Fiorito. In Piemonte l’ex governatore Roberto Cota (abbattuto politicamente sotto i colpi del caso “mutande verdi”) è stato assolto insieme ad altri 14 consiglieri (10 le condanne in primo grado). In Emilia Romagna le 41 richieste di rinvio a giudizio iniziali hanno partorito fino a oggi tre condanne, un patteggiamento e ben 19 assoluzioni. Tra gli assolti anche Andrea Defranceschi e Giovanni Favia, i consiglieri regionali espulsi dal Movimento 5 Stelle anche in virtù del loro coinvolgimento nell’inchiesta.
In Friuli Venezia Giulia, dopo due anni di udienze, rinvii e approfondimenti, il giudice dell’udienza preliminare di Trieste ha assolto perché il fatto non sussiste 18 consiglieri regionali indagati su 22, rinviando a giudizio una sola persona e accogliendo il patteggiamento per altre tre. Nelle Marche il gup di Ancona ha bocciato il maxi-impianto accusatorio della procura emettendo una sentenza di non luogo a procedere per 55 imputati, rinviandone a giudizio altri sei (solo per alcuni capi di imputazione) e assolvendone altri cinque in rito abbreviato. In Valle d’Aosta i giudici hanno prima assolto, in primo grado, tutti i 27 imputati e poi, in secondo grado, hanno ribaltato la sentenza, condannando 15 consiglieri e confermando l’assoluzione per tutti gli altri (e Dio solo sa cosa riserverà in Cassazione la roulette della giustizia italiana). Nel frattempo, però, i danni sono stati fatti e anche l’istituzione rappresentata dalla regione non ha più per gli italiani alcuna credibilità. Per la gioia di qualcuno.