Tutti i “no” del piccolo mondo antico vagheggiato dal M5s
Ultimo ma non ultimo, i negozi chiusi la domenica. "Ci sono tanti problemi per chi lavora ma anche per i datori di lavoro", ha detto Di Maio mentre consumatori e grande distribuzione protestavano
Roma. No, no e no. Non è un capriccio, è l’affabulazione della decrescita felice al potere, con sogno negazionista sulla natura matrigna del progresso e sui suoi simboli capitalistico-tecnologici. E se nell’Arcadia sognata in origine da Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio il “no” al lavoro carrieristico in generale, con reddito di cittadinanza come miraggio e salvagente, faceva da cornice a tanti piccoli “no” minori (no all’ambizione – considerata sospetta – no agli alti guadagni – considerati anticamera del Bilderberg – no agli sprechi da iper-produzione – considerati poco in linea con un ecologismo semi-luddista e fai-da-te), nel mondo gialloverde al governo di oggi i “no” si accaniscono, per esempio, su alcuni residuati dei governi tecnici, visti come male assoluto (fino a che il tecnico non serve a giustificare l’assenza di accordo tra contraenti del patto politico).
L’ultima, in ordine di tempo, è l’idea-proposta-minaccia di tornare alle domeniche pre-liberalizzazione del 2012 (governo Monti), con negozi chiusi nei festivi salvo deroghe decise a livello locale. “Ci sono tanti problemi per chi lavora ma anche per i datori di lavoro – ha detto Di Maio, mentre consumatori e grande distribuzione protestavano. Dobbiamo cercare di seguire un filo conduttore, combattere la precarietà, eliminare lo sfruttamento”. Prima, però, il “no” anti-tecnologico-scientifico di provenienza a Cinque Stelle (di diversa natura è il “no” leghista) si è concentrato sulle grandi e “medie” opere: No-Tav (“ridiscuteremo integralmente il progetto della Tav Torino-Lione”, ha detto il ministro dei Trasporti Danilo Toninelli, intenzionato a “valutare alternative” anche rispetto al nodo fiorentino dell’Alta velocità), no-Ponte sullo Stretto e No-Tap (per non dire, lo scorso anno, del “No trivelle”). Sul piano “ricerca scientifica”, la fede “No-Vax” d’antan di una parte della base grillina, degli attivisti e degli eletti a Cinque Stelle, seppure corretta oggi nella versione governativa, viste le polemiche, con tanto di post sul Blog delle stelle intitolato “il M5s è per la massima copertura vaccinale”, fa parte della stesso gruppo di diffidenze anti-moderniste. Compensate però dall’iper-modernismo internettiano, con fede cieca nel web che diventa canovaccio per esperimenti di cosiddetta democrazia diretta. E nel piccolo mondo antico che sulle bacheche grilline, negli anni pre-governativi, veniva vagheggiato come Paradiso perduto da riconquistare, con elogi del “local”, della lentezza e della semi-stanzialità da due ruote (No-Suv, si bicicletta), il “no” diventa il distintivo che separa il “noi” dagli altri, i nemici indistinti che vivono sulla terra dei pericoli da “sì”.