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“Serve un fronte nuovo che vada da Sel a Forza Italia”, dice Pizzarotti

Valerio Valentini

"Questa politica da bimbimikia fatta di selfie e dirette Facebook, di slogan e iniziative propagandistiche è qualcosa contro cui bisogna battersi" dice il sindaco di Parma

Roma. A giudicare dalla disponibilità con cui, perfino in un giorno di consiglio comunale pieno di rogne e di riunioni, accetta di rispondere, a giudicare dalla determinazione che quasi sembra cinica soddisfazione con cui si esprime (“Ma lo facciano saltare in aria, questo partito, altro che rifondazione”), verrebbe da dire che sia con grande contentezza che Federico Pizzarotti ha accolto i risultati dei ballottaggi. E però lui mette le mani avanti, garantisce che no, “nessuna felicità particolare”. Anzi. “Mi limito a constatare quello che è avvenuto”, dice. E quello che è avvenuto, per il sindaco di Parma che un tempo fu grillino e che ora invece guida un movimento fatto di amministratori politicamente apolidi uniti sotto il simbolo di “Italia in Comune”, è che “il Pd s’è sbriciolato, definitivamente”. E allora è per questo che urgono scelte radicali. “Sento parlare Maurizio Martina e Andrea Orlando di ‘ripensamento’, e mi convinco che così non si andrà lontano. Molto più lucida l’analisi di Carlo Calenda: andare oltre il Pd è l’unica soluzione”. Oltre, certo. Ma verso dove? “Bisogna creare una forza nuova, inclusiva, non solo di centrosinistra, il cui perimetro va tracciato pensando all’elettorato, e non agli apparati. Si deve andare dalla vecchia Sel fino a un pezzo di Forza Italia: da tutto ciò che non è destra fino a tutto ciò che non è estrema sinistra”. Insomma, un qualcosa che, a sentirlo descritto così sommariamente, non sembra molto diverso da quel “fronte repubblicano” proposto proprio dall’ex ministro dello Sviluppo economico.

 

D’altronde, che tra i due ci sia stima reciproca, non è sicuramente un mistero. “Ci siamo visti anche di recente – conferma il sindaco – e direi che su molte cose la pensiamo allo stesso modo”. Non è l’unico, nell’attuale Pd, su cui si possa fare affidamento per pensare a quel che dovrà essere. “Marco Minniti è una persona capace ed esperta. Così come pure Paolo Gentiloni: un uomo pacato e pragmatico, non affetto dalla bulimia comunicativa di Matteo Renzi”. E’ anche con loro, oltreché ovviamente con le decine di sindaci già arruolati, che Pizzarotti immagina di potere costruire una piattaforma nuova. “Noi di ‘Italia in Comune’, in autunno, terremo il nostro primo congresso nazionale, dove stabiliremo il programma e le varie cariche. Invito Calenda, Minniti e Gentiloni a venire e a confrontarsi. Ma alcune premesse vanno fatte”. E Pizzarotti le elenca. “Innanzitutto, ‘Italia in Comune’ non sarà la stampella di nessuno. E questo anche perché il tempo degli assemblaggi di liste e partiti è finito. Il Pd è irrifondabile: e il suo ennesimo fallimento, figlio soprattutto dei personalismi e delle laceranti divisioni interne, sta qui a dimostrarlo. Si abbia il coraggio di mettere da parte quel simbolo. E ci si metta al lavoro per costruire un fronte che si opponga al polo sovranista di Lega e M5s, ma che non si accontenti di essere ‘altro’ e basta. Certo, questa politica da bimbimikia fatta di selfie e dirette Facebook, di slogan e iniziative puramente propagandistiche è qualcosa contro cui bisogna battersi: ma dirsi ‘antipopulisti’ è troppo poco per trovare una propria identità forte”.

 

Che fare, allora? “Riunirsi intorno a dei valori, elaborare delle proposte concrete. L’europeismo, in primo luogo. E poi un piano serio per rilanciare l’istruzione, devastata da vent’anni di berlusconismo e poi dal colpo di grazi renziano. E, infine, almeno un altro punto: la semplificazione burocratica, la razionalizzazione dei poteri e delle responsabilità tra lo stato centrale e le amministrazioni locali”. Ci vorrà tempo, ma stare all’opposizione, almeno in questo, aiuterà. “Io all’opposizione – rivendica però con orgoglio Pizzarotti, pensando alla sua pur breve, almeno per ora, carriera – non ci sono mai stato. E francamente l’idea di restarci a lungo non mi pare una grande opportunità. Questo governo tra Lega e M5s può durare qualche mese, o anche cinque anni: dipenderà da quanto saranno in grado di reggere alle contraddizioni interne. Ora siamo alla luna di miele e agli annunci: ma cosa fare di Alitalia? E dell’Ilva? E sulle infrastrutture come la troveranno un’intesa, Di Maio e Salvini?”. Si vedrà. E assieme alle sorti dell’esecutivo grilloleghista, si capiranno meglio anche le ambizioni di Pizzarotti.

 

“Il mio mandato da sindaco – garantisce lui – non lo interrompo”. Fino al 2022, dunque, se ne starà a Parma. E poi? “E poi non escludo nulla: se non sarò stanco della politica, mi metterò a disposizione”. Anche per la guida del fronte repubblicano? “E’ prematuro dirlo ora. Ma di una cosa sono convinto. E cioè che insieme al Pd vada archiviato anche l’istituto delle primarie, divenute ormai un modo per demandare ad altri la responsabilità di scelte che invece competono a una classe dirigente degna di questo nome, nonché una mossa che esaspera le conflittualità interne. A me piacciono i confronti franchi, anche aspri, che però poi facciano in modo che le leadership emergano spontaneamente”, dice Pizzarotti, prima di prendere congedo. Gli impegni in municipio lo richiamano a questioni più strettamente parmigiane. Che sono, almeno per ora, quelle che più gli stanno a cuore.

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