Camera dei deputati (foto LaPresse)

Forse è meglio il vitalizio che la tangente a posteriori

Giovanni Maddalena

Spendere qualche soldo per assicurarci che i parlamentari siano indipendenti e liberi nel giudizio non è grave, anzi è un’assicurazione

So che non sarà di moda dirlo, ma io i vitalizi li difenderei. Non li difenderei per motivi personali, visto che non ne prendo e non ho parenti o amici che li prendano. Non li difenderei neanche per motivi di fazione politica, perché non ho nulla di particolare contro questo governo, di cui sono curioso di vedere le mosse. Non li difenderei nemmeno per motivi legali o costituzionali che riguardino leggi di ora che cambiano patti stabiliti allora. Lo trovo discutibile, ma non li difenderei per questo. Li difenderei invece per ragioni di principio repubblicano. E le ragioni rimangono anche quando il taglio dei vitalizi arriva alla Camera già molto ridimensionato.

 

Il principio, infatti, è che i parlamentari devono essere nelle condizioni di non subire ricatti, di essere indipendenti nelle scelte, visto che si stanno occupando del bene di tutti. I cosiddetti “privilegi” erano in fondo pensati perché chi dovesse rappresentare tutti non fosse ricattabile né nel presente né nel futuro e che dunque tutti, anche i più poveri, potessero essere rappresentanti del popolo. L’avere lo stipendio alto, i privilegi di trattamento e la pensione futura, almeno in linea teorica, dovrebbe mettere il parlamentare – soprattutto quello non ricco - al sicuro dal ricatto di emolumenti di qualsiasi genere e tipo che potrebbero alterarne o corromperne il giudizio. Purtroppo, l’assenza di questo genere di “privilegi” ricrea il modello che funziona per il presidente degli Stati Uniti, che guadagna pochissimo rispetto alla responsabilità che porta, salvo poi ricevere negli anni successivi milioni per conferenze di 40 minuti (Clinton) o per libri autobiografici (Obama, lui e lei). Forse è meglio il vitalizio che la tangente a posteriori. Si dirà che in Italia i politici prendono gli uni e gli altri emolumenti, a priori e a posteriori. Ma il difetto delle persone o il loro malcostume non deve essere un motivo per buttare via il bambino dell’indipendenza con l’acqua sporca della corruzione.

Si dirà ancora che i politici diventino così una classe di privilegiati. Infatti, hanno il privilegio di rappresentarci e di essere scelti da noi cittadini per questo. Li abbiamo privilegiati noi. Spendere qualche soldo per assicurarci che siano indipendenti e liberi nel giudizio non è grave e, anzi, lo trovo un’assicurazione o, almeno, un tentativo di assicurazione della loro indipendenza. Sono gli onori e gli oneri di un lavoro di rappresentanza. Più che tagliare gli onori, troverei una legge che verificasse gli oneri, cioè il lavoro di contatto con i cittadini, la presentazione delle leggi, le presenze nelle commissioni e in aula. E magari renderei gratuita e obbligatoria la loro attività di formazione e informazione verso i cittadini, soprattutto quelli giovani, una volta che hanno terminato il loro servizio da parlamentari.

 

Poi, forse, tutto ciò rientra in un quadro di problematiche più generali sulla rappresentanza. Nel clima moralistico che si è instaurato da quasi trent’anni si vorrebbe un politico che non fosse politico di professione, che dalla politica non guadagnasse e che, allo stesso tempo, di rinuncia in rinuncia, fosse integerrimo, presente sul territorio, disponibile per i cittadini giorno e notte e, ovviamente, economicamente generoso. Forse è il caso di accettare che le due cose insieme non possono stare: se vogliamo che tutti possano essere rappresentanti e che questi ultimi svolgano un vero lavoro, lo stipendio deve essere adeguato, il futuro assicurato, e il lavoro – per quanto inusuale - deve essere pagato. Altrimenti ci si rassegni a un Parlamento fatto di ricchi e di disoccupati, di chi, per un motivo o per l’altro, perché ha troppo o troppo poco, ha poco o niente da perdere o da difendere. E' così che si crea la vera casta nobiliare da caricatura, sfaccendati che possono concepire la politica come hobby. Ma mi sembra sin troppo chiaro che non ce lo possiamo più permettere, che abbiamo bisogno di politici che lavorino e che siano pagati, di politici preparati all’arte difficile della politica, ossia di politici di professione.

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