Sasso, l'architetto olimpico di Appendino che rompe il M5s torinese
Chi ha visto il dossier a cui sta lavorando Sasso dice che non è altro che “uno scopiazzamento di quello del 2006”, considerato un abominio da gran parte dei grillini sabaudi
Roma. Spirito olimpico, certo. Ma che non amasse troppo il motto decoubertiniano per cui l’importante è solo partecipare, lo si era capito la notte del voto del 4 marzo. Anche lui lì, nel bar etnico del Cortile del Maglio, tradizionale luogo di ritrovo dei grillini torinesi, insieme allo stato maggiore del M5s sabaudo. Il leader regionale Davide Bono cercava di rincuorarlo, insieme a Laura Castelli, dicendogli che comunque aveva ottenuto un buon risultato. E invece niente, Alberto Sasso proprio non ce la faceva a sorridere: e anzi, man mano che lo spoglio dei voti dell’uninominale di Mirafiori, il collegio che un tempo era operaio dove lui era stato schierato, andava avanti, la cupezza dell’architetto quarantaseienne, tra una birra e l’altra, si faceva rabbiosa. Andò male: finì terzo, Sasso, e non avendo paracadute nei listini proporzionali dovette rinunciare al sogno di uno scranno alla Camera. Ma l’ozio durò poco, perché a distanza di una settimana venne arruolato da Chiara Appendino come “superconsulente” per progettare delle olimpiadi invernali, quelle del 2026, ecosostenibili. La sindaca lo conosceva, anche se non da molto. Le era stato presentato, qualche mese prima, come un amico di Beppe.
Imperiese di nascita ma torinese di adozione sin da quando era studente al Politecnico, quell’architetto esperto in efficientamento energetico aveva saputo affascinare Grillo – che non a caso lo invitò sul palco genovese del terzo V-Day, quello del 2013 – con le sue teorie sul recupero dei borghi montani e sulla costruzione di palazzi “passivi, ovvero a “energia quasi zero”. E insomma anche per questo Sasso era l’uomo giusto: quello, cioè, che poteva rendere meno clamorosa l’abiura sul No alle grandi opere e ai grandi eventi, da sempre dogma del grillismo più autentico. E non è un caso che, più o meno con la stessa funzione, era stato chiamato a dare una mano anche a Virginia Raggi, per una consulenza sul progetto dello stadio di Tor di Valle.
Sasso come Lanzalone, dunque? Il tecnico miracoloso venuto a sovrintendere alla spericolata retromarcia grillina? “Non scherziamo”, dicono a Torino nella squadra della sindaca, come a ribadire che i due sono di pasta ben diversa, e che mai la bocconiana di Palazzo civico accetterebbe ingerenze esterne come la collega romana. Sarà. Sta di fatto che, nell’ottica della Appendino, Sasso avrebbe dovuto rappresentare, tra le altre cose, proprio la garanzia di una candidatura olimpica a cinque stelle: con poco cemento e tante opere pubbliche. Un modo, del resto, per rasserenare gli animi agguerriti dei consiglieri comunali più intransigenti, che al solo sentirne parlare, di Torino 2026, montano sulle barricate. Ma se questo sarebbe dovuto essere il compito di Sasso, pare proprio che l’esperto di urbanistica green abbia fallito: almeno a giudicare dai dissidi sempre più feroci che lacerano l’unità del gruppo grillino in Sala Rossa. Dove proprio l’approccio della Appendino, che si è affidata completamente a Sasso senza coinvolgere per nulla i suoi consiglieri, ha portato al crearsi di un gruppo di dissidenti che ormai supera la dozzina. E d’altronde chi l’ha visto, il dossier a cui da ormai un mese Sasso lavora senza sosta, dice che non è altro che “uno scopiazzamento di quello del 2006”, considerato un abominio da gran parte dei grillini sabaudi, “con qualche idea bizzare in più”. Tipo le gare di sci di fondo al Parco del Valentino: trovata assai bislacca che pure la sindaca, accompagnata dal suo immancabile portavoce Luca Pasquaretta e, manco a dirlo, dal fido consulente Sasso, ha illustrato al leghista Giancarlo Giorgetti, sottosegretario con delega allo sport, martedì scorso nell’incontro a Palazzo Chigi. “Ma poi, per fortuna, anche lui – raccontano ora i consiglieri del M5s – ha capito che era una follia, innevare il Valentino, e quindi quella proposta l’ha tolta”. E’ accaduto mercoledì sera, durante il nuovo, teso, vertice di maggioranza al piano nobile di Palazzo civico: c’era anche Sasso, che però se n’è rimasto perlopiù silente, coi gomiti sul tavolo e la testa tra le mani quando non prendeva qualche appunto sul suo taccuino, mentre vedeva il suo dossier essere smontato, pezzo a pezzo, quasi per intero, dai bellicosi consiglieri. E’ intervenuto solo a fine, per dire, in sostanza, che terrà conto delle osservazioni fatte dal gruppo e delle istanze dei portavoce del M5s. “A dimostrazione che finora lo aveva fatto assai poco”, mugugnao i consiglieri grillini, già in attesa, dopo la tregua armata di mercoledì, della nuova, ennesima, resa dei conti di sabato, quando a Torino salirà anche Luigi Di Maio.
Equilibri istituzionali