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Il server lo mette Casaleggio, ma la linea la detta la Cgil

Claudio Cerasa

Perché dall’art. 18 all’Ilva allo “staff leasing” comanda la conservazione sindacale

Il server lo mette Casaleggio, la linea la detta Putin, le alleanze le suggerisce Orban, i vaccini li cura Salvini, ai congiuntivi ci bada Di Maio, al tasso alcolico ci pensa Grillo, per i complotti c’è la delega del Codacons, del buon senso se ne occupa Tria, agli affari ci pensa Lanzalone, alle nomine ci pensa Bugani, sulla luna vigilia Sibilia, sulla giustizia veglia Davigo, allo spread ci pensa Bagnai, del garantismo se ne occupa Travaglio, ai testi, a quanto pare, ci pensa la Cgil. Sono passati trenta giorni dall’incarico che Sergio Mattarella ha affidato all’elegante algoritmo scelto da Salvini e Di Maio per guidare il paese e in questi trenta giorni, tra incertezze, problemi, incoerenze, pasticci, carnevalate e diversi miliardi di capitali fuggiti dall’incredibile Italia gialloverde, c’è una costante che finora non ha mai abbandonato il governo guidato da Giuseppe Conte: la profonda, sincera, radicata e convinta sintonia con un mondo che in teoria dovrebbe essere schierato gagliardamente contro un esecutivo che sogna di superare per sempre i corpi intermedi del nostro paese.

 

Avete capito di cosa stiamo parlando. Stiamo parlando dei “testi”. Stiamo parlando della Cgil. Forse ci avrete fatto caso anche voi. Lega e Movimento 5 stelle decidono di eliminare la chiamata diretta dei docenti nelle scuole secondarie e la Cgil che cosa fa? Ovviamente esulta. Lega e Movimento 5 stelle decidono di dichiarare guerra alla legge Fornero e la Cgil che cosa fa? Ovviamente esulta. Lega e Movimento 5 stelle decidono di dichiarare guerra al Jobs Act e la Cgil che cosa fa? Lega e Movimento 5 stelle promettono di reintrodurre l’articolo 18 – cosa che il M5s ha già ottenuto a Roma con l’accordo integrativo sottoscritto da Acea con i sindacati – e la Cgil che cosa fa? Ovviamente esulta. Lega e Movimento 5 stelle dicono che sul caso Ilva non “faranno atti unilaterali” e che “qualsiasi decisione sarà presa insieme alle parti sociali” e la Cgil che cosa fa? Ovviamente esulta. Lega e Movimento 5 stelle promettono di puntare forte sulle leggi di iniziativa popolare e la Cgil che cosa fa? Ovviamente esulta. E ancora. Lega e Movimento 5 stelle decidono di dichiarare guerra alla delocalizzazioni e la Cgil che cosa fa? Ovviamente esulta. Lega e Movimento 5 stelle lasciano intendere che per il reddito di cittadinanza il governo seguirà un modello di applicazione non troppo diverso da quello suggerito anni fa dalla Cgil per i lavori socialmente utili e la Cgil che cosa fa? Ovviamente esulta. E infine Lega e Movimento 5 stelle promettono di rivedere la riforma Poletti del 2014 eliminando il cosiddetto “staff leasing” e che cosa si scopre (lo ha scoperto il nostro amico Giuliano Cazzola, leggete il suo intervento a pagina quattro)? Che la norma con cui si abolisce lo staff leasing è copiata parola per parola dall’articolo 50 della Carta dei diritti universali dei lavoratori proposto proprio dalla Cgil.

 

Si potrebbe dire che in fondo c'è poco da essere sorpresi considerando (dati Fondazione Giuseppe Di Vittorio) che il 4 marzo circa il 33 per cento degli iscritti alla Cgil ha votato per il Movimento 5 stelle e circa l’11 per cento per la Lega e si potrebbe aggiungere che non tutto quello che farà questo governo (pensiamo alla flat tax, se mai si farà) si trova in perfetta armonia con il sindacato di Susanna Camusso.

 

Tutto giusto. Ma con un unico appunto.

 

La ragione per cui il governo gialloverde spaventa molte imprese, impensierisce diversi imprenditori, terrorizza i mercati e suscita scetticismo tra coloro che ogni giorno devono decidere se vale la pena investire o no nel nostro paese non ha a che fare solo con un possibile pregiudizio ideologico e con una valutazione negativa del contratto firmato da Di Maio e Salvini. C’è qualcosa di più che emerge di giorno in giorno. Qualcosa che c’entra con la possibilità che il governo del cambiamento sia usato come un cavallo di Troia utile a rimettere al centro del paese le corporazioni alleate della restaurazione. Di fronte a un governo nemico dei corpi intermedi, che sogna di affamare la democrazia rappresentativa a colpi di referendum, di modelli Rousseau, di sorteggi, di lotta contro i vitalizi, coloro che fanno parte dei corpi intermedi dovrebbero combattere con tutte le proprie forze per denunciare la pericolosità di una maggioranza figlia del maoismo digitale. Qualcuno lo farà. Qualcuno ci proverà. Qualcuno una ribellione la tenterà. Ma la verità è che il principale sindacato del nostro paese non può permettersi di essere intollerante con gli intolleranti di governo perché il governo che non parla di produttività, di contrattazione aziendale, di avanzamento del piano Industria 4.0, di attrazione di investimenti e di capitali finanziari non è nemico dei sindacati ma è in realtà il governo della sottomissione sindacale. La Cgil esulta, l’Italia forse un po’ meno.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.