Due maschi caucasici alle prese col maschio populista, nel Foglio del lunedì

Michele Masneri e Andrea Minuz

Pubblichiamo un breve estratto dell’ampio saggio di Michele Masneri e Andrea Minuz sul maschio populista in uscita lunedì sul numero monografico del Foglio

Siamo qua, due maschi caucasici in una terrazza di proprietà a domandarci se in tutto questo trionfo dei populismi non ci sia anche un po’ di reazione alla lunga “crisi della mascolinità”, se insomma Trump che si misura il missile non c’entri qualcosa con Isoardi che stira, se il torso nudo di Putin in Siberia o quello di Salvini in piscina o l’intrepida nuotata di Grillo sullo stretto non vadano al di là delle schermaglie tra popolo e élite.

 

Occorre quindi addentrarsi nelle oscure fantasie del “maschio populista” (lo chiameremo così), nelle sue nuove e antichissime sfumature, nelle parate del virilismo di ritorno, del machismo violento e guerresco e razzista ma anche in quello metrosexual col ciuffo, nei territori del maschio alfa e del maschio da diporto, del maschio mammo, del bambinone, del supermaschio, ciao maschio! Il populismo come regolamento di conti tra i generi? Il populismo “gran rentrée” della virilità? Perché no. Lo diceva pure Steve Bannon, guru delle destre mondiali in gita da noi sotto le elezioni: “Sono affascinato da Mussolini, era così virile”. E a conferma, il bagno di folla, folla soprattutto muliebre, di Salvini, a Milano centro, qualche giorno fa e le urla delle sciùre: “Ma come sei bello, come sei bello!”. Naturalmente c’era già tutto in Gadda, in quel suo meraviglioso saggio-romanzo-invettiva “Eros e Priapo”: sembra un libro su Trump e Salvini, con tutto quel “credere che l’esser cafoni e beceri e villanzoni sia sintomo di virilità”.

 

Il miglior libro di sempre per capire il fascismo, scritto dal meno ufficialmente antifascista di tutti. Gadda trova subito la chiave: “una libido teatrale ha condotto l’Italia alla catastrofe”; l’Eros che spadroneggia sul Logos; tanta voglia di supermacho man, aggressivo, guerresco, torsuto; maschio bambinone col giubbotto Top Gun o la felpa; maschio col missile in giardino o la ruspa in garage. Un fenomeno globale come quello fascio-populistico: dalla “vulva-massa” gaddiana si sale alla “pancia del paese, oggi però pancia piatta, E’ addominale scolpito in palestra. Il populismo nell’epoca di Instagram. Però poi siamo sempre lì: “una netta retrogressione da quel notevole punto di sviluppo a cui la umanità era giunta verso la fine dell’epoca positivistica verso una fase involutiva, bugiarda, nata da imparaticci, da frasi fatte”. “Privi spesso d’ogni disciplina e d’ogni preparazione specifica, non essendo né marinai né ingegneri, né agricoltori né giuristi, né commercianti né medici, disadorni financo del misero addobbo d’un diplomuccio di scuola media, essi tentavano (...) di scavalcare (...) le persone preparate aventi sulle spalle anni di lavoro e sperimentato mestiere”. Però, rispetto ad allora, personaggi nuovi di zecca. C’è il premier metrosexual: Conte col suo ciuffo. Forse tinto, forse naso rifatto, come dicono i perfidi. E quanta acqua, e quanto fard è passato sotto i ponti dal 1994 quando si ebbe il primo premier narcisista. In quell’anno fatale non solo Berlusconi conquistava palazzo Chigi: Mark Simpson cambiava il mondo inventando il concetto appunto di metrosexual, cioè l’uomo ipernarciso. Sostenne che Obama era il primo presidente che era contemporaneamente il presidente e la sua first lady.

 

L’America si ritrovava così un presidente ben vestito, poliglotta, che “difende elegantemente il mondo libero dopo una seduta di ginnastica nella sua palestra personale”. Adesso invece, dopo il presidente-presidentessa, c’è un ritorno al presidente-alfa; con una first lady marginale, messa in ombra, con ruolo da valletta muta, fammi abbracciare una donna che stira cantando! E poi ci sono i mammi à la Dibba, e tanti altri (e se sostituissimo “Mamma” di Cesare Andrea Bixio al “Fratelli d’Italia” di Mameli?”. Ci vediamo lunedì).

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