Matteo Salvini (foto LaPresse)

Perché su immigrazione e sicurezza Salvini gioca con la percezione della realtà

Lorenzo Borga

I numeri dicono che la realtà è ben diversa da quella che immaginano gli italiani. Ma la nostra società sta cambiando e il ministro se ne è accorto prima di molti altri

Tra percezione e realtà. È un conflitto aperto quello tra il sentire comune e la realtà dei fatti e dei numeri. In particolare sui temi più divisivi, come l'immigrazione e la sicurezza. Non a caso sono questi i cavalli di battaglia di Matteo Salvini, che ha così abbandonato al loro destino i ben meno efficaci slogan sulla secessione della Padania e la lotta agli sprechi di “Roma ladrona”. Un comportamento da vero populista, secondo definizione, se a questo fenomeno associamo la tendenza a riempire la propria ideologia a seconda della scena politica ed economica del momento. Secondo il politologo inglese Paul Taggart, il populista è come un camaleonte: anche a costo di qualche contraddizione, può assumere colori differenti a seconda dell’ambiente che lo circonda, e della percezione.

 

Una strategia che sta pagando il neo-ministro dell’Interno, se è vero come mostrano i sondaggi che avrebbe quasi raddoppiato i voti della Lega dalle ultime elezioni. Seppure i numeri siano quasi tutti contro di lui. Il suo stesso ministero ha dimostrato che l’immigrazione non è un’emergenza: ogni giorno pubblica un “cruscotto informativo” con i dati giornalieri sugli sbarchi, calati ormai dell’80 per cento rispetto all’anno scorso e del 75 rispetto al 2016. Decine di migliaia di migranti in meno sono sbarcati sulle nostre coste, eppure sembriamo non accorgercene. La ragione è presto detta, riportata da altre percentuali, questa volta in forma di sondaggio: secondo una rilevazione Ipsos pubblicata dal Corriere della Sera, solo il 15 per cento degli italiani sarebbe a conoscenza dell’ordine di grandezza della riduzione. Per un quarto di loro invece gli sbarchi sarebbero addirittura aumentati, per un altro 25 per cento sarebbero rimasti stabili. Numeri che dimostrano anche la difficoltà del Partito democratico a comunicare e rivendicare questi risultati: la posizione critica di Matteo Orfini nei confronti dell’ex ministro dell’Interno Marco Minniti è tutt’altro che minoritaria.

 

La percezione si scontra con la realtà anche sul numero di stranieri presenti nel nostro paese: secondo una ricerca Ipsos, gli italiani credono che in media gli stranieri raggiungano il 26 per cento della popolazione totale. In realtà, fatti i calcoli, sono più o meno il 10. Tale percezione errata (più del doppio!) è un fenomeno diffuso in tutto il mondo, ma l’Italia è tra i paesi europei in cui la realtà è più distante.

 

La mancanza di corretta percezione della realtà è comune anche all’altro tema caldo: la sicurezza. E non è un caso. I due argomenti sono ben più legati di quanto non si tenda a pensare: nella mente delle persone il tema migratorio è infatti spesso associato a quello dell’insicurezza vissuta nella propria quotidianità, dovuta talvolta a elementi reali e a un sentire comune (infatti i reati calano ogni anno). Ricercandone i motivi non possiamo sottovalutare gli effetti legati ai cambiamenti epocali che la nostra società ha vissuto negli ultimi decenni: viviamo molto più a lungo (in Europa undici anni in più rispetto al 1960) e la condizione delle famiglie si sta trasformando. Più anziani significa spesso più persone sole. Secondo l'Istat il 47 per cento degli ultra 65enni vive senza qualcuno a cui chiedere aiuto o con cui discutere dei propri problemi personali. E ancora, dicono le statistiche, il sentimento di insicurezza aumenta di pari passi con l’età (oltre ad assumere valori tra i primi in Europa, secondo Eurostat). Un cambiamento demografico che richiederebbe maggiore aiuto da parte della struttura sociale più vicina agli individui: la famiglia. Un nucleo che è invece stato stravolto, con aspetti soprattutto positivi, dall’emancipazione delle donne (nel 1977 lavoravano una su tre, ora sono quasi il 50 per cento) e dalla divisione delle famiglie a causa di divorzi e separazioni. Fenomeni di lungo periodo di una portata tale da influenzare il senso di sicurezza, integrazione ed empatia dei cittadini.

 

Gli elettori percepiscono un senso di abbandono e di insicurezza che è legato più a chi incontrano per strada piuttosto che ai dati giornalieri sugli sbarchi. Si sentono rassicurati per una volante in più e un immigrato in meno: è da lì che si genera la loro percezione, per di più se i talk show continuano a raccontare l’immigrazione come un’emergenza, senza una verifica dei dati. Per questo la strategia di Matteo Salvini pare corretta: mostrare i muscoli, mettere in campo scelte forti e divisive - come la chiusura dei porti - continuare ad alimentare il dibattito con notizie e provvedimenti simbolici. Una scelta obbligata: i flussi, come scritto, sono in calo drastico e le misure fino a ora proposte non hanno trovato appoggio nell'Unione europea. Cambiare la percezione delle persone, più che la realtà in cui vivono. Finché saranno disposte a dargli retta.

Di più su questi argomenti: