Il futuro del paese dopo il decreto dignità
E’ ora di dire basta al “meglialtrismo”, la nuova maschera 4.0 del benaltrismo. Mettiamoci a lavoro per ricostruire quel pensiero felice che l'Italia ha smarrito
L’Italia è il paese della bellezza. Forse il più bello del mondo. Un paese fortissimo anche imprenditorialmente, ma anche un paese “Peter Pan”, un paese narciso che vola ma non vorrebbe mai crescere, per non perdere la spensieratezza di quella creativa incoscienza che è insieme la sua forza e la sua debolezza. Un paese che ha subito un trauma psicologico perché i quasi 10 anni di crisi gli hanno tarpato le ali, facendo svanire il suo “pensiero felice”.
Quello da Peter Pan che, qualunque cosa succedesse, gli permetteva di volare, nonostante fosse uno strano incrocio tra una lucciola luminescente (cultura e paesaggio), una libellula leggera (impresa e professioni) e un improbabile calabrone (burocrazia e debito pubblico).
Faccio subito ammenda: questo è il tema di fondo del mio nuovo libro “Rilanciare l’Italia facendo cose semplici” (Giacovelli Editore), che uscirà la prossima settimana. Un libro di squadra di Confassociazioni, con tanti protagonisti perché, per rilanciare il paese, serve un colpo di reni, un new deal, un nuovo orizzonte di cose semplici da fare per ritrovare quello che abbiamo perso durante la crisi: il nostro pensiero felice.
In quasi tutti i settori, infatti, abbiamo abdicato. Meglio la Silicon Valley, meglio l’ENA francese, meglio la capacità produttiva delle tigri asiatiche. Meglio, meglio, meglio. E’ ora di dire basta al “meglialtrismo”, la nuova maschera 4.0 del benaltrismo. E’ ora di recuperare le leadership culturali che abbiamo perso. Per trovare un senso durevole in un futuro in cui dovremmo essere quello che non siamo mai stati: azionisti e non obbligazionisti del Paese. Una vera e propria sfida di cambiamento. Un sfida complessa ma sincera. Investire e non chiedere. Donare e non ricattare. Essere e non avere.
Da molti anni, infatti, ci accontentiamo: un po’ di deficit e relativa sudditanza alla Ue, molta furbizia, troppa evasione, tanto nero, qualche riforma dettata dall’esterno, l’abbandono strategico del Sud, una pubblica amministrazione immeritocratica per inchiodarla in basso sul piano delle retribuzioni, l’epica del “piccolo è bello” anche se non troppo produttivo. Un mondo che ci ha tolto una parte importante della crescita e ha provocato tanti danni. Una grande nave che è andata alla deriva per troppo tempo.
E’ per questo che vogliamo essere accoglienti ma, nel contempo, consapevoli. La posizione ufficiale di Confassociazioni sul “decreto dignità” è quella di non giudicare a priori, ma di vedere concretamente gli effetti che produrrà. Bisogna essere chiari: è un decreto “omnibus” per cui è difficile separare le cose buone da quelle che sembrano meno attrattive.
Non stigmatizzare i provvedimenti meno aderenti alla nostra filosofia (ri-burocratizzazione del processo del lavoro con le causali e “diabolico” turnover dei lavoratori) rispetto a quelli più aderenti (lotta al precariato e alla penalizzazione dei professionisti generata dallo spilt payment). I temi sui quali lavorare sono tanti. E’ per questo che, oltre alla conoscenza, c’è bisogno della capacità manageriale di scegliere. Perché volare è bello ma atterrare è tutto.
E perché il vero problema manageriale del paese, nel lungo periodo, è sempre lo stesso: questo è un mondo dove bisogna fare rete ed esserci per parlarsi e confrontarsi. Da parte di tutti. Non più generazioni perdute ma generazioni indispensabili, di professionisti, manager, associazioni, imprese, lavoratori che portano avanti le proprie cause per la legalità e per i diritti. Il nuovo governo ha fretta (e lo capiamo perfettamente) ma gli ricordiamo che ancora non c’è stato spazio per questo. E la domanda successiva è: ci sarà in futuro? Perché il confronto, in questo mondo a rete, viene prima di tutto.
*Angelo Deiana è il presidente di Confassociazioni