Zanda ci spiega perché la democrazia rappresentativa è in pericolo
Questi sono contro il Parlamento. Ma “anche il Pd ha le sue responsabilità: abbiamo abolito il finanziamento pubblico”
Roma. “Questa legislatura non è iniziata bene”, dice al Foglio il senatore Luigi Zanda, già capogruppo del Pd a Palazzo Madama. “Da due mesi abbiamo le Camere afone, che procedono praticamente senza bussola, con sedute di nessun impegno, con un’attività parlamentare molto modesta, governo e maggioranza sono assenti. Contemporaneamente compaiono tanti indizi di una crisi molto seria della nostra democrazia. Il taglio dei vitalizi è solo un pezzo di un processo di delegittimazione della politica e, conseguentemente, dell’attività parlamentare”.
Anche il Pd, dice Zanda, “ha le sue responsabilità. Abbiamo abolito il finanziamento pubblico ai partiti, abbiamo levato persino quei minimi compensi che avevano il presidente del Consiglio e i ministri. Adesso tocca ai vitalizi, con un metodo che forse è più importante del contenuto. Invece di una legge, come nella passata legislatura, questa volta è intervenuto il Consiglio di presidenza della Camera. La ragione è semplice. Il taglio dei vitalizi è chiaramente incostituzionale, per la retroattività e per l’irragionevolezza della misura. Una legge sarebbe finita presto davanti alla Corte costituzionale. Con la delibera della Camera, invece, è più difficile. Viene usata l’autodichia, cioè l’autonomia del Parlamento, per introdurre misure incostituzionali e rendere difficile l’intervento della Corte”. “Dietro a tutto questo c’è una linea politica”, dice Zanda, “un progetto”. “La nostra democrazia ha molti limiti, ma i Cinque stelle e la Lega non hanno alcun interesse a correggere la lentezza dei tempi, la farraginosità dei meccanismi, il bicameralismo paritario, l’inadeguatezza nell’affrontare in modo tempestivo le questioni del nostro tempo. Anzi, i due partiti che oggi governano amplificano i problemi e non li correggono. Delegittimano la politica, il Parlamento, la P.A. e in qualche modo persino lo Stato di diritto. Anche la divisione dei poteri viene messa in discussione quando la Lega contesta la Cassazione”. Ma per Zanda è tutto normale, se stiamo alla logica di Lega e Cinque stelle: “Volendo archiviare la democrazia parlamentare rappresentativa, iniziano il lavoro delegittimandola”.
Quindi Cinque stelle e Lega pari sono? “Ci sono differenze, però vedo anche punti di contatto molto forti. L’amicizia con Putin e con i governi autoritari la rivendicano entrambi. La decisione, veramente incredibile, di delegare a un ministro la costruzione della Democrazia diretta l’hanno presa insieme. L’avanzamento verso un impero dei clic procede per tappe successive, senza mai rendere chiaro il progetto finale. Da qualche giorno non si parla più dell’abolizione della libertà di mandato che è stato uno dei temi più battuti in campagna elettorale. Rispunterà, basta aspettare”. Per Zanda la delegittimazione dell’attività parlamentare fa il paio con le picconate allo stato di diritto. “Questo polverone sulla legittima difesa è indicativo. C’è voglia di rinunciare a uno dei principi cardine dello Stato di diritto: solo lo Stato e le Forze dell’ordine possono usare legittimamente le armi. Anche la vicenda del cosiddetto decreto dignità – per inciso, dovremmo smetterla di dare nomi ipocriti alle leggi – è emblematica. Come hanno denunciato Inps e Confindustria: c’è una evidente preferenza a emanare provvedimenti iper demagogici, anche se questi incidono in modo molto negativo sullo stato sociale e producono disoccupazione. Tutto ciò rientra in un progetto ormai ben visibile: distruggere sin dalle radici la democrazia parlamentare”. La democrazia ha peraltro un costo, dice Zanda. Ma un conto è razionalizzarla, un altro indebolirne i principi. “L’obiettivo dovrebbe essere sempre quello di abbattere i costi della politica politicante e di proteggere invece i costi necessari per far funzionare la democrazia. Abbiamo un governo che si definisce di cambiamento, ma se il cambiamento consiste nella distruzione del nostro sistema di welfare e del sistema istituzionale che per 70 anni hanno garantito libertà e giustizia sociale, allora questo rischia piuttosto di diventare un governo illiberale della decrescita”.
Veniamo al Pd. E’ “ripartito” dalle periferie, da Tor Bella Monaca. E’ solo uno spot, un passerella? “Ogni volta che il Pd si riunisce, mostra attenzione e sensibilità ai problemi delle periferie, delle grandi città come a quelli del territorio indica una linea politica. Naturalmente andare a Tor Bella Monaca è soltanto la premessa. La grande questione è come tradurre quotidianamente la testimonianza in atti politici. Il tema è: come deve essere un partito di centrosinistra nel ventunesimo secolo, a chi si deve rivolgere, quali sono gli obiettivi, quale organizzazione deve avere, di quali dirigenti ha bisogno? Vede, noi abbiamo cercato, per un certo tempo, con qualche nostra iniziativa di portar via voti alla parte benpensante della destra italiana. Questo obiettivo era irrealizzabile e non è stato realizzato. Ci è costato la perdita di molti consensi sia a sinistra che al centro. Molti voti di quel 40 per cento alle elezioni europee sono andati all’astensione, ai Cinque stelle, qualcuno persino alla Lega. Oggi, la nostra priorità è riconquistare i voti degli elettori di centrosinistra e di sinistra che se ne sono andati”. Adesso il Pd deve decidere “qual è il suo pensiero politico. Qui bisogna scegliere. E’ chiaro che il nostro obiettivo deve essere ridurre le diseguaglianze, aumentare la protezione dei giovani, e la sicurezza del paese. Ci sono due grandi strade per affrontare questi problemi. Una è intervenire con provvedimenti tampone, un’altra strada è impostare politiche di medio lungo periodo, che durino e diano sicurezza. L’Italia in questo momento ha bisogno programmi di grande durata. Penso che il nostro pensiero si dovrebbe rivolgere a come rafforzare l’Europa, a come intervenire sulla scuola, a come sviluppare la ricerca scientifica. Il nostro investimento deve crescere di continuo. Gli investimenti sulla ricerca scientifica possono fare ricco un paese come l’Italia. Il nostro futuro è molto legato alla capacità che avremo di incidere in queste grandi questioni: l’Europa, la scuola, la ricerca. E’ così che si aiutano i giovani”.
Ma quanto durerà questo esecutivo? Secondo Zanda, i nodi del governo “stanno venendo progressivamente al pettine. Bisogna aspettare la legge di bilancio e vedere che cosa succederà, se vince la tendenza alle mani bucate di Salvini e Di Maio o se vince la linea economica responsabile di Tria. Però è chiaro che la competizione tra Lega e 5 stelle è destinata ad aumentare, non a diminuire. Conte? Non conta. Queste prospettive rendono urgente un assetto definitivo del Pd. Il Pd deve celebrare presto il suo congresso per ritrovare stabilità. Farlo dopo le Europee sarebbe un errore grave. Penso che il mese giusto sia febbraio 2019”.