Chiara Gribaudo (foto Imagoeconomica)

Gribaudo ci spiega perché Di Maio sul lavoro dice stupidaggini

David Allegranti

Per la la neo-responsabile lavoro del Pd bisogna estendere il reddito di inclusione e puntare sulla formazione permanente

Roma. Chiara Gribaudo, neo-responsabile lavoro nella segreteria di Maurizio Martina, non è del giro Leopolda e lo rivendica (“Io facevo il Pd in provincia di Cuneo”) e nel 2013, quando il suo partito votò per abolire il finanziamento pubblico, uscì dall’aula in segno di disaccordo “e lo dissi all’allora capogruppo Roberto Speranza, che mi pareva avesse le idee confuse sul tema”. Era anche lei a Tor Bella Monaca insieme agli altri membri della segreteria, mercoledì scorso. “Nel circolo del Pd di ‘Tor Bella’ – dice la deputata al Foglio – c’ero già stata due volte, non a fare passerelle ma a pulire, nelle giornate delle magliette gialle, e poi a un’altra iniziativa. Era uno dei circoli peggiori, ai tempi della relazione di Fabrizio Barca sullo stato di salute del Pd a Roma, poi fu commissariato ed è ripartito. Adesso nel circolo ci sono energie fresche come Nella e altri giovani che si stanno dando da fare. Queste persone andrebbero valorizzate. La scelta è stata di andare in un presidio della cultura (la libreria Le Torri, ndr). Va bene così, anche se io avrei privilegiato la sede del partito. E’ comunque un segnale. Naturalmente non deve essere un semplice passaggio”.

 

Ancora non sa con chi si schiererà al congresso del Pd, “prima è importante rimettere al centro del dibattito i contenuti. A me non appassiona la discussione sui nomi di chi farà il prossimo segretario del Pd, mi interessa sapere qual è la linea del partito. Vorrei che si facesse chiarezza su quali sono le nostre posizioni. La discussione deve essere unitaria sì ma deve essere anche di confronto vero sulle questioni. Penso ai temi del lavoro”. L’azione che è stata intrapresa in questi anni dal governo e dal partito “non va smontata. Tutte le leggi e tutte le riforme sono migliorabili ma ci sono anche elementi su cui ci vorrebbe maggior oggettività e meno speculazione pseudo-ideologica. Prendiamo il cosiddetto decreto dignità. E’ stata usata una parola troppo importante per un decreto che francamente non merita questa parola: è tutta propaganda. Molti non avranno il proprio contratto di lavoro rinnovato e quindi si passerà da un contratto a termine al niente. Aumenterà il lavoro nero e non ci sarà una maggiore stabilizzazione. I contratti a termine saranno ridotti ma non ci sarà un incentivo per l’assunzione al lavoro stabile. Insomma, dicono stupidaggini. Come Luigi Di Maio sulla Naspi. Ha detto che saranno risparmiati 65 milioni di euro, non si capisce sulla base di quali stime, che verranno destinati a incentivi per le assunzioni stabili. Se anche fosse vero, 65 milioni sono una cifra ridicola. Dal Jobs act fino all’ultima legge di bilancio abbiamo speso miliardi per cercare di far ripartire l’occupazione nel nostro paese. Nell’ultima legge di bilancio io avevo chiesto di ridurre il tempo determinato, ma c’erano gli incentivi per le assunzioni stabili: circa 300 milioni per assumere i giovani a tempo indeterminato”.

 

Insomma, serve un po’ di serietà quando si parla di lavoro, dice Gribaudo. “Se dovessi pensare a qual è oggi la battaglia da fare, direi che il nuovo articolo 18 – in un mondo in cui il posto fisso non esiste più – è la formazione permanente per i lavoratori giovani e meno giovani, in modo da dare un’opportunità a chi rimane disoccupato di avere un periodo di formazione, magari riconosciuto anche come periodo contributivo. Sarebbe un modo per inserirsi di nuovo nel mercato del lavoro. Io credo nell’emancipazione, non nei redditi di cittadinanza, al quale sono completamente contraria”. Certo, “comprendo il disagio e capisco che possa sembrare una risposta facile a chi è in difficoltà, e le difficoltà sappiamo che ci sono. Però ho trovato sgradevoli le ironie su chi il giorno dopo le elezioni andava a cercare il reddito di cittadinanza. Quelle persone soffrono un disagio vero, anzi, bisogna farsi carico paure senso di insicurezza che c’è in gran parte della popolazione”. Per questo il Pd ha le sue proposte, dice Gribaudo.

 

L’estensione del reddito di inclusione sociale, il Rei, che non è un semplice sussidio ma uno strumento in più per chi perde il lavoro. Non sono solo soldi in tasca ma un’occasione per il reinserimento nella comunità lavorativa. A differenza del reddito di cittadinanza affronta il disagio sociale e non solo la disoccupazione. Un altro obiettivo è il salario minimo, sul quale chiediamo di aprire una discussione. Per questo come primo atto della segreteria, oltre ad andare a Tor Bella Monaca, ci siamo confrontati con le parti sociali. Io non rinuncio a discutere anche con chi ha posizioni diverse”. In Italia, aggiunge la deputata, “c’è un problema di povertà dei salari, che non si affronta solo con il sostegno al reddito e non solo con gli sgravi. Proviamo a ridare forza e centralità alla contrattazione collettiva; forza vera, non al ribasso, con una legittimità più forte dei sindacati e con tutele moderne ed efficaci. Non facciamo finta di non sapere che in Italia ci sono persone che guadagnano molto poco rispetto alla mansione che fanno. Noi, come Pd, evidentemente ci dobbiamo riattrezzare rispetto alla grammatica del nostro tempo”.

  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.