Il ministro dell'Economia Giovanni Tria (foto LaPresse)

“Tria ha ragione: rispettiamo i vincoli dell'Ue”. Parla Pesco (M5s)

Valerio Valentini

“Bisogna rispettare quello che ci dice l’Europa in termini di deficit”, dice il presidente grillino della commissione Bilancio al Senato

Roma. La sua dichiarazione d’appartenenza, Daniele Pesco la fa subito. “Io, quando si parla di conti pubblici, sono un seguace di Giovanni Tria”. E certo sa un po’ di anomalo, questa scelta di schierarsi così apertamente dalla parte del ministro dell’Economia, in giorni in cui le tensioni tra i leader del governo gialloverde e il titolare di Via XX Settembre continuano ad accumularsi. E invece, quasi dissimulando indifferenza al contesto, il presidente grillino della commissione Bilancio al Senato, spiega che “bisogna rispettare quanto più possibile quello che ci dice l’Europa in termini di bilancio dello stato, per fare capire ai nostri interlocutori stranieri e alle autorità di vigilanza internazionali che intendiamo fare le cose con serietà”. Resta risoluto, Pesco, anche quando gli si fa notare che questa sua convinzione apparirà agli occhi di molti suoi colleghi della maggioranza come una sorta di abiura. Non a caso, nelle stesse ore in cui Tria, dall’Argentina, ribadisce che il programma di governo sarà applicato “entro i limiti delle compatibilità di bilancio”, Matteo Salvini rilancia sulla necessità di forzare la mano ai tecnici europei.

  

Pesco, ingegnere civile nato a Monza nel 1973, non si scompone: “Quelli del ministero dell’Interno – dice – sono toni troppo accesi, che forse in questo momento andrebbero quantomeno limitati”. Ma in fondo anche a una parte dei suoi colleghi del M5s sembra rivolgersi Pesco quando afferma che, “al di là della propaganda elettorale, lo sappiamo tutti benissimo che le risorse sono assai limitate, e quindi non è che possiamo fare grandi cose”. Stare coi piedi per terra, insomma. “Dobbiamo fare di tutto per attuare quanto abbiamo inserito nel contratto, ma dobbiamo anche cercare di rispettare al massimo quello che ci chiede l’Europa, anche perché non è molto distante da ciò che abbiamo approvato nella risoluzione parlamentare d’impegno sul Def”. Inutile, quindi, pretendere chissà cosa dalla prossima legge di bilancio. “Speriamo sia una manovra coraggiosa, di cambiamento, ma nel pieno rispetto dei vincoli di bilancio. Dovrà indicare una direzione nuova, ecco”.

 

Tradotto? “Dovremo utilizzare quel poco di risorse disponibili per avviare alcune delle cose che abbiamo scritto sul programma”. Flat tax e reddito di cittadinanza, insieme, costano uno sproposito. “Ma non si potrà certo fare tutto e subito. Partiamo dalle cose basilari, e cioè da un lato abbassando un po’ le tasse, e dall’altro destinando due miliardi ai centri per l’impiego, così da renderli più efficienti in vista della futura effettiva erogazione del reddito di cittadinanza”. E a Bruxelles? “Bisognerà andarci con l’idea di ottenere qualche concessione. “Già escludere gli investimenti dal computo del rapporto tra deficit e pil sarebbe già un bel passo avanti”. Salvini lo dà per fatto, ma non è affatto scontato. “No, certo. Bisognerà trattare. E intanto, dobbiamo dare una svolta su altri settori, dalla tutela dei risparmiatori alle riforme della giustizia. Tutte cose che si possono fare a costo zero”.

  

Una critica a Tria, però, alla fine neppure Pesco si esime dal farla. “Dobbiamo evitare – spiega – di dilapidare le risorse pubbliche attraverso un uso improprio delle Gacs, le garanzie pubbliche sulle cartolarizzazioni”. Antico impegno, questo, del senatore del M5s, che già nella scorsa legislatura lo aveva portato a schierarsi contro Pier Carlo Padoan. “Rispetto al quale, al meno su questo punto, una netta discontinuità è necessaria”, insiste Pesco. “Penso che tutti abbiano in mente quanto successo negli Stati Uniti con i mutui subprime: è giusto che lo stato garantisca certe obbligazioni, così da agevolare le banche nella dismissione delle sofferenze, ma non si può non tenere conto di come spesso i giudizi delle agenzie di rating, su queste obbligazioni, siano alquanto sospetti, come nei casi delle banche Creval e popolare di Bari dove la garanzia dello stato copre quasi il 90 per cento del rischio di impresa delle società veicolo”.

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