Agli onorevoli grillini piace lavorare con lentezza

Valerio Valentini

Fico invoca la centralità del Parlamento, ma le commissioni sono ancora bloccate. Tensioni nel M5s: urlavano contro lo strapotere dell’esecutivo. Ora lo subiscono

Roma. Qualche risata, tra i leghisti, è scattata spontanea. “Be’ – dice chi c’era – se tu ci vieni a parlare della centralità delle Camere, mentre il tuo capo spiega che il Parlamento è inutile, fa sorridere”. Il tu in questione è Roberto Fico, il presidente della Camera che ieri, nella stanza accanto al suo studio, ha riunito i presidenti delle commissioni di Montecitorio, e ha dato garanzia che, d’ora in poi, il numero dei decreti governativi diminuirà, e che tutto il suo impegno sarà profuso, oltre che per trasformare la Camera in un luogo “plastic free”, per garantire una “legislazione di alta qualità”. 

   

E insomma un po’ di disagio, da parte dei Cinque stelle presenti, era inevitabile. E non solo perché le previsioni allucinate di Davide Casaleggio sul futuro della democrazia avevano imbarazzato non poco i portavoce del M5s – del resto l’incontro di ieri era in programma già da giovedì scorso –, ma anche perché il tema della centralità del Parlamento, nella pattuglia grillina, è di quelli assai sentiti, in queste settimane di sonnecchiante inerzia a Montecitorio e Palazzo Madama. E certo, ci sono i casi più eclatanti: c’è Luigi Di Maio che riferisce sull’Ilva a un’Aula vuota; c’è il deputato “testimonial” grillino che si è fatto eleggere ma poi la politica preferisce farla in barca a vela. Ma c’è anche, malcelata, la frustrazione di molti portavoce che si vedono relegati in una sostanziale irrilevanza. Al punto che un senatore grillino, tra i meno entusiasti del nuovo corso filoleghista del Movimento, quando gli si chiede a cosa esattamente si riferisca quando parla di “stallo”, estrae il suo tablet e comincia ad aprire le pagine relative alle varie commissioni di Palazzo Madama. “Vediamo – chiede – quanti sono i disegni di legge proposti dai nostri e già assegnati?”. Nessuno in Esteri e Difesa, nessuno in Cultura e Lavori pubblici, nessuno in Sanità e Lavoro.

   

Neppure alla Camera, in verità, i lavori fervono (eccezion fatta per la commissione Ambiente, dove Vignaroli e Daga sono assai operosi). E anzi qui, a quanto raccontano i deputati più delusi, sarebbe stato fatto arrivare perfino l’ordine di procedere con cautela, anche con interrogazioni e interpellanze ai ministri. “Il punto – spiega un deputato grillino – è che al momento non ci sono spazi di manovra. Il governo sta ancora cercando i suoi equilibri, e i leader temono che l’attivismo dei rispettivi gruppi parlamentari possano comprometterli”. Tanto più, poi, che “sui territori noi e la Lega rimaniamo in feroce contrapposizione, e va da sé che interrogazioni su questioni che riguardano quelle aree, dal Veneto al Lazio passando per la Toscana e l’Emilia, causano un cortocircuito”. Dunque, nell’attesa di definire meglio i rapporti di forza nell’esecutivo, meglio pazientare. “Le proposte di legge sono in fase di deposito, o devono solo essere assegnate”, precisano, con l’aria di chi intende sminuire, ai piani alti del Movimento. “E poi, del resto, per ora ci sono i decreti”, aggiungono. Il che, evidentemente, suona un po’ bizzarro, a sentirselo dire da chi, per anni, ha strillato contro la “deriva autoritaria” e “lo scandalo della decretazione d’urgenza” a ogni provvedimento emanato dal governo, e ora si ritrova invece a dovere giustificare la (ormai) consueta sudditanza delle Camere nei confronti del governo. Che d’altronde, come tutti i governi, non ha troppa voglia di assecondare gli umori e le lungaggini dell’Aula.

  

Lo si è visto anche ieri: quando, con una procedura del tutto insolita, il Consiglio dei ministri ha licenziato, a luglio, quel decreto milleproroghe che di solito viene emanato a fine anno. “Ma non è un milleproroghe: c’erano solo delle proroghe che scadevano ora”, s’affretta a correggere, con rigore, Riccardo Fraccaro. “Casi analoghi ci sono stati anche nel 2008 e nel 2012, non è un’anomalia”, spiegano dallo staff di Giuseppe Conte. Anche se, in Transatlantico, tra leghisti e grillini sono parecchie le voci di chi ammette che sì, “ci si è concentrati forse un po’ troppo su nomine e poltrone, e le scadenze urgenti si sono accumulate”. Ma in verità anche su quelle ci sono ritardi. Le deleghe nei vari dicasteri non sono state ancora assegnate. Si è lamentato Lorenzo Fioramonti, distaccato al Miur, su Repubblica, e lo fa anche, col Foglio, Manlio Di Stefano: “Io ho chiesto di occuparmi di Maghreb, medio oriente e migrazioni; ma il ministro Moavero è sempre in viaggio, e finché non c’è lui resta tutto un po’ sospeso”.

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