Putiniani e antieuropei. Ma lo sdegno è sprecato
Quelli che la pensano come Foa ci sono: la battaglia politica ci sta eccome, non però in una logica di sputtanamento ostracistico. Il necessario no del Cav
Un cerchio si sta chiudendo. Politico e retorico. Come avevamo facilmente previsto prima che partisse, l’offensiva sui porti e i respingimenti del Ministro dell’Interno sta riscuotendo un successo di stima nei sondaggi e di efficienza. Una bella inchiesta di bordo di Lorenzo Cremonesi nel Corriere, una notte su una fregata militare intorno alle acque libiche dell’immigrazione traghettata tra le tragedie e gli eroismi dei salvauomini-donne-vecchi-bambini, dimostra che Salvini il Truce ha tratto profitto dal più misurato Minniti e dalle sue politiche: infatti da parecchi mesi, parecchi mesi, nel mare si diradano, fino a una virtuale scomparsa, i barconi, e ora anche le navi di soccorso, i radar per una notte di luna bella e piena, invitante per scafisti e immigrati in teoria, vedono tutto buio, qualche imbarcazione sospetta, qualche peschereccio, nient’altro.
E’ la lezione di Trump applicata al potere nuovo italiano. Con Obama la crescita non era massiccia ma c’era, il debito era meglio sorvegliato ma per gli americani reaganiani d’istinto il debito non è un vero problema (“è abbastanza grande per badare a sé stesso”), e la disoccupazione era giù, ai limiti del pieno impiego, come adesso. Però la retorica trumpiana e la sua gesticolazione fuori dagli schemi e dalle buone maniere, e il taglio benedetto delle tasse, hanno irrobustito i risultati, e ora a forza di muri che ci sono e non ci sono, dazi che ci sono e non ci sono, l’Arancione, un Truce anche lui, può vantarsi del favoloso, miracoloso, storico 4,1 per cento di crescita del trimestre.
Lo stesso per il nostro viminalizio leghista: potrà vantarsi del suo e del non-suo, ma il “suo” ha una forza simbolica per l’opinione infinitamente più grande delle politiche efficienti e “normali”, eurocompatibili e umanitariamente discusse ma non così fragorose nella negazione del diritto del mare alla salvezza delle vite. L’emergenza immigrati era finita prima di Salvini, ma è Salvini che incasserà, specie se saprà darsi una regolata e rientrare nel giro di politiche meno incompatibili con gli assetti europei che contano (meno Visegrad, che poi le quote non le vogliono proprio, e più attenzione a Bruxelles). Brett Stephens consiglia ai democratici, in sequenza: non polemizzate con la crescita al 4,1 per cento, non masticate amaro, non mugugnate quando per il popolo splende il sole, se non volete che la gente pensi “quelli guadagnano abbastanza per fottersene dei nostri redditi” e posti di lavoro, altrimenti tutte le debolezze del trumpismo si bruceranno al calore dei successi contro i quali le élite democratiche e i nuovi radicali socialisti in voga scateneranno invano la “caccia alle streghe”.
Avremo questo problema anche in Italia, con la strana alleanza e becera che ci governa. Faccio ora un esempio di altra natura. Marcello Foa non lo conosco, ho letto qualcosa di lui e su di lui, mi sembra politicamente un imbroglione, come il suo amico Bannon e i suoi amichetti del mondo putiniano in Europa, ma sconsiglio di trattarlo, in quanto candidato presidente della Rai di Salvini e titolare della rivoluzione culturale predicata da Di Maio, con toni sdegnati. E’ putiniano, un po’ complottista, antieuropeo e antimattarelliano: embè? Voglio dire: prendere a schiaffi verbali il maoismo ridicolo di Giggino va bene, specie quando qualifica di raccomandati e parassiti tutti coloro che sono stati assunti e nominati con gli stessi metodi del “contratto”, in passato, ma essere putiniano non è un reato né un motivo di ostracismo, vorrei vedere.
Non siamo nell’America anni Cinquanta, quando venivano combattuti spesso con mezzi estremi e costituzionalmente orripilanti i comunisti amici dell’Unione Sovietica raccontati da Philip Roth nel bellissimo “Ho sposato un comunista” o gli altri capi del partito comunista di cui ci parla il libro notevole sugli “amori comunisti” della comunista Luciana Castellina: negare a un tizio con un cv normale la qualifica di legittimità per via delle sue opinioni confidate a Russia Today, l’organo dei putinisti nella Ue, sarebbe più che un errore di gusto, una indicibile arroganza. Quelli che la pensano come Foa o Sangiuliano ci sono, e probabilmente finiranno arruolati in posti di responsabilità nell’informazione: una battaglia politica contro questo ceto di professionisti del contratto ci sta eccome, ma non in una logica di sputtanamento ostracistico delle loro idee e pratiche, con attenzione a quanto è borderline, ma senza esagerare in senso schedatorio e censorio, ovvio. Ho letto di gente molto a punto che se la prende con loro perché non si riconoscono nella vulgata europeista occidentale e liberale; e vabbè, bisogna starci, saranno anche complottisti e politicamente imbroglioni, ma fanno parte del panorama di legittimità di cui tutti dovremmo essere parte, almeno finché non introducano, ma è da vedere, faziosità e fake e dispetto per la verità nel loro lavoro pagato da tutti.
Detto questo, credo che Berlusconi lo sappia, è solo da vedere come calcolerà la sua convenienza: se fa saltare la nomina di Foa, per ragioni eminentemente politiche e non di legittimità, il suo teorico braccio di ferro con il curioso alleato e antagonista che nel centrodestra è di casa come nel contratto, il pigliatutto Salvini, avrà un minimo di credibilità, sennò, se vota Foa in cambio di piccole contropartite, ha chiuso definitivamente e ogni sua alzata di ingegno ormai non sarà che una velleità.