Matteo Salvini (foto LaPresse)

L'emergenza è Salvini al Viminale

Giuliano Ferrara

Usare un linguaggio razzista per diffondere poveri e indecenti concetti allo scopo di fomentare e usare le paure fa di Salvini un ministro pericoloso ma non fa dell’Italia un paese razzista. Il Truce e le nuove parole del consenso

Il Truce è un razzista, uno xenofobo attivo, e un furbo fesso. Di tutto questo ha scarsa contezza. Il demagogo giovane, inesperto, e questo entro certi termini vale anche per il suo vice socio, non sa distinguere tra la funzione pubblica in materia di sicurezza e di governo e il putridume del linguaggio privato, occasionale, mefitico e ribaldo, che colpisce chi ha un altro colore della pelle e labbra spesse o una fisionomia forastica e un accento pesante e spesso di una sonorità ridicola all’orecchio bianco e nativo. E’ razzista quando dice: “Il razzismo non c’è, ma gli immigrati delinquono”, come se non sapesse che certi reati di strada e di forte allarme sociale da sempre sono principalmente appannaggio dei miserabili, e certo nella scala dell’integrazione sociale e del benessere la “pacchia” degli immigrati in Italia è assai relativa, che un terzo dei reati di strada sia ascrivibile a gente disintegrata che viene da fuori può stupire, appunto, solo un fesso. E’ razzista quando si volta dall’altra parte, o giù di lì, di fronte a un suo fan che spara ai neri a Macerata, all’impazzata, credendo di vendicare una povera ragazza finita male, tragicamente, e divenuta simbolo della “violenza dei nigeriani”, dei neri. Bossi raccontava barzellette sui bingo bongo, sfruculiava il razzismo e la xenofobia domestica nella forma del nativismo, che è un male capace di infettare qualunque popolo o sezione di popolo, è una postura d’insolenza e di violenza verbale, e nel privatissimo di una battuta di cui si vergogna Berlusconi non ci è andato piano nel commento su una fidanzata di Balotelli. Ma i due avevano altro per la testa, la libertà dallo stato fiscale e magari il federalismo o l’invenzione di una nazione mai vista, la fumettistica e ambigua Padania.

 

 

Nella testa del Truce, al contrario, alligna l’invenzione di un popolo che non vuole convivere con la realtà, che vuole respingere, espellere, magari impallinare, dare la caccia a quelli che non sono confortevolmente italiani e bianchi. E quando queste invenzioni diventano oratoria politica di uno che ha successo, che ha chiesto e ottenuto un certo consenso, e ora che è al governo vuole moltiplicarlo con questi mezzi, sono guai. La mia impressione è sempre stata, a leggiucchiare di storia e cultura, che noi non c’entriamo gran che con il razzismo biologico nel senso in cui l’espressione può essere usata in Europa per i polacchi, per i tedeschi, per gli austriaci e in parte per la Francia cosiddetta de souche, del profondo, o per i nordamericani del sud, in particolare, eredi di una civilizzazione fondata sulle pratiche della schiavitù e poi di lunghi anni di segregazione. Però abbiamo avuto le leggi razziali, e una condiscendenza diffusa, anche culturale, verso le radici intellettualmente pietose e moralmente rancide del razzismo e dell’antisemitismo. Secondo me, in materia di razza, se esista poi la questione, e di nativismo, il popolo in Italia si farebbe volentieri i fatti suoi, può sbertucciare, irritarsi, maramaldeggiare sugli zingari, ma dare fuori di matto, perseguitare e imporre soluzioni di forza aberranti, non mi pare il tratto dell’arcitaliano. E’ il tratto possibile delle sue classi dirigenti quando del popolo fanno l’uso alla Truce. Da noi mancano principi universalistici saldi, non siamo un posto da dichiarazioni dei diritti dell’uomo e del cittadino, l’esecuzione del Duce non ebbe nulla del martirio regicida, niente della sua solennità cupa, della sua inevitabilità tragica, fu una vendetta, un reato di strada per così dire. Siamo brava gente, anche molto cattiva, che ha saputo fare buon uso del proprio cinismo, di una assoluta mancanza di idealismo, di una mollezza di princìpi che affascina e stuzzica i viaggiatori del bel paese, anche brutto quando vuole, da che mondo è mondo. Il razzismo come tragedia moderna ci sarebbe virtualmente estraneo.

 

Dispersi e senza Patria, quando qualcuno se la inventa a nostro nome, e chiama miticamente alle armi con discorsi che coincidono con fatti orrendi di spregio sociale e razziale, lì comincia a manifestarsi però un vero problema. Non so se ci sia un’emergenza razzismo, certo il Truce può stare sicuro. Se continuerà a usare quel linguaggio e a diffondere quei poveri e indecenti concetti allo scopo di fomentare e usare le paure, sarà sempre più e meglio seguito. Il che è un’emergenza: l’emergenza Salvini al Viminale.

Di più su questi argomenti:
  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.