Affaire Dreyfus 2.0: il caso dello studente messo alla gogna da Casaleggio
Usato, sacrificato, denunciato e indagato. Storia dell’hacker buono Luigi Gubello (Evariste Galois) e delle bugie del M5s
Roma. “Il giustizialismo è un’aberrazione” ha detto recentemente Davide Casaleggio. E la storia che andiamo a raccontare lo conferma. Con una modifica sostanziale, sempre la stessa quando si parla della galassia movimentista: che è un inganno, una grande balla. Questa è la storia del primo capro espiatorio digitale, il Dreyfus 2.0, al secolo Luigi Gubello, anni 27, studente di matematica. Anzi white hat, cappello bianco, definito hacker etico, uno di quelli che testano la sicurezza dei servizi in rete e quando trovano aperta la porta della vostra casa virtuale vi avvertono, segnalano il problema.
Esattamente un anno fa Gubello si accorge che la piattaforma Rousseau è un colabrodo, basta poco per saccheggiare il database grillino e magari cambiare i voti e il senso della meravigliosa democrazia diretta targata Casaleggio. Gubello informa subito il vertice di Via Morone 6, il mitico “staff”. E per la prima volta oggi possiamo vedere questo carteggio, che da qualche settimana è finito alla procura di Milano, nell’inchiesta che vede lo studente veneto indagato per accesso abusivo in un sistema informatico, un reato che prevede una pena fino a 3 anni di carcere.
Si tratta di cinque mail che raccontano una storia completamente diversa da come è stata rappresentata da Casaleggio – e dai vertici del Movimento 5 stelle – ai magistrati e all’opinione pubblica. E’ il primo pomeriggio del 31 luglio 2017 quando Gubello, che in rete si fa chiamare Evariste Galois (genio sfortunato della matematica nella Francia dell’Ottocento), scrive al quartier generale dello staff di Rousseau: “Nel sito rousseau.movimento5stelle.it è presente un parametro vulnerabile... si riesce ad effettuare l’accesso a tutti i vostri database...”, avverte. E aggiunge che quando le falle di Rousseau saranno chiuse solo allora rivelerà la vicenda, per trasparenza e rispetto degli utenti.
Insomma quale ladro avvertirebbe una futura vittima dei suoi progetti criminali? Nessuno. Il due agosto Evariste rende nota la vulnerabilità di Rousseau, il problema segnalato era stato risolto dagli informatici di Casaleggio: nessuno gli aveva chiesto di non rendere nota la vicenda.
Ma nel mondo meraviglioso a cinque stelle, dove tutti sono esperti di rete e informatica in nome dell’onestà tutto finisce per essere capovolto. E così dopo pochi giorni Gubello finisce sul banco degli accusati. Da chi? Proprio da Rousseau. In quelle stesse ore, tra il 2 e 3 agosto, aveva fatto capolino sulla rete l’hacker noto con il nickname di Rogue_0. Ma la sua azione era molto diversa da quella di Evariste: Rogue_0 sosteneva (e lo provava) di essersi intrufolato nel sistema e di aver trafugato i dati e modificato parametri. L’hacker buono e quello cattivo, insomma.
La figuraccia di Casaleggio è planetaria: poche ore prima aveva magnificato Rousseau di fronte alla stampa estera e ora veniva trattato su tutti i media come uno sprovveduto incapace di mettere al sicuro i dati dei suoi iscritti. Il 7 agosto Evariste viene vestito da “criminale” sul blog del Movimento: l’Associazione Rousseau, e quindi Davide Casaleggio, lo ha denunciato. Partono le indagini e tra gennaio e febbraio 2018 la polizia postale scopre la sua vera identità.
Intanto il Garante della Privacy indaga sulla vulnerabilità di Rousseau, su come vengono gestiti i dati. E scattano le reprimende e le multe. Il Garante, pur non citando mai Gubello, accende un faro sulle stesse questioni sollevate dallo studente. Alla notizia che Evariste è stato scoperto, Luigi Di Maio dichiara, “e adesso vogliamo i mandanti...”. Ma è una sciocchezza, una delle tante. che fa il paio con quella che dice Davide Casaleggio, una sciocchezza che però è il cuore di questa storia. Dice il Principe Ereditario: “Se l’hacker non ha avuto cattive intenzioni siamo disponibili a rimettere la querela”. Ma non è vero, perché pur conoscendo bene le intenzioni di Evariste lo denunciano ugualmente.
Casaleggio e il suo staff oscurano il dialogo avuto con Evariste, lo studente che li stava aiutando, che segnalava i loro “disastri” informatici. Mentono all’opinione pubblica e lo additano. A dimostrarlo è questo scambio di mail. Ma la domanda vera è: anche agli inquirenti Casaleggio ha oscurato questo carteggio? Ecco cosa è successo davvero. Le mail tra lo studente e il vertice di Rousseau, che il Foglio ha potuto vedere, l’inganno perpetrato in via Morone 6 a Milano. “Grazie per l’aiuto che ci hai voluto dare con la tua segnalazione”, risponde lo Staff il primo agosto ad Evariste. Prima prova della bugia.
“Abbiamo effettuato alcune modifiche per evitare vulnerabilità sul parametro in oggetto, potresti dirci se ti risulta ancora l’anomalia?”. Casaleggio-Rousseau praticamente “assolda” Evariste e gli chiede una consulenza. Seconda bugia.
“Ci sono altre sezioni del sito che presentano a tuo giudizio problemi simili? Grazie ancora.” Terza bugia, che l’anomalia fosse l’unica e fosse stata risolta come invece si dice ai media e si scrive sul blog. Gli informatici di Casaleggio non sapevano nemmeno quali e quante fossero.
La risposta di Evariste è illuminante e fa intravedere le abilità tecniche di chi vorrebbe sostituire il Parlamento con la “sua” democrazia diretta. Lo studente segnala ai tecnici di Casaleggio che “il sito è pieno di errori”. “Ciao Evariste – rispondono dal quartier generale di Rousseau – grazie per la tua segnalazione, abbiamo tolto l’errore....”. E’ il 5 agosto 2017. Poi da Rousseau tutto tace e due giorni dopo Evariste finisce additato sul blog e denunciato.
Nella sua ricostruzione Casaleggio blinda completamente una parte di verità. Perché? Quando lo studente viene indagato la comunità degli informatici si ribella e lo difende, denunciando il comportamento scorretto e inspiegabile di Casaleggio. Che oggi risulta ancora più oscuro e incredibile alla luce dei documenti pubblicati. Luigi Gubello è il Dreyfus 2.0: usato, sacrificato e messo alla gogna per coprire altre responsabilità. Che ci sia un giudice a Milano che se ne renda conto sarebbe una buona notizia. Anche per la democrazia, diretta e non.