Trump e Conte fanno diventare carta straccia il contratto di governo
Più spese militari, sanzioni alla Russia, meno surplus commerciale e sì Tap. Storia del vero “successo” di Conte
Roma. L’incontro alla Casa Bianca ha mostrato che tra il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e il presidente Donald Trump c’è molta cordialità personale e piena sintonia politica. E non poteva essere altrimenti visto che, tra un “l’amico Donal” e un “my friend Giuseppi”, è emerso chiaramente che uno si è appiattito sulle posizioni dell’altro, smentendo ciò che è stato promesso in campagna elettorale. Conte ha indubbiamente incassato un successo diplomatico per il riconoscimento da parte degli Stati Uniti di un ruolo di leadership nella stabilizzazione della Libia. Ma su tutto il resto – spese militari, politiche commerciali, sanzioni alla Russia e Tap – il premier indicato dal M5s ha fatto indietro tutta.
Sulle spese militari, che il M5s ha promesso di tagliare, e sul ruolo nella Nato, che il M5s voleva mettere in discussione, la posizione si è ribaltata. The Donald è stato, al solito, diretto: “You got to pay”, ha detto ai partner dell’Alleanza atlantica. E Conte si è accodato, dicendo di “condividere” la posizione di Trump “perché giustamente esprime l’esigenza di riequilibrare” la spesa americana che è “molto sproporzionata”. E non solo la posizione di Trump è “ragionevole”, ma Conte si farà “latore” delle sue richieste presso gli altri paesi. Altro che diminuire, le spese militari aumenteranno e l’Italia non interromperà il programma di acquisto degli F-35, smentendo un’altra battaglia del M5s.
Un altro aspetto interessante del confronto tra i due statisti è stato quello sull’interscambio commerciale, su cui Trump si è soffermato più volte. “L’Italia ha un surplus di 31 miliardi di dollari con gli Stati Uniti, che significa che noi abbiamo un deficit commerciale di 31 miliardi”, ha detto. Negli ultimi anni l’export italiano in America è andato molto bene, ma questo è un gap che per il presidente americano va colmato: “Ne abbiamo discusso e lavoreremo su qualcosa”. E poi: “Non vedo l’ora di lavorare con il primo ministro per aprire nuove opportunità commerciali che ridurranno sostanzialmente il nostro deficit”. Questo implica che l’Italia – per accontentare Trump – o dovrà ridurre le esportazioni o dovrà aumentare le importazioni, in ogni caso qualcosa in contrasto con le idee mercantiliste e protezioniste che hanno portato i partiti di maggioranza (M5s e Lega) a scagliarsi contro accordi come il Ttip.
C’è poi il tema “sanzioni alla Russia”, un argomento molto caro alla Lega di Matteo Salvini. Conte, con il suo stile mezzo legalese e mezzo politichese, ha spiegato che “l’Italia è favorevole al dialogo con la Russia” per il suo “ruolo fondamentale nelle crisi geopolitiche”, ma di essere consapevole che “non è pensabile oggi rimuovere quelle sanzioni”. Questo pensiero molto articolato è stato sintetizzato da Trump in maniera più esplicita: “Sanctions on Russia will remain as is”. Le sanzioni alla Russia rimarranno così come sono, ha ribadito per due volte.
Scena simile sul Tap, il gasdotto che il M5s – con Alessandro Di Battista e la ministra per il Sud Barbara Lezzi – aveva garantito di bloccare in due settimane. Dopo due mesi di governo l’opera dannosa è diventata un’“opera strategica”: “C’è la piena consapevolezza del mio governo che è un’opera strategica per l’approvvigionamento energetico del nostro paese – ha detto Conte –. Ho rappresentato al presidente Trump che ci sono inquietudini delle comunità locali nel punto in cui approderà il gasdotto. Posso annunciare che una volta tornato in Italia avrò la premura di andare a incontrare il sindaco e le comunità locali per cercare una soluzione che sia contemperante delle loro preoccupazioni”. Traduzione di Trump: “Per il Tap voglio qualcosa di competitivo e spero che il primo ministro riuscirà a farlo e a completarlo”. In sintesi: più spese militari, meno surplus commerciale, mantenimento delle sanzioni alla Russia e Sì Tap. In attesa del responso del vertice di Conte con il sindaco di Melendugno, sono bastati pochi minuti tra Giuseppi e Donal per far diventare il “contratto di governo” carta straccia.