Reazionari, avanti

Massimo Adinolfi

La sinistra conservatrice di Galli della Loggia altro non è che la brutta copia del M5s

Reazionaria, non conservatrice. Galli della Loggia, sul Corriere della Sera, l’altro giorno si è tenuto prudente, ma avrebbe potuto fare un passo ancora più deciso, e suggerire alla sinistra di prendere, nel suo confuso muoversi in cerca di una diversa identità, una direzione schiettamente reazionaria.

 

E’ quello che suggeriva con molto più coraggio, dieci anni fa, Bruno Arpaia, che ci ha scritto pure un libro: “Per una sinistra reazionaria”. Anche lui si raccomandava di tenere insieme i due termini (reazionario, da solo, fa brutto) per mettere subito dopo alla berlina il mito moderno del progresso. Con l’aiuto di Serge Latouche e della sua decrescita, ovviamente, di Antoine Compagnon e dei suoi antimoderni, di Franco Cassano e del suo pensiero meridiano, spiegava come sinistra e destra, socialdemocratici e liberaldemocratici non fossero altro che varianti stanche e imbolsite di una medesima corrente, razionalista e illuminista, che tutto trascina con sé da un paio di secoli a questa parte, ma che, alla buonora!, sarebbe giunta finalmente al capolinea.

 

Galli della Loggia, lui, si accontenta di molto meno: tenere aperto qualche ufficio postale in più a prescindere dai costi, moderare l’uso dei cellulari, limitare il turismo nei centri storici, cose così. Grazie alle quali, però, si comincerebbe finalmente ad arginare il progresso e a “costruire un’identità politica alternativa al dominio distruttivo della modernità”. Com’è noto, infatti, la modernità è essenzialmente quella cosa che fa chiudere gli uffici postali, moltiplica i telefonini e gonfia in modo abnorme (e obiettivamente scomodo per i residenti) i flussi turistici. Il fatto che oltre a ciò abbia portato diritti e democrazia, istruzione di massa, consumi materiali e culturali e più alti tenori di vita non può controbilanciare, a quanto pare, l’obbrobrio degli smartphone in mano ai ragazzini o dei selfie dei giapponesi dinanzi all’Altare della Patria.

 

A proposito di Patria: proprio come Galli della Loggia accusa (non da ieri) la sinistra di non aver saputo minimamente coltivare il senso dell’appartenenza a una Nazione, lasciandolo alla destra, così Arpaia si doleva che alla destra sia stata regalata l’idea di comunità. Ma è un classico, ormai: tutti i disastri che ti combina la destra secondo questi critici vanno in realtà imputati alla sinistra, che ogni volta si fa soffiare qualcosa dalla destra, a cui si imputa se mai solo l’uso becero di quei temi così improvvidamente regalati, Che si tratti della Nazione o della comunità, della sicurezza o delle periferie, della buona educazione o, infine, della eroica difesa degli uffici postali, fa lo stesso.

 

Non vedete, del resto, come la stessa esistenza dei Cinque stelle viene spiegata in questi termini? Sono il frutto dei madornali errori della sinistra. Loro non fanno altro che prendersela con le élite, chiedere maggiore democrazia, maggiore giustizia sociale, e il reddito di cittadinanza: che cosa sono, queste, se non le bandiere che la sinistra ha lasciato cadere?

 

E così, curiosamente, si trova che la sinistra conservatrice di Galli della Loggia somiglia maledettamente ai Cinque stelle. Tra i quali circolano proprio e precisamente quegli umori che Galli della Loggia vorrebbe inoculare ai democratici. Non sono i grillini quelli che diffidano del progresso, della scienza, degli ogm, dei vaccini, della Tav e della Tap? Non sono loro che vogliono, più che gli uffici postali aperti, il riposo domenicale obbligatorio, loro che si sono stufati dell’europeismo e del cosmopolitismo, dell’espansione del commercio internazionale e della malvagia finanza? Che altro è la modernità che Galli della Loggia fieramente avversa, se non questo? Non c’è nessun bisogno di chiedere al Pd una conversione illiberale e antimoderna: l’Italia la sta già compiendo.

 

Il fatto poi che Karl Marx, che pure a sinistra ha goduto di qualche considerazione, trovasse tutta questa roba frutto del più gretto spirito piccolo-borghese non vuol dire nulla: Marx credeva ancora al progresso, si figurava ancora che il socialismo fosse più avanti del capitalismo, mentre ormai “progressista è una parola che è difficile ormai pronunciare senza arrossire, per la totale vacuità del significato che ha assunto. L’idea di progresso è stata ridicolizzata dalla storia”, come Calasso scriveva la bellezza di ventiquattro anni fa (1994: incipit Berlusconi). Perciò, basta: uffici postali aperti, possibilmente treni in orario e, in un prossimo futuro, parlamenti chiusi. Così è, se vi pare.

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