Il Pd nella corrente
Diario estivo dei democratici, con 50 sfumature di sottocorrenti per anestetizzare il prossimo congresso
Roma. Il Pd è in una enorme, gigantografica, profonda, perdurante, fase proporzionale. E’ tutto un fiorire di correnti, sottocorrenti, persino dei renziani ormai esistono cinquanta sfumature, perché ci sono quelli favorevoli al partito macronista – a rischio micron – quelli che fuori dal Pd non c’è salvezza, e pure nelle regioni c’è modo e modo di dirsi sostenitori dell’ex segretario e di essere dunque diversamente o integralmente renziani. E siccome ci sono i congressi, regionali e, prima o poi, anche quello nazionale, è tutto un abbondare di candidature, vere, verosimili, presunte, in attesa, in fase di conferma, neanche fossero spedizioni in partenza da Amazon. Venuta giù la diga renziana, chiunque si sente autorizzato ad avanzare sogni e ambizioni, a pesarsi, è l’apoteosi dello strapuntino proporzionale.
C’è Nicola Zingaretti già in campo – per la verità lo è da una decina d’anni – c’è Marco Minniti, tentato da Renzi, Lorenzo Guerini e Andrea Romano (ma l’ex ministro dell’Interno sta ancora cercando di capire dov’è la fregatura), c’è Marco Bentivogli, e anche se lui smentisce un po’ di renziani continuano a sperarci (a luglio ha partecipato all’assemblea nazionale di LibertàEguale a Orvieto), c’è Graziano Delrio che ufficialmente nega, c’è Debora Serracchiani che, forte dei suoi brillanti risultati in Friuli Venezia-Giulia, da mesi s’è già detta disponibile; figurarsi, Serracchiani non è mai soddisfatta del posto che occupa; da parlamentare europea si candidò alla guida della regione, da governatrice uscente si è candidata al parlamento, dal Parlamento ora si potrebbe pure candidare alla guida del Pd. Porte girevoli, istituzionali e politiche. C’è poi Matteo Richetti, che avrebbe voluto subito il congresso e per questo è partito in largo anticipo, ma il rischio è che faccia la fine della sua proposta sui vitalizi: lanciata in anticipo sul futuro spirito dei tempi nella scorsa legislatura, alla fine è stata realizzata dagli (a proposito dell’importanza del momento giusto in politica). C’è in campo, naturalmente, anche Maurizio Martina, attuale segretario del Pd, che ha appena lanciato “Si fa”, “la rete delle buone pratiche del Pd” che però potrebbe essere scambiato per un invito lisergico a farsi per dimenticare: “Un contributo volontario e quotidiano per migliorare la vita di quartiere e di territorio unendo le forze, organizzandole e aprendoci a un impegno concreto dai nostri circoli. Il cambiamento della società in meglio si realizza col contributo di tutti, ciascuno secondo le proprie possibilità. La cura della persona e la cura del territorio sono le grandi aree del nostro impegno, coerenti con i valori di solidarietà, giustizia sociale ed eguaglianza che animano l’impegno politico dei democratici dentro e fuori le istituzioni”. Sicché, alla fine, in tutto questo turbinare di candidature, si conferma vero il teorema di Antonio Funiciello, vergato anni fa su Europa, dove spiegò la differenza fra correnti e filiere: “Le correnti servono. Sono indispensabili. E non c’è niente di male se costruiscono protezione tra i correntisti, purché questi siano legati da un vissuto culturale comune. Le correnti costituiscono naturalmente un sistema di convenienze reciproche fondato su convinzioni condivise. Le filiere, viceversa, costruiscono un sistema di convinzioni fondato su convenienze”.
E se le correnti quantomeno esprimono un pensiero e un sostrato politico-ideologico, le filiere servono solo a collezionare tessere per congressi. Peraltro, l’effetto della moltiplicazione delle correnti e dei pesci (i candidati, va da sé) potrebbe depotenziare il voto nei gazebo. Regolamento del Pd alla mano, infatti, se il candidato segretario non raggiunge la maggioranza nei gazebo si procede a spareggio nei primi due in assemblea. Il segretario dunque sarebbe eletto non direttamente dagli iscritti ma dai delegati. Nell’epoca del “direttismo” stravagante c’è chi si potrebbe sbizzarrire non poco contro il segretario “non eletto dal popolo”.