Barbari e governo
Perché la percezione che vi sia in Italia una deriva xenofoba fa di Salvini un pericoloso irresponsabile
Ci arrivano dai giornali notizie allarmanti di aggressioni che, in assenza di statistiche più certe, non sapremmo con certezza se definire effettivamente razziste né se considerare effettivamente in aumento. Quanto poi a stabilire se sia nato prima l’uovo o la gallina, ovvero il malessere sociale oppure chi lo cavalca, ci pare questione epistemologica degna di un dibattito postumo tra Marx e Weber più che un interrogativo davvero rilevante in questo frangente. Da cittadini preoccupati per la tenuta dell’ordine sociale ci bastano anche soltanto i “segnali deboli” della deriva inquietante a cui assistiamo. E alle certezze del metodo induttivo (che domani potrà confermare, probabilmente troppo tardi, che di fatto una simile deriva era in corso) preferiamo il coraggio della deduzione: le parole di un ministro dell’Interno sono atti politici, ergo hanno un effetto. Singoli atti di violenza diventano politici, indipendentemente dal loro movente materiale, nel momento in cui viene fissato un quadro interpretativo capace di collegarli tra loro. Anche soltanto essere riuscito a creare la percezione che vi sia, in Italia, una deriva xenofoba fa di Matteo Salvini un pericoloso irresponsabile: perché condannano una minoranza della popolazione a vivere nella paura e un’altra a godere di un sentimento di impunità.
La popolarità di Salvini sembra tradurre un disperato bisogno di “sincerità”, chiamiamola così: non importa che la dottrina Minniti abbia fatto diminuire gli sbarchi delegando il monopolio della violenza ai libici, importa (di tutta evidenza) che qualcuno lo faccia prendendosi pubblicamente la responsabilità di quella violenza. Il problema è che la sincerità dei governanti su certi arcana domini non è compatibile con la coesistenza pacifica dei governati. Dal momento che il potere esibisce la sua violenza, questa poi inizia a scorrere come un veleno nell’intero corpo sociale. A noi intanto basterebbe, se possibile, evitare di essere trascinati in un clima da guerretta civile.
In un certo senso la Lega ha svolto, per anni, una funzione catartica: filtrando il sentimento xenofobo e restituendolo in forma simbolica; proprio come ha fatto il Movimento Cinque Stelle con il risentimento nei confronti della classe politica. Con i suoi eccessi da commedia dell’arte, fucili spianati e cazzi duri, lo spettacolo politico ha dunque neutralizzato, anestetizzato, assorbito le passioni tristi. In un certo senso, e fino a un certo punto: finché non è arrivato il conto. Tutto in una volta.
Un problema banalizzato per anni
Era bello credere che tutta questa violenza verbale non avrebbe avuto nessun effetto. Anzi: che ci avrebbe purificati. Era questa, forse, la scommessa aristotelica della borghesia italiana, che periodicamente si convince di saper manipolare questo o quell’altro pagliaccio — per poi scoprire, sempre troppo tardi, che è il pagliaccio a manipolare lei. Ma in un altro senso, il discorso della Lega ha semplicemente prodotto assuefazione: e quando la morfina non basta più, bisogna uscire in strada a cercarla. La violenza rappresentata (nelle opere d’arte o nei discorsi politici) sfoga le passioni tristi nel breve termine, ma sul lungo termine influenza la realtà, modifica il linguaggio, alza l’asticella della sopportazione. Ecco una cosa che Aristotele non aveva previsto. Non c’è catarsi che non lasci il suo residuo mimetico, come la bava di una lumaca. E’ vero dunque che la Lega ha svolto per anni una fondamentale funzione purificatrice, sfogando la xenofobia degli italiani; ma ha accumulato nel frattempo un terribile debito mimetico. L’assuefazione ha reso necessario un ricorso crescente alla catarsi per contenere il mimetismo, in un circolo vizioso dal quale oggi non sappiamo più come uscire. Ogni giorno si contano le vittime varie e collaterali di un discorso che in un decennio è stato banalizzato nelle aziende, nei bar, sui mezzi pubblici. Il processo catartico funziona, è vero, ma a lungo termine produce un’inflazione simbolica: al tasso di cambio attuale, col prezzo di una ruspa ti paghi quattro africani sparati a Macerata, nel silenzio assordante dei media. Proprio lì, proprio allora, il Partito democratico ha perso l’occasione di prendere una posizione forte che gli avrebbe permesso di risultare oggi un pochettino più credibile sulla questione. Ma non è mai troppo tardi per reagire all’imbarbarimento.