Giorgetti & Associati contro il Parlamento? Mah
Il vice di Salvini propone delle riforme sensate ma usa il mantra grillino della fine della democrazia rappresentativa. Forse nemmeno lui sa il perché
Giancarlo Giorgetti, durante un intervento al Meeting di Rimini, ha usato espressioni molto provocatorie per denunciare lo scollamento delle istituzioni dal sentimento popolare, arrivando a pronunciare una specie di spicciativo de profundis per la “democrazia rappresentativa”. Rispondendo poi alle domande, ha specificato obiettivi di riforma niente affatto eversivi: elezione diretta del presidente della Repubblica, riduzione del numero dei parlamentari, abolizione del bicameralismo ripetitivo. Alcune di queste riforme, per la verità, sono state proposte in varie fasi da molti leader politici, a cominciare da Bettino Craxi, che Giorgetti, in un’intervista a Tempi cita, insieme a Umberto Bossi e Luigi Sturzo, tra i suoi ispiratori. Le riforme evocate (tra le quali alcune di quelle che sono state battute nel recente referendum anche col contributo della Lega) non sono eversive della democrazia rappresentativa, che convive, per esempio in Francia e in America, con l’elezione diretta di un presidente che ha anche più o meno accentuate funzioni di governo.
Quello che non è chiaro è perché Giorgetti, che non risulta tra gli associati della Casaleggio, per sottolineare l’urgenza di riforme istituzionali semplificatrici, debba utilizzare il linguaggio distruttivo dei grillini. Una riforma di sistema, per usare la sfortunata formula craxiana, la grande riforma è un’esigenza reale, ma proprio per questo deve essere impostata sulla base della ricerca del più ampio consenso, sia popolare che nelle rappresentanze politiche. I vari tentativi di promuovere riforme di questo livello partendo da una sola parte sono poi falliti, anche quelli che avevano superato il pur complesso iter parlamentare. Tutte queste cose Giorgetti le sa meglio di chiunque, proprio alla sua capacità di interloquire anche su materie spinose con tutti deve la considerazione che si è conquistato in anni di lavoro parlamentare. Perché allora mentre propone di rafforzare e modernizzare la democrazia deve piegarsi al mantra grillino del fallimento irreparabile della democrazia rappresentativa? Non sappiamo rispondere, e forse se ci pensa bene, non lo sa neanche lui.