Non basta dare i numeri giusti sugli immigrati per fermare la paura
Secondo Marzio Barbagli, professore emerito di Sociologia all’Università di Bologna, “trincerarsi dietro le analisi sulla cosiddetta percezione rischia di fungere da alibi per sottovalutare bisogni ed esigenze reali”
Roma. Per la sinistra italiana gli immigrati sono il nuovo proletariato? A sentire Marzio Barbagli, la risposta è sì. “Non dico che i progressisti ricerchino il voto degli immigrati, ma sono portati a difendere le ragioni delle fasce più deboli”, dice al Foglio il professore emerito di Sociologia all’Università di Bologna, già direttore dell’Istituto Cattaneo. “Lo dico da elettore del Pd: rispondere alle paure delle persone sciorinando i numeri relativi al calo degli sbarchi è un errore fatale. Quelle paure non sono frutto di nevrosi o disturbi irrazionali. Gli italiani non sono preoccupati dal rischio islamizzazione, che in effetti non esiste, ma dal rapporto tra immigrazione e criminalità, avvalorato dai numeri”.
Marzio Barbagli (foto imagoeconomica)
Elaborando i dati del ministero dell’Interno, il professore ha scoperto che per certe categorie di reato esiste un “primato straniero”, e ammetterlo non è da razzisti. Considerando il totale dei denunciati nel 2015, gli stranieri rappresentano il 65 per cento per i borseggi, il 58 per cento per furti negli esercizi commerciali, il 54 per furti in appartamento, circa uno su due per le rapine in abitazione e in pubblica via.
“I cittadini non consultano le statistiche ma s’informano attraverso l’esperienza di conoscenti e familiari, notano la frequenza di certi episodi criminosi e sviluppano un senso fondato di insicurezza”. Gli immigrati sono il 7 per cento della popolazione ma, secondo una ricerca dell’Istituto Cattaneo, gli italiani credono che siano circa il quadruplo. “Trincerarsi dietro le analisi sulla cosiddetta percezione rischia di fungere da alibi per sottovalutare bisogni ed esigenze reali”. Per paradosso, il partito dell’ex ministro dell’Interno che ha ridotto gli sbarchi di quasi l’80 per cento non ha saputo farsi interprete della domanda di protezione. “E’ accaduto così. Matteo Renzi non si è mai soffermato sui reati commessi dai migranti, si limitava ad addossare la colpa all’Europa. Il presidente del Pd, Matteo Orfini, ha additato la politica di Marco Minniti come uno dei motivi della vittoria leghista. L’insensibilità sul tema della sicurezza è un problema atavico della sinistra”.
L’ideologia che prevale sul senso comune? “Renzi ha una formazione cattolica che lo induce a essere molto generoso verso i migranti. Il gruppo dirigente ha sempre considerato la sicurezza un cavallo di battaglia della destra. Per la base e per l’elettorato Pd, invece, le paure sono anche il frutto delle ingiustizie che gli italiani sperimentano, per esempio, al pronto soccorso di fronte a code interminabili attribuite, principalmente, all’aumento degli immigrati”.
Dal 2013 sono arrivati in Italia 700 mila migranti, attualmente si contano 135 mila ricorsi pendenti per le domande d’asilo. Al netto dei flussi secondari verso il nord Europa, chi resta irregolarmente sul territorio nazionale viene assorbito nell’economia illegale e nella criminalità. “In alcune grandi città la quota di stranieri denunciati per le categorie di reato già citate sfiora il 90 per cento. Matteo Salvini cavalca le paure per trarre vantaggio da una situazione che gli italiani reputano insopportabile. La destra offre soluzioni sbagliate a problemi concreti”.
Gli episodi di violenze sessuali perpetrate dagli stranieri sono all’ordine del giorno: è manipolazione mediatica o una questione reale? “Talvolta i giornali amplificano certe notizie, la maggior parte delle violenze si consuma tra le pareti domestiche e di rado è oggetto di un esposto. Ciò detto, il 62 per cento dei denunciati è costituito da stranieri, un dato su cui pure la politica dovrebbe riflettere”. In base alle statistiche ufficiali, i cosiddetti femminicidi sono in calo in un contesto in cui gli omicidi hanno raggiunto il tasso più basso degli ultimi cinque secoli. Tuttavia coloro che alimentano l’allarme attorno a questi reati non sono etichettati come “impresari della paura”. “E’ vero, c’è la difesa ideologica di alcuni gruppi di donne che conducono una campagna giusta contro la violenza. Non esiste un’emergenza femminicidio che pure resta un fenomeno grave in sé, come ogni assassinio”.