I guardiani del vincolo esterno
Tria e Moavero polverizzano le sparate di Salvini e Di Maio per servirle all’Unione europea
Roma. Probabilmente nemmeno loro, i protagonisti di questa commedia o dramma politico, in realtà hanno ancora ben capito chi sarà, alla fine, a mettere nel sacco gli altri, in un gioco di specchi e d’inganni, urletti e sussurri, in cui i vincoli della realtà collidono con quelli della politica e delle promesse elettorali sigillate dal contratto di governo. E allora sarà vittorioso il cauto buon senso del ministro dell’Economia Giovanni Tria, che va in Cina a spiegare che mai e poi mai sarà sforato il 3 per cento del rapporto deficit/pil, o s’imporrà invece la baldanza spensierata dei proconsoli Salvini e Di Maio? Reggerà la muta tessitura diplomatica del ministro degli Esteri, Enzo Moavero Milanesi, che a ogni insulto dei vicepremier e a ogni loro minaccia rivolta verso Parigi e Berlino alza con discrezione il telefono – antica arte – per lenire, minimizzare, troncare e sopire?
La manovra finanziaria di ottobre si avvicina a lunghi passi impigliati lungo la strada dell’incognito, lo spread tra le sparate himalayane dei due capo impresari e le ragionevoli sordine dei due ministri competenti aumenta sempre di più, e se per qualche mese era lecito ipotizzare che il divario si sarebbe assottigliato nel tempo, lasciando intravedere a distanza dalla campagna elettorale un fondo di raziocinio sotto il velo torbido della propaganda grilloleghista, ecco che invece adesso i meglio informati immaginano una Finanziaria che sarà il prologo della lunga campagna per le elezioni europee del 2019: una legge di Bilancio nella quale nessuna delle iperboliche e irrealizzabili promesse sulle tasse e sul reddito di cittadinanza vedrà la luce, un rovesciamento del contratto di governo che Di Maio e Salvini imputeranno per intero agli intrighi dell’Europa e ai complotti dei soliti evanescenti poteri finanziari, in una cavalcata ormai senza briglia verso il successivo salto nei cerchi di fuoco contro l’Unione europea, le sue istituzioni e i suoi fragili equilibri. E insomma, alla fine di questo pandemonio, non si saprà più bene se sarà stata la padronanza della tecnica a sopraffare la ribalderia o se al contrario, nell’affermazione del principio di realtà e del sapere tecnico non si nasconda comunque la coda velenosa di una mascalzonata ancora peggiore.