Giovanni Tria (foto LaPresse)

Dietro alla spavalderia tra i grillini c'è una fifa blu per il rating sul debito

Valerio Valentini

I mercati e Fitch. Panico e terrore. Il tentativo impossibile del M5s di dare una sponda al ministro Tria

Roma. A volerla risolvere in termini psichiatrici, la si dovrebbe forse considerare come una bizzarra forma di dissociazione: quella, cioè, di chi sa bene che lo schianto contro il muro s’approssima, ma non riesce comunque ad alzare il piede dall’acceleratore. Ed è così che viene vissuta, nel quartier generale grillino, la lunga vigilia che porta al giudizio di Fitch sul rating italiano, con un misto di spacconeria – più esibita che reale – e di paura. Per cui da un lato si dice che sì, sforare il tetto del 3 per cento si può e forse si deve, “Tria o non Tria”, e dall’altro però, di fronte alle domande più leggere dei cronisti, si sbuffa di nervosismo: “Ma avete idea di cosa sta per succedere oggi?”.

 

La domanda, gettata lì quasi con insofferenza, denuncia la tensione che regna nel circolo dei fedelissimi di Luigi Di Maio, dove forse con troppo ritardo ci si è accorti che i mercati, piaccia o meno, esistono. “Qui non è questione di tassi e di vincoli, qua il problema è la sostenibilità del debito”, confessa, deponendo qualsiasi infingimento, uno dei consiglieri economici del vicepremier. Il risveglio, evidentemente, è avvenuto nel primo pomeriggio di giovedì: quando, cioè, il rendimento dei Btp decennali s’è impennato fino al 3,25 per cento. Ne sono seguiti post e dichiarazioni imbarazzati e imbarazzanti – su tutti quello del sottosegretario Stefano Buffagni – di giubilo dissimulato: una soddisfazione, per “un’asta dei titoli di stato andata sold out”, esibita con l’aria apparentemente scellerata di chi non ha in mano nulla, ma punta forte lo stesso per ostentare sicurezza. Nelle analisi del giorno dopo, però, il realismo s’impone doveroso. “Tutto è nato – riflettono tra loro i parlamentari grillini più impegnati sui dossier finanziari – dopo le fibrillazioni argentine e turche. Per fortuna, però, la tempesta è partita dopo che la nostra emissione era già stata piazzata: altrimenti avremmo dovuto pagare ancora di più”. Tra le tabelle prese in esame, ci sono anche quelle dei Btp venduti in dollari: “Quelli riusciamo a piazzarli meglio, segno che in quel caso gli investitori non percepiscono il rischio sulla moneta”. Ma non c’è solo la riflessione retrospettiva su quanto accaduto; nei ragionamenti che si sviluppano, convulsi, ai piani alti del Movimento, c’è anche il tentativo di capire quel che sarà. La serata si preannuncia tribolata, in attesa di scoprire la sentenza di Fitch sul nostro debito.

 

A chi prospetta, come scenario plausibile, un semplice outlook negativo da parte dell’agenzia, i grillini replicano con sospiri angosciati: “Ci metteremmo una firma”, ammettono. “Qui siamo molto più spaventati”, sibila qualcuno, non nascondendo un certo scetticismo sulla strategia adottata dal capo grillino in queste ultime settimane. L’appuntamento col giudizio dei mercati, presto o tardi, si sapeva che sarebbe arrivato: e allora perché continuare fino all’ultimo a profondersi in annunci scriteriati? La politica, certo, ha le sue esigenze, la campagna elettorale permanente rende sconsigliabile la cautela, di per sé poco attrattiva, e la necessità di rincorrere un alleato di governo sempre pronto al rilancio su tutto fa il resto. “Ma magari, a fronte di qualche punto in meno nei sondaggi, oggi non staremmo qui a tremare”, si lascia andare un senatore tra i più esperti.

 

Contromosse, in caso di declassamento? “Eh”, si stringono nelle spalle i grillini più preoccupati. “Si farà di necessità virtù”. In mattinata, prende consistenza anche la proposta avanzata, tra gli altri, da Renato Brunetta proprio sul Foglio: anticipare le note di aggiornamento al Def, così da tranquillizzare i mercati. I tecnici di Via XX Settembre la prendono in considerazione; da parte di Giovanni Tria ci sarebbe il via libera, anche per difendere il documento dagli assalti dell’ultim’ora del vicepremier di turno. “Ma serve la volontà politica”, osservano i grillini più pragmatici. E quella, al momento, non c’è. Anche perché anticipare i dati significherebbe anteporre il senso di realtà alle convenienze politiche, rivelando cioè che tante delle promesse elettorali nel Def sono “solo abbozzate”. Ed è così che alla fine le discussioni sul tetto del 3 per cento vengono liquidate dai grillini, bontà loro, come pretestuose, ché non è quello il punto. Spiegano i vertici grillini: “L’Ue ci può concedere anche il 5 per cento. Ma al di là del fatto che non ci basterebbe comunque per coprire tutto il programma, il problema è in ogni caso che poi i mercati ci uccidono”. Roba che nemmeno lo Schäuble più cinico. E insomma nella travagliata attesa del verdetto di Fitch, finisce che perfino i grillini più arrembanti si ricredano su Tria. Un mese fa dicevano che “lui pare a volte avere il malcelato desiderio di diventare il ministro del disastro”, ora riconoscono che “ha ragione nel dire che il vincolo vero sono i mercati”. Come a dimostrare di avere compreso, chissà, che in fondo quando si parla di conti e di finanza, un bagno di realtà è meglio di un bagno di sangue.

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