Salvare il popolo dalla fake politica
Allargare, connettere, smembrare. Tre idee europee per il fronte anti 4 marzo
Twitter insegna a scrivere e a pensare. Mentre il Truce prepara la guerra con la Francia, nell’occasione sulla Libia, un twittomane lancia per le europee “tre partiti sul comò”. Invece di stare tanto a analizzare le ragioni della sconfitta e quelle del territorio, spaccando Torrespaccata in quattro, facciamo così: una lista liberale, possibilmente energicamente europeista; una lista a vocazione maggioritaria, almeno la vocazione, del Pd; una lista di corbinistas, possibilmente senza antisemiti e maduristi. Non è l’uovo di Colombo? Poi, se c’è un bollino comune a significare che ciascuna di queste tre liste rigetta le mene del Truce e di Giggino, meglio, ma non c’è da sperarci. Però la moltiplicazione dell’offerta politica, in regime proporzionale, potrebbe avere i suoi vantaggi. A Rocca di Papa c’è un leader naturale, un cinquantenne di beneducata formazione estremista, che ha usato per una volta la lingua di fuoco, compiangendo in piazza con eloquenza gli eritrei della Diciotti: fuga, navigazione, naufragio, restrizione a bordo, trasferimento da Catania alle porte di Roma, e alla fine ’sta rottura di coglioni dei fascisti che gli manifestano contro. Sapido, breve, essenziale, un successo sicuro sulla scia di Ferragnez. Io uno così lo vorrei in ciascuna delle liste.
Scherzo, ma non tanto. Il tema Zingaretti o Martina, lo sapete, non mi appassiona, il Congresso del Pd e le primarie, tutta roba che nasce morta, mi pare. Hanno Delrio, che è di Reggio Emilia, non so se mi spiego, e ha nove figli: non basta? Calenda è un fulmine di guerra, ma deve mettere insieme l’Italia del ceto medio produttivo, imprenditori e lavoratori, che rifiuta il declino programmato e l’isolamento in Europa, e se ci fosse con lui Bentivogli, in lotta per evitare il disastro industriale, meglio, molto meglio: si mettano subito d’accordo. All’estrema sinistra la pianteranno di battersi contro Renzi, che non c’è, e se ci dovesse essere starebbe con loro contro i gialloverdi, e decidano un po’ del loro destino: un sottogruppo del governo del cambiamento oppure un’opposizione antagonista seria e pura e dura. Non ci vuole poi molto, a proporzionale vigente, per fornire una geografia politica dell’opposizione che assomigli a qualcosa di credibile, diverso, e sappia indirizzarsi a tutti coloro che non si sono bevuti il cervello e non vogliono aprire le porte, peraltro già ampiamente sfondate, ai nazionalsocialisti oggi al potere. La faccio facile, lo so, ma perché farla difficile, quando è già così ingarbugliata, quando il popolo è fakedipendente, eppure va lentamente accorgendosi del fatto che qualcosa non quadra, almeno con i mutui, le infrastrutture, il lavoro, il reddito, le tasse e i conti pubblici nel mercato mondiale dei capitali?
Non credo nei fronti, che qui hanno già battuto la testa contro il muro, sebbene all’epoca gli avversari fossero Pio XII e De Gasperi, roba forte a confronto del Truce e della Casaleggio. Bisogna allargare, connettere, articolare, smembrare, senza inquinare le identità irreconciliabili e chiedere immedesimazioni oggi impossibili. L’importante è che non facciano un pieno troppo pieno di voti. Le europee sono elezioni particolari, in genere va forte chi ha vinto prima le politiche (o chi caccia 80 euro). Bè, stavolta non sarebbe male invertire la tendenza. Non mi pare che questi siano in grado di replicare abbondanze o simulacri di abbondanze, li vedo robusti a chiacchiere e spersi nei fatti. E per invertire la tendenza: un partito dei mercati e della ragionevolezza, uno dei cittadini che non vogliono fasi impoverire dai mercati finanziari e svendere la Costituzione e la scienza ai pressappochisti, uno dei sognatori e lavoratori in lotta per un altro mondo possibile. Tutti cementati dall’idea che il più impossibile dei mondi è quello a cui siamo arrivati qui, in Italia, il 4 marzo.